Ieri mi sentivo strano, alla ricerca di forze esterne come di vitamine rinforzanti. Sarà la confusione che lascia questo sole, questo tepore e questo cielo azzurro scuro luminosissimo. Madre ha detto: – ‘Sto tempo non mi sconfinfera – e un po’ la capisco. Domattina affacciatevi alla finestra, mettete proprio la faccia fuori e guardate il panorama. E poi ditemi se un giorno così può essere la vigilia di Capodanno, che devi andare a ripescare la maglia da mezza stagione messa via col cambio dell’armadio.
Ho passato l’intera mattinata di ieri a onorare il mio dovere mensile, un appuntamento di quelli che non si scappa, che lasciano il segno. Voi donne disegnate tanti palloncini rossi sul calendario in corrispondenza della settimana X del mese, io ci disegno una cacca di tartaruga. La pulizia dell’acquario, con dentro due tartarughe di sette anni grosse come un pallone da calcio, è una pratica lunga e meticolosa che non sto qui a descrivervi nei dettagli. E’ capace di lavare l’anima dalle scorie della quotidianità tecnologica e riportarla al contatto col mio io più primordiale. E’ come fare un tuffo in un laghetto di me… lma. Ci siamo capiti. Ne esci cambiato, esausto, ma rinnovato. Pronto ad affrontare quanto di peggio ti possa capitare. Tanto per fare un esempio, pagare l’assicurazione 997 euro. Per la serie “Come fare secchi, bruciati, dissolti, au revoir 1000 euro in 1000 secondi”. Non era abbastanza. Avrei ancora dovuto capire cosa significa “quanto di peggio”.
La ragazza al desk mi ha augurato un buon anno, lei con 1000 euro in mano, io con due quadrati di carta colorata che non sono buoni neanche per l’igiene intima. Sono uscito dall’assicurazione, ho fatto presto presto – quando devi pagare non ti fanno aspettare – e sono andato a prendere un caffè al ginseng. Mi hanno insegnato che si dice così. Non basta “ginseng”. Bisogna specificare “caffè”, altrimenti rischi che ti servano la radice di ginseng in un bicchierino, oppure addirittura l’essenza. Nella vita bisogna essere precisi.
Fate attenzione perché ora viene il bello, o il drammatico.
Mi sono domandato a lungo se raccontarvi l’accanimento della mia deficienza cronica, oppure no. Ho deciso che sì, voi dovete sapere nonostante l’umiliazione dell’ammettere che il mio attuale stato cerebrale degenera a passi da gigante verso l’Alzheimer precoce. Tutto ha avuto inizio al bancomat della BNL accanto al bar. Ho prelevato 60 euro considerando qualcosa per la benzina, e ho raggiunto i miei amici al tavolino. Franco ha offerto perciò non mi sono subito accorto di quanto sono idiota.
Al distributore di benzina, un paio d’ore dopo, sono sceso, ho aperto il portafogli per prendere una banconota da 20 e ci ho trovato dentro soltanto un vecchio scontrino di Fruit Joy.
– Ho lasciato i soldi al bancomat – ho sussurrato piano alla macchinetta del benzinaio. Lei non ha risposto. Così ho ripetuto: – Nooo! Ho lasciato i soldi al bancomat! Non ci credo! – non riuscivo a capacitarmene.
Intanto ho inserito la tessera del bancomat, digitato il pin e scelto la pompa. In qualche modo dovevo pur pagarla la benzina. A 30 euro ho stoppato, ho rimesso la pompa al suo posto e sono partito per Teramo dove mi aspettavano Luca, Linda e Niccolò, a una cinquantina di minuti di autostrada da L’Aquila. Poco prima di prendere l’autostrada, diciamo l’ultima curva, rimuginavo sulla storia dei 60 euro regalati al signore dietro di me. Sperare che siano passati i 30 secondi, e quindi che se li sia ripresi la macchina, è troppo ottimistico pure per il periodo natalizio. Io me lo ricordo che c’era un tipo vicino all’obesità, col baffetto scalpitante e sbuffante, entranto in banca già stanco di aspettare. Non gli sarà parso vero. Ladro! Che tu possa spenderli in psicofarmaci dimagranti!
Tutto a un tratto un gigantesco punto interrogativo si è materializzato sospeso sulla mia testa come la spada di Damocle.
– Ho ripreso il bancomat dalla macchinetta del distributore, vero?! (Verooo-ooo?!)
Non vero, la tasca del portafogli era vuota. Ho fatto un’inversione che neanche al Gran Premio di Monza. Sono tornato al benzinaio. Mi sono avvicinato col passo felpato della Pantera Rosa, furtivo come un ladro. Ho spostato di peso la donna che aspettava una volce dall’Aldilà che le dicesse cosa premere, cosa fare.
Nada bancomat.
Ok, se mi hanno fregato pure quello, senza bancomat e senza portafogli dove vado a cena a Teramo, alla mensa dei poveri?
– Tieni, l’ho ritrovato io – mi dice il tipo in tuta rossa e blu.
– Ti ringrazio. Oggi è una giornatona. Prima lascio 60 euro al bancomat. Poi mi dimentico la tessera nella macchinetta vostra…
– Allora tu si scem in tutto!
Non aveva tutti i torti, anzi. Però… che modi! E io che cercavo solo un po’ di umanità mista a comprensione. Dopo Capodanno andrò in banca a fare l’ennesima figura di merda. Vi anticipo che a breve mi faranno Presidente Onorario delle Figure di Merda (P.O.F.M.) e avrò anch’io il mio vitalizio.
Domani si parte per Firenze. Capodanno è lì con i miei amici. Divertitevi come vi piace veramente! Ci risentiamo il 3, il 4. Sperando di avere ancora il bancomat con me e qualche spicciolo sul conto.
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