Ti sei appena licenziato! Più vacanza di così! Cosa metti questi titoli?! Ma sei pazzo?
Ehi, ehi, non occorre che gridiate. Vi sento pure da centinaia di chilometri. Vi sento come un sentimento, ecco. Il maremoto di affetto che si è abbattuto su queste pagine, quando ho scritto della mia decisione di lasciare il lavoro per (in?)giusta causa, mi ha parlato e detto: Guarda un po’ che bello! Fai un sorriso al mondo, invece di frignare! E io così: :’-D con la lacrimuccia.
Vi ho guardato, e uno per uno vi ho abbracciato. Non ditemi che non vi siete accorti di niente, perché io sono grande, grosso e goffo, tanto che, quando abbraccio, potrei anche assistere all’abbracciato che prima assume un colorito foglio A4 per fotocopie, e poi schiatta fra le mie braccia. Per fortuna mi risulta che siate sopravvissuti tutti, ma non ci metto la mano sul fuoco.
Sì, mi sono licenziato, ma non mi sto grattando la uallera, anzi guallera. Il mio amico Gennaro, napoletano con tanto di timbro di Denominazione d’Origine Protetta, mi toglierebbe il saluto se mi sentisse pronunciarla così invece che colì. Per dire che ho tolto un’occupazione e ne ho inserite altre 100, che in questo momento non mi vengono in mente. Fatto sta che la sera serro gli occhi che non sono ancora le 23 e la mattina li sgrano poco dopo l’alba, cioè 3 ore prima che suoni la sveglia. E la metto presto la sveglia io, perché mi do l’estrema sepoltura sotto i copertoni già col desiderio del caffelatte caldo coi cereali. Non so a cosa devo tale stravolgimento del mio ciclo biologico. Dal Matteo in modalità super vampiro disco music quando lavoravo: dance, dance, dance fino alle 3 di notte, all’ora et labora, now.
Ho iniziato la tesi con partenza a razzo. 3, 2, 1… boom. Ho lasciato la mia testa vulcanica lavorare ininterrottamente per giorni e giorni di fusione cerebrale finché luce fu. L’idea che mescoli la brutta, bruttissima programmazione – pur sempre in Informatica devo laurearmi, mica in Scienze del Canottaggio sul Ghiaccio – con la bella, bellissima, passione per le parole finalmente è giunta. Eureka! La lampadina s’è accesa e fare, fare, fare viene facile. Ho buttato giù un’architettura del progetto con tutti quadrati, frecce colorate e scrittine qua e là. L’ho fatta bella (e corretta, visto che l’avevo riempita di rettangoli che non facevano niente e collegamenti incollegabili), grazie all’aiuto di Antonio, il mio informatico custode che mi starà accanto in questi mesi, e che mi aiuterà a non venire risucchiato dal buco nero dei linguaggi di programmazione.
Ho inviato il progettino al professore che non sentivo da circa un anno e mezzo, di recente, insomma, e ho spento il PC terrorizzato da un aspettato: Si fanculizzi all’istante! e invece mi ha risposto parole incoraggianti. Ritiene il mio progetto interessante, e ritiene pure che sviluppandolo si possa arrivare ad una buona tesi di laurea. Poi aggiunge righe incomprensibili, ma fa niente. Ho letto e riletto la sua email provando sempre la stessa emozione, ma come se fosse la prima volta, però. La felicità particolare che ti danno parole il cui peso lo riconosci, che sottolineano il valore di una tua idea, mischiata all’assurdità di non sapere comunque dove mettere le mani. Ho letto e riletto anche quella che gli avevo mandato io. Quando mi sono imbattuto nella frase: l’idea nasce dall’idea… ho capito di aver bisogno di una vacanza.
Sì, ma dove? Sono nel periodo vacanze brevi e intense, quindi Italia. Certo, Napoli! Non ci sono mai stato e il desiderio di masticare la Pizza con la p maiuscola sta prendendo il sopravvento, sarà pure per l’ora di pranzo inoltrata e Madre che non accenna a preoccuparsene. Cerco su Google un hotel a Napoli, mi esce questa pagina in cui c’è l’imbarazzo della scelta. Lusso sfrenato, oppure B&B, modalità che più si attiene alla mia attuale condizione di disoccupato anziano? Non lo so, deciderò. Intanto sento già la mozzarella di bufala fumante che mi cola ai lati della bocca. Sì, è mozzarella! Ah-ah. Scusate, è la spensieratezza.
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