È Pasqua quindi buona Pasqua!
Neanche un uovo intero ho potuto slurparmi perché quest’anno è una Pasqua povera con un uovo soltanto, quello della Fra che si sposa il 27 giugno e io sarei il testimone. Scusate se è poco.
Madre e Padre hanno dichiarato di essere stati impossibilitati a far la spesa infatti, fra l’altro, è finito pure il latte.
“Evita le tazze di latte e cacao alle tre di notte se no a martedì non c’arriva!” “Sì, ma un uovo potevate comprarlo!” “T’ho detto che non siamo potuti andare a fare la spesa che tuo padre non si sentiva bene.” Io non me ne sono mica accorto di questi malori, però ci credo, parzialmente. Che poi uno che arriva la Pasqua lo sa con un largo anticipo, non è che se ne accorge all’ultimo momento. Due uova le potevano comprare pure una settimana fa e pure un mese fa. Sì sì, avrei potute comprarle io, ma a saperlo le compravo, mica no.
In compenso ho passato venticinque minuti a montare l’idrovolante della Kinder con il complicato motore a propulsione a elastico che ho posizionato sulla mensola vicino al toro di Madrid e al Winnie non Winnie, orsetto tarocco.
Comunque come faccio io ora privato del latte e cacao delle tre di notte fino a martedì?! È la mia medicina contro la depressione. Morgan si pippa la coca, io mi ammazzo di bicchieroni di latte e cacao. Ora però non cacciate pure me dal Festival di Santo Remo.
A proposito di Sanremo, è finito Amici (che è meglio di Sanremo perché per esempio Biaccio Antonacci ad Amici ci va). Ha vinto Emma Brown, sorella del Dan scrittore e amica della cantante salentina Alessandra Amoroso che aveva vinto l’anno scorso – andavano a farsi le maschere di bruttezza insieme. Tutti si chiedono perché la gente abbia preferito seguire la sua ascesa al trionfo invece che Porta a Porta col resoconto, attimo dopo attimo, scheda elettorale dopo scheda elettorale, della sconfitta per esempio dell’altra Emma (Bonino) nella regione Lazio conquistata dalla gaia sorrisevolezza della Scopettina Swiffer Polverini. A parte che una vittoria è meglio di una sconfitta. Vai a dormire sereno e per gli italiani la parola serenità rientra a tutti gli effetti fra quei vocaboli in via d’estinzione. Parrebbe che noi poveri analfabeti riusciamo a utilizzare soltanto 25oo parole e con quelle costruiamo i nostri bei discorsi. Le altre, che sono tante, ma tante di più, fra poco non le conoscerà più nessuno e faranno la fine dei triceratopi. E poi l’idea di ricostruire il tragico momento boniniano attraverso un plastico delle cabine elettorali laziali con quell’ammasso di nei parlante, e parlanti pure i nei, che ne studia tutte le dinamiche interloquendo col criminologo Massimo Picozzi, temo che faccia sugli italiani lo stesso effetto che sta facendo l’ultimo libro della Santacroce sul mio nervo infiammato.
Si è arrabbiata Isabella perché un tale Barilli ha stroncato Lulù Delacroix su Tuttolibri definendolo un libro noioso che fa il verso a Carroll così gli ha risposto con un raffinato post sul suo blog che casomai il verso lo fa lui, “che sia nel suono somigliante al ragliare di un asino però” e che dovrebbe recensire la sua intelligenza, stroncandola. Allora io non glielo dico che la penso come Barilli nonostante adori la Santacroce e abbia letto tutti i suoi romanzi perché se no dà dell’asino e del venduto pure a me. Poi Parente su Il giornale dice che è più bello dell’Alice di Carroll e allora proprio no. Dice pure che la Santacroce sta scrivendo una Divina Commedia moderna e dopo l’inferno di V.M.18 (sì, quello sì) e il paradiso di Lulù (insomma, insomma) arriverà il purgatorio e sarà un mattone di mille pagine. Non pensiamoci, per ora. Qualcuno però dovrebbe dire a Isa che Lulù Delacroix è il meno riuscito dei suoi libri. Che Alice nel Paese delle Meraviglie è rock e il suo è lento. Che Dante era Dante, tutta un’altra musica. Io però non glielo dico, ho un po’ paura. Intanto lei sul suo blog pubblica le ovazioni e ignora le stroncature eccezion fatta per quella di Barilli, che comunque non ha pubblicato, e molto sportivamente gli ha dato del venduto. Come si permette costui di criticare un (capo)lavoro di tre anni – se lo dice da sola- senza sicuramente averlo letto a fondo?
Io non lo so come la pensate voi, però secondo me uno in tre anni può scrivere pure una mezza schifezza. Dico schifezza pure se schifo è una brutta parola, che non si dovrebbe dire e che qualcuno giudica maleducata. Ma io lo faccio solo per non farla estinguere, per il bene della lingua italiana, insomma.
Lascia un commento