Per me, sopravvivere a un’intera giornata a Roma Capoccia assieme a 2 scatenate dello shopping, che sbavano a Via Condotti, fotografano la vetrina di Dolce&Gabbana con le scarpe nelle cassette della frutta e i cioccolatini sopra, e rapinano Zara, non è cosa da poco. Non riesco a ricordare il momento in cui si è parcheggiata nel mio cuore la cellula di ansia latente che si risveglia ogni volta che compio un’operazione di moto a luogo verso Roma. I sintomi sono i soliti 2.
– Il respiro si fa sempre più affannoso con l’avvicinarsi della Stazione Tiburtina, per poi bloccarsi definitivamente al momento in cui abbandono l’ultimo gradino del bus. Da quel momento vivo in uno stato di totale apnea che si conclude nel preciso istante in cui rimetto piede sul bus per L’Aquila.
– Ho paura che qualcuno mi avvicini con la scusa di chiedermi se ho da accendere e all’improvviso mi dia una coltellata o mi spari. Mi succede solo a Roma. Chissà come mai i romani mi ispirano certi pensieri.
Questo forse prova che sono affetto da Romafobia; se esiste, io ce l’ho. Comunque sto migliorando. Gli addobbi di Natale per le strade. Questa scia bianco-rossa-verde percorre il cielo e ci ricorda che ahimè viviamo in Italia. Meravigliosi e malinconici al tempo stesso. Quando siamo giunti al cospetto del palazzone di Fendi, abbiamo indetto il minuto di silenzio di fronte a cotanta maestosità. Un’immensa cintura di lucine dorate (dalla riconoscibilissima fibiona Fendi un pochetto pacchiana) lo avvolge e sta al centro di una pioggia di stalattiti argentate, che secondo me sono Swarovski avanzati alla signora Carla e riciclati alla bell’emeglio. A pranzo ci siamo fermati in un ristorantino nei pressi di Piazza di Spagna. Primo del giorno + bibita = 7 euro. Ieri orecchiette con gamberetti e zucchine, più precisamente 12 orecchiette, 3 gamberetti (nel piatto di qualche fortunato ne ho contati 4) e una chilata di zucchine. In compenso il cameriere faceva delle evoluzioni ammirevoli ogni volta che c’era da appoggiare un piatto e questo valeva il prezzo di quello che si è rivelato, più che un pranzo, un antipastino leggero leggero. Ho concluso a Spizzico con un triangolo equilatero di 40 cm di lato di Margherita e un’insalatina scondita che io l’olio proprio non sono riuscito a individuarlo. Abbiamo compensato con una cena all’Indiano in zona Colosseo, gestito da una signora indiana credo, – se no che stiamo a fa’? – tanto gentile quanto ferrea padrona. Praticamente ha deciso tutto lei. E per fortuna! Dopo aver letto e riletto il menu c’è mancato poco che mi mettessi a piangere.
Abbiamo camminato per circa 11 ore e, eccezion fatta per 2 sacchetti di caramelle gommose e ‘Cose Preziose’ di Stephen King, non ho comprato niente. Mi sono rifatto gli occhi con i portafogli Piquadro; quello nero col righino azzurro esercita su di me un effetto afrodisiaco, potrei eiaculare al solo contatto. La Feltrinelli di Galleria Colonna era talmente piena zeppa di gente che non pareva neppure una libreria. La crisi ha abbassato il budget favorendo forse l’acquisto dei libri che fanno fare sempre bella figura, tranne quelli di Fabio Volo, quindi non regalateli, potreste perdere delle amicizie. Non vorrei parlare di Fabio Volo perché l’esperienza mi dice che appartiene a quei discorsi che non ci cacci niente. Ho letto 2 dei suoi romanzi dei quali non ricordo neppure i titoli, e non mi sono piaciuti. E quindi non li consiglierei, mi limito a dire questo. Ho tirato fuori il discorso solo per raccontarvi l’ultima su Twitter.
Ieri notte, stanco morto e risorto, ho scritto il seguente tweet:
Twitter la deve smettere di consigliarmi di seguire Fabio Volo. Con tutto il rispetto, No.
Ecco. Lui (il signor Volo) l’ha letto e l’ha ritwittato, di fatto scagliandomi contro uno stormo di 93mila Volatili, che sono i suoi followers. Un confronto che si è rivelato un’esperienza mistica. Direi una paranormal activity. Un’emozione adrenalinica che non ricordavo dai tempi in cui un fan di Anna Tatangelo incollò un mio articolo ironico all’interno del forum ufficiale della beniamina di Sora e chevelodicoaffà!
Ognuno c’ha gli uccelli che si merita.
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