[Piccola premessa dall’ingrato compito di indorare la pillola, anche detta Punto 0.]
Vi ho portato delle pastarelle dolci, ne volete? Potete prenderne anche 2 o 3 a testa, ne ho comprate 500. Dai miei calcoli dovrebbero avanzarne 480, ma non si sa mai che questo post schizzi nelle visite e allora non potevo fare brutta figura coi nuovi lettori appassionati alle mie disavventure che non scriverò. Insomma, quello che sto cercando di dire è che il reportage narrativo del mio trotterellare europeo, pensato e – quel che è peggio – promesso, e le promesse vanno mantenute, sempre (sempre, quasi fino a diventare niente) di un numero variabile di post fra i 35 e i 250 si conclude a 2, cioè a questo. Ancora non atterriamo ad Amsterdam e il mio diario di bordo deborda e finisce così. Ecco, così è se vi pare (anche se non vi pare, pare a me). Non che non abbia voglia di raccontare 15 giorni di vacanza in ogni microscopico dettaglio (masiamopazzi?!). Ma ragazzi, siamo all’8 settembre! La vita ha ripreso il suo inarrestabile incedere e la testa deve mettersi subito in sintonia con i nuovi impegni (nuovi? Ma che stai a di’?!), progetti (ah, ti riferisci alle solite menate?), scritture (ma come fai a scrivere un romanzo all’anno?), insomma quello che c’è sempre stato e che, prima che il sole tramonti sul mio trentunehmehmsimo compleanno, si realizzerà! Se lo dice Malefica: “…ella si pungerà il dito con il fuso di un arcolaio e morrà!” proverei almeno a crederci.
Metto alla prova il mio talento genetico per la sintesi e trasformo i 250 post previsti, in una manciata di pilloline di saggezza. Voi non perdonatemi lo stesso, mi raccomando. Un pizzico di fermezza nella vita è fondamentale. [Fine Punto 0.]
Punto 1. Prima di partire per un lungo viaggio, portate con voi la voglia di non tornare più, certo, ma imparate pure l’Inglese. Giusto quel tantinello per evitare situazioni del tipo: “Have you do… no cioè… Have you have a cheesecake?” di cui sono stato protagonista. Desideravo solo una frittella sul fiume Amster. E che diamine! Seguito, il giorno dopo, da: “Can I have tortellini?” ma avevo l’attenuante del ristorante italiano Da Renzo, all’interno del quale va detto che di italiano non c’è neppure Renzo.
Corollario a) – Punto 1. Vi imbatterete in decine di giovani coppie bisognose del vostro aiuto per farsi immortalare insieme, vicini vicini, che attireranno la vostra attenzione con un: “Eschius mi!” seguito dalla domanda di cortesia: “Chen ju teic a piccer plis?”. In quel momento scatterà in voi un meccanismo repulsivo nei confronti della nazionalità italiana. Un misto di vergogna, senso di fuga e risate all’idea che gli italiani parlino l’Inglese in tal modo ridicolo e purtroppo riconoscibilissimo e allora, nel disperato tentativo di nascondere la vostra reale provenienza, risponderete: “Yes of course!” pregando Gesù che quegli italiani, da voi facilmente individuati, non si accorgano di aver di fronte uno come loro.
Corollario b) – Punto 1. Se davvero scegliete di andare a pranzo da Renzo, riuscite a ordinare, seppur a fatica, vi accomodate fuori, tirate un sospiro di sollievo per avercela fatta, e dopo mezz’ora nessuno vi porta ancora nulla, non vi allarmate. Il loro forno a microonde è un po’ lento. Questo ci hanno detto per giustificare la lunga attesa per il riscaldamento del piatto precotto. Fatico a mettere insieme microonde e lentezza, ma chi meglio di loro che ci lavorano può conoscere il forno a microonde di Renzo?
Punto 2. Amsterdam è la città delle biciclette (e di qualche altra cosa non di difficile immaginazione di cui parleremo con una certa discrezione più in là). Affittatene pure una e passateci sopra 11 ore, mica ve lo voglio impedire, ma sappiate che dovrete rinunciare per sempre al vostro culo e a tutte le sue molteplici funzionalità. Ne vale la pena. Certo, dipende comunque dall’uso che facevate del vostro culo prima di salire sulla bici.
Corollario a) – Punto 2. A meno che non abbiate appena disputato l’ultima edizione del Tour de France, non vi sentirete proprio a vostro agio sul mezzo, non completamente almeno. Quel po’ che basta a farvi scontrare con un altro ciclista spietato: “Ma ando’ cazzo vai?!” e a farvi domandare se per caso, fra la confusione, le voci dei passeggeri, le urla dei dolcissimi fringuelli distruggi-timpani, non avete capito male e l’aereo è stato davvero dirottato non più a Londra, ma a Torpignattara, a Roma.
Punto 3. Amsterdam è pure la città dei canali (ma non è questa la cosa da affrontare con discrezione, a cui facevo riferimento al punto precedente). Affacciatevi da un ponticello, guardate all’orizzonte e sognate. Poi abbassate lo sguardo sull’acqua e vi capiterà di incontrare qualche bel cigno bianchino, diciamo, sguazzare fra le lattine. Sarà allora che vi chiederete: “Di cosa si nutrono questi graziosi volatili?” Se volete una risposta comprate un bel cartoccio large di patatone fritte (tanto che ci siete non lesinate sulle salse: di base circa mezzo litro di ketchup e 2 di maionese) – non sarà molto complicato individuare il rivenditore autorizzato più vicino, pare che ad Amsterdam campino di quelle! – e lanciateglielo. L’animale vi ringrazierà a modo suo.
Corollario a) – Punto 3. Nei canali non ci sono solo i cigni, ma altre forme di vita simili all’uomo, ma così diverse da me: i fattoni barcaioli pieni di cucuzze. Se vivi ad Amsterdam e non hai una barca, pure se casca a pezzi va bene, su cui organizzare festicciole con la musica a tutto volume fra i canali dove si beve birra e si spippacchia, nella massima privacy proprio, sappi che non sei nessuno.
Conclusione: io non sono nessuno.
To be continued…
Corollario a) – To be continued. Io c’ho provato a chiuderla qua, ma se continued continued!
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