Oggi è il mio ultimo giorno di lavoro. Tranquilli, non mi hanno (ancora) licenziato, è che alle 17.00 sarò ufficialmente in ferie per tutta la prossima settimana. Nessun dubbio su come impiegare questi giorni, che ho aspettato come un assetato nel deserto (aspetta) la sua cascatella, come uno squalo la sua preda sanguinolenta, come un formichiere la sua formica (magari più di una, almeno 1000), come un ingolfato il suo cesso (o anche quello di un altro, l’importante, in certe drammatiche circostanze, è scaricare, e ne so qualcosa io che 2 anni fa (magari prima o poi ve la racconterò questa cosa) la stavo per fare sulle rotaie del binario 5 della stazione Termini), insomma ardentemente. Andrò a Firenze a trovare i miei amici. E non sarà soltanto una gita perché io ho bisogno di una scossa forte, anche elettrica. Sto dormendo da troppo; è un torpore innaturale che fa da sfondo alle mie giornate frenetiche, velocissime e vane, perché immobili. E questo non è cosa buona e giusta, perché la percezione del tempo come di un treno inarrestabile pesa e aggrava la mia immobilità, che non è affatto fisica, ma uno stato dell’anima e della vita che non riesco a spostare di un passo. E allora mi sposto io, ora che posso, in cerca di risposte e di quella spinta che solo loro sanno darmi, che assomiglia (ed è) a un’energia miracolosa. Io ora sono davvero scarico e farò uso delle ultime gocce di benzina per arrivare là dove so che è bello restare, non soltanto perché è una città speciale, o meglio proprio per questo. E lo sarà di più quando saremo in 3. Parto martedì e torno sabato sera, o magari non torno, chissà (sarebbe bello). C’è il rischio che vi lascerò un po’ soli questa settimana, spero che mi perdonerete. Porto con me un blocchetto dove appunterò tutto per non permettere alla mia testa marcia di rimuovere, e qualcosa finirà anche nella Stanza. L’importante è che voi capiate che non vedo l’ora di salire su quel treno e scendere, poi. Lasciarmi L’Aquila alle spalle sperando che tutte le mie preoccupazioni restino ancorate a questa gabbia di città, mentre io, per un po’, volerò a cavallo delle nuvole. Aspetto la conferma della prenotazione dall’ostello non troppo costoso che ho contattato, e non ho pensieri negativi. È strano per essere a mezzora dalle 5 ore di oggi al Mc, ma non è strano per niente perché loro sono le persone più importanti della mia vita e in questi mesi mi sono mancate da morire. Tutti dovrebbero avere accanto persone così, io ce l’ho e me ne vanto, perché credo di essermele meritate. Non come dice qualcuno: “Dovresti fare l’attore, oltre allo scrittore e alle tante cose che fai” e non era un complimento il suo. Come suoni confusi nel frastuono di autobus, metropolitane, macchine e aerei, quelle parole sgocciolano via inutili, come la sua esistenza che già non ricordo più (evviva la mia memoria cacca).
Per salutarci c’è ancora tempo. Io rido da solo. Buon sabato, Stanza!
Felice aggiornamento lampo prima di andare al lavoro: l’ostello mi risponde via e-mail che non c’è posto per giovedì e venerdì, lo chiamo. Mi risponde una signorina e mi ripete che non c’è posto, io la convinco che il posto c’è e lei mi dice che il posto c’è. Ho prenotato (spero di non finire a dormire su un cartone umido nel seminterrato).
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