La seconda parte di questo doppio post legato al terremoto è per condividere con voi la terribile sensazione che, da aquilano, ho provato e son certo proverete anche voi, nell’ascoltare un’intercettazione telefonica risalente al marzo del 2009 fra l’ex-capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso e l’allora assessore regionale alla Protezione Civile, Daniela Stati. L’oggetto della telefonata è la convocazione di una riunione urgente della commissione Grandi Rischi a L’Aquila.
La commissione Grandi Rischi è una struttura che svolge attività consultiva per la Presidenza del Consiglio in materia di previsione e prevenzione delle situazioni di rischio, non solo i terremoti. Non molti di voi sapranno che sulla testa dei componenti che facevano parte della commissione nel 2009 pendono accuse gravissime per aver sottovalutato il rischio sismico e fornito false rassicurazioni ai cittadini aquilani. Gli imputati sono Guido Bertolaso, Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi; Bernardo De Bernardinis (tenete a mente questo nome); Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia; Giulio Selvaggi, direttore del Centro Nazionale Terremoti; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.A.S.E.; Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova; Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico della Protezione Civile. I capi di imputazione per tutti sono di omicidio colposo, disastro colposo e lesioni personali colpose. Dopo l’udienza di mercoledì, il processo, in corso a L’Aquila, è stato rinviato al prossimo 1 febbraio.
La telefonata fra Bertolaso e la Stati è datata 30 marzo 2009. Mentre la ascoltate, fra un attimo, tenete sempre a mente che, esattamente una settimana dopo, alle 3 e 32 della notte a cavallo fra domenica 5 e lunedì 6 aprile del 2009, una scossa di magnitudo 6.3 della scala Richter fa tramare L’Aquila per 30 secondi. La scossa, insieme a quelle che seguirono nei giorni successivi, è stata nettamente percepita in tutto il centro sud d’Italia, anche a Terni, Roma, Frosinone, Napoli, Foggia, a settentrione, anche in tutta l’alta valle del Tevere, nelle province di Arezzo, Perugia, Macerata e nell’Appennino Tosco-Emiliano. L’Aquila è stata evacuata dalla quasi totalità della popolazione. Sono crollati la sede della Prefettura e un’ala della Casa dello Studente (con dentro diversi giovani, molti dei quali deceduti); seriamente lesionati l’Ospedale Regionale, le sedi dell’Università e la Questura. Rasa al suolo la frazione di Onna, un paesino di soli 300 abitanti dove sono morte 41 persone. Nel complesso sono state accertate 309 vittime, più di 1500 feriti e circa 65mila sfollati in tutta la zona.
Ascoltate!
La parole di Bertolaso, rese pubbliche dall’inchiesta svolta da Repubblica, sono cariche esplosive di indifferenza, menefreghismo, potere, interessi o disinteressi, visto che a lui “non gliene frega niente”; tutto ciò che gli preme è rassicurare la gente (pure se in pericolo) e gettare cenere sul fuoco, come se si potesse soffocare un vulcano con un mestolo di polvere. La signora Stati, che chiamerei Miss Vabenissimo, reagisce con la stessa vitalità di un lombrico in coma. Il signor Sindaco Cialente, intervistato da una tivvù locale immediatamente dopo la riunione incriminata, ripete a memoria la pappardella dell’energia sfogata in scosse di alta frequenza e scarsa ampiezza, che abbiamo sentito dalla viva voce di Bertolaso mentre indottrinava la Stati al telefono. Idem con patate De Bernardinis, intervistato stavolta prima della riunione che, alla domanda del timido giornalista: “Non è anomalo uno sciame sismico così lungo?” risponde che si colloca in una fenomenologia senz’altro normale, e che se ne occuperanno gli scienziati in riunione. Così non è stato, gli scienziati, “i luminari del terremoto in Italia”, come li definisce San Guido, sono stati mandati a L’Aquila da Bertolaso non per affrontare seriamente il problema, valutare il da farsi, studiare un piano di prevenzione. Proprio no. In quella riunione si sono occupati di tutt’altro: di scrivere il copione del loro stupido tentativo di fuga dalle responsabilità ristabilendo una calma ingiustificata attraverso rassicurazioni che, col senno di poi, hanno il sapore di certi medicinali che calmano il dolore intontendolo, senza curarne la fonte. Hanno messo a terra il primo mattone di drammatiche fondamenta per quello che al momento risulta il più grave terremoto, per intensità e conseguenze, del XXI secolo in Italia. E io avrei voluto gridare dalla rabbia, gridarla fuori, la rabbia, come non mi capitava, come forse non mi è mai capitato.
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