Oggi voglio dedicare qualche minuto a rispondere agli interrogativi di chi, tormentato dal dubbio, domanda (a me? No,) a Google (e suo malgrado finisce nel mio sito). Ne ho scelti 3 più rappresentativi, quelli che mi sembrano più bisognosi di una risposta urgente. Cominciamo da chi ieri ha digitato su Google la seguente sequenza di parole:
Che fine ha fatto Daria Bignardi?
Ecco, bella domanda. L’ultimo mio avvistamento risale alla scorsa estate quando partecipò alla prima edizione di Volta la Carta, “fiera letteraria” aquilana della quale ho già ampiamente parlato su queste pagine, facendo proprio riferimento all’incontro con la Daria e alla bella, ma proprio bella figura che abbiamo fatto noi aquilani (ne facciamo in tante occasioni, ma in quella in particolare).
Per rispondere a Utente Curioso cominciamo dalla trasmissione da lei magistralmente condotta, Le invasioni barbariche, che sul sito saluta gli aficionados e dà appuntamento alla prossima edizione (edizioni che mi pare durino sempre meno; temo che la prossima partirà e si esaurirà in un’unica puntata). Il fatto è che Daria c’ha da fare. Da quando è diventata pure scrittrice, è tutta lei. Nell’attesa di rivederla in TV rassicuro Utente Curioso che potrà comunque assumere la sua dose di Bignardite quotidiana recandosi in libreria e acquistando ‘Non vi lascerò orfani’ prima, ‘Un karma pesante’ poi, e leggerne 2 o 3 facciate nei tempi e nei momenti della giornata che preferisce e che non sto qui a specificare. Il Barbablog, che lei aggiorna con una frequenza rassicurante, resta una valida alternativa; la sua rubrica su Vanity Fair, che poteva intitolare Barbablog_copia, una certezza. Quindi stai tranquillo Utente Curioso, che Daria sta bene. Alle brutte facciamo un bell’appello alla Sciarelli di Chi l’ha visto e la ritroviamo in un batter d’occhio.
Prossima domanda:
Che discorsi fanno i black bloc?
Bella pure questa (ma bella bella, come la figura fatta con la fiera, ma non rivanghiamo ulteriormente). Ne ignoriamo l’identità celata dai passamontagna, figuriamoci i discorsi. A sostegno del difficile compito di risponderti, carissimo Utente Curioso, arriva la testimonianza della signora Cesara che si trovava a passeggio, in compagnia del suo piccolo Carlino con l’asma cronica, l’amoredellamamma lo chiama, proprio nella zona della loro pacifica esibizione dell’altro giorno. Fra un lancio di fiori e uno di coriandoli, li ha sentiti disquisire di mele cotte: l’ultima ricetta proposta dalla Parodi che, dopo lo sfratto subìto da Italia1, ha dovuto trasferire la sua cucina su La7 e le sue pubblicazioni su Rizzoli (il potere dei dindi sonanti); di quanta acqua vogliono le gardenie secondo Serena Dandini che, sfrattata pure lei da Rai2, s’è data al giardinaggio: ha seminato 4 o 5 suoi brillocchi acquistati con anni di fatiche televisive e ha scoperto che Dai diamanti non nasce niente; dell’efficacia della nuova formula di Stira e ammira con amido di mais: adesso scacciare le terribili pieghe sulle camicie, che i signori in nero indossano per le riunioni di gala tipo appunto quella romana, è più facile e la stiratura diventa un piacere; dell’efficacia dei nani da giardino contro la malasorte casalinga.
Più o meno son questi i discorsi dei black bloc.
Terza domanda:
Un abbraccio vuole l’apostrofo?
Utente Curioso, ti prego di concedermi un paio di ore per riprendermi dalla solita paralisi facciale che mi acchiappa allorquando, per una casuale sventura che ama divertirsi con me, mi imbatto in una qualsivoglia forma di vita che testimonia (se ancora ce ne fosse bisogno) l’aumento galoppante del tasso di analfabetizzazione del pianeta. Un abbraccio, che tu (per fortuna) nella ricerca hai digitato senza apostrofo, non vuole l’apostrofo. Per la motivazione di tale scelta grammaticale puoi far riferimento alla storia del maschio e della femmina che fanno cose; se per te è motivo di turbamento, va bene anche quella dell’ape e di quello che fa col polline, di fiore in fiore.
Un consiglio. La prossima volta che ti assale il dubbio, affidati ai cassetti della memoria che da qualche parte tutti noi possediamo e di cui Gerry Scotti è accanito sostenitore. Si tratta di piccoli spazi cerebrali nei quali, in un momento non ben distinto della nostra vita, riponiamo anche inconsapevolmente alcune informazioni delle quali poi ci dimentichiamo. A distanza di anni, quando ne abbiamo bisogno, tornano a galla attraverso un illogico istinto: il cassetto si apre e ci fornisce la risposta; è così e non sappiamo perché. Tu l’hai aperto nel momento stesso in cui hai posto a Google il tuo interrogativo. Lo dimostra il fatto di aver scritto un abbraccio senza l’apostrofo (almeno in quest’occasione, grazie a Dio). La prossima volta aprili ‘sti benedetti cassettini e solo quando non avrai trovato nulla, ma proprio tabula rasa, allora, se non ce la fai a resistere, domanda. Eviterai così figure barbine, o almeno le limiterai ecco.
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