Andato bene il weekend?
Io l’ho condiviso con un’ondata barbarica di adolescenti dall’ormone instabile, i neuroni in guerra e l’educazione non pervenuta che, come uno tsunami, si è abbattuta sul Mc Donald’s dell’Aquila, fenomeno (sopran)naturale tipico di ogni stramaledetto sabato sera. E questo lo sapevamo. Non è un caso che decida di trascorrere i 3 giorni precedenti alla catastrofe annunciata in uno stanzino, in alienazione forzata, a meditare e recitare preghiere in versi incomprensibili per raggiungere l’incorruttibile stato di pace dei sensi e l’energia suprema per affrontare i mostri senza soccombere. Di solito ce la faccio, il problema viene dopo. Il mio corpo cede ogni goccia di forza al mondo, si priva di vita che sacrifica per combattere i piccoli delinquenti rambo e non gli resta niente. Tutto ciò che desidera nel post-sabato sera di lavoro da Mc Donald’s è una forma qualsiasi di giaciglio su cui abbandonarsi e morire in pace. Una gigantesca mangiatoia fasciata di fieno puzzoso va più che bene. Questo è il motivo che mi ha spinto a mettermi in macchina senza badare al vetro ghiacciato dei – 4 delle 11 di sera. Si scioglierà con l’aria, penso mentre giro la chiave, do un paio di pigiate sull’acceleratore per svegliare il motore ibernato, ingrano la prima e avanzo con non troppa cautela. Mi immetto sulla statale. Accelero in virtù della visione onirica della calda e comoda (?) mangiatoia della casa dolce casa, con gli occhi concentrati al millimetro di strada che distinguo attraverso il microscopico squarcio del ghiaccio che, sul parabrezza pian pianino (molto pianino), si allarga. Evidentemente quel microscopico squarcio non ha permesso l’accesso alla volante della Polizia che stavo per travolgere a 80 all’ora assieme all’ominide palettato che tentava di fermarmi. Non vedo niente, inchiodo ai suoi piedi. Da questo momento prende il via uno dei dialoghi più deliranti che ricordi nella mia giovanissima esistenza (< 30 (ancora per poco) dovrebbe essere definita giovanissima per legge). Quei dialoghi di cui ti vergogni a distanza di secondi, giorni, settimane e anni. Mi vergogno sì, per loro!
– Da dove viene?
– … (I tre puntini significano silenzio di morte di ogni senso, voglia, volontà, reattività di fronte a certe domande. Persino il fiato (non sempre dall’ottimo aroma di menta e gelsomino) si rifiuta. Scusa eh, ma alle 11 di sera su una strada aquilana, con questa faccia da cadavere-mostro da dove dovrei venire, dall’Arkansas?)
– La guagliona dove l’ha lasciata?
– … (Come sopra, ma ancora più sfiancato.) Sono appena uscito dal lavoro. (Traduzione: sono stanco morto e voglio crollare nella mia grande mangiatoia imbottita. Non mi frantumare le balle e lasciami andare, su!)
– Con la macchina tutta appannata… Ha bevuto?
– … (Appannata?! Avrai bevuto tu brutto idiota! Il vetro è congelato, non appannato. Anzi, accendo l’aria che, se si accorge, mi ritira la patente questo qui.) No, ho lavorato!
– Che lavoro fa, mi scusi?
– Lavoro al Mc Donald’s.
– E neanche un micsceìcch ha bevuto al Mecchedonàls?
– … (L’ha detto proprio così. Ecco, in questo preciso momento, il silenzio assume un significato diverso dai precedenti, più poetico, chiaro e deciso. Vuol dire MAVAFFANGUL!) Al quale silenzio lui si sente di aggiungere – La faccia controllare ‘sta macchina, è proprio strano che si appanna dentro da spenta.
– Certo! Arrivederci!
Intanto milioni di goccioline d’acqua percorrono il parabrezza ormai liberato dal ghiaccio, ma il poliziotto dal sovrumano acume, non capisce comunque.
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