Il post post-natalizio ci sta tutto soprattutto con la voce di Norah Jones in sottofondo che mi conferma che questo Natale è stato diverso. Non nel CD, quindi non compratelo se volete sentirvi dire ciò. È un messaggio strettamente personale, fra Norah e me insomma. Mai come quest’anno avrei dovuto sentire il Natale come un gigantesco vuoto divoratutto. Mi ero preparato a provare la sensazione del triste nulla e invece in questi giorni un’emozione calda mi sorprende e mi lascia ammirato e senza parole. Speechless, diciamo. Sorrido incantato all’eventualità che questo possa rivelarsi come uno dei migliori ultimi dell’anno di sempre. Sapete quei sorrisi che mentre ridi non pensi a niente, perso?
Come fai a festeggiare la nascita di Gesù Cristo se vivi a L’Aquila? Come fai a sentirti così, dopo un duemilanove così? Sono due così che stanno agli estremi. Eppure sì, è proprio così: una fusione impossibile, ma riuscita.
Qui abbiamo tutti fatto finta di non voler bene al Natale, di non sentirlo più, di non veder l’ora che arrivasse il duemiladieci. Volevamo liberarci di quest’anno, lasciarcelo alle spalle e non sentire il bisogno di buttare uno sguardo indietro, anche se dalle spalle non se ne va di certo.
Eppure è impossibile non vedere la voglia che hanno gli aquilani di riprendersi la loro città, ora più di ieri e meno di domani. Non vogliono luminosi campus ancora impacchettati, non vogliono nuovi centri storici, nuovi luoghi di ritrovo, nuove piazze, chiese e fontane. Gli aquilani rivogliono L’Aquila e, se fino a qualche settimana fa non c’avrei scommesso un centesimo sull’eventualità di recuperarne l’anima, ora un pensierino ce lo faccio. Tocca arrendersi di fronte alla forza di questa gente molto più caparbia di me. Mi sorprende e mi trascina come una corrente oceanica. Alla messa di mezzanotte alla basilica di Collemaggio che non è stata ricostruita, ma solo rimessa un po’ in sesto per l’occasione, hanno partecipato più di mille persone. Mille persone, ragazzi. Vicino la piazza hanno riaperto la banca, il bar e la tabaccheria.
Dopo il bombardamento si può abbandonare il campo di battaglia devastato, oppure ripartire proprio da lì. Dalla polvere e dai brividi che affiorano sulle braccia quando la mente torna a vedere quello che c’era e chi c’era. C’era mia nonna a casa, la madre di mio padre. Non ricordo l’ultima volta che aveva messo piede in casa nostra prima di questo Natale. Non ha molta importanza. Ecco, è come se l’essere andati così vicino al non aver più nulla, neanche una vita, avesse dato agli aquilani la giusta percezione, non proprio di tutto, ma dell’importanza dei rapporti, quello sì. Mia nonna che prega Santa Rita la santa degli impossibili ogni volta che pensa di non riuscire a cavarsela. Quando le tocca salire quella infinita e ripida rampa di scale di ferro che la separa dall’entrata della nuova casa che le hanno dato. Quando tenta d’infilare il filo da cucire nell’ago e non c’indovina mai. Mia nonna che ha un Mantegna in casa. Un acquerello comprato più di sessant’anni fa da un rigattiere a Roma per cinquantamila lire. Lei dice di essere una grande intenditrice di quadri, in realtà si accatta tutto quello che in qualche modo l’attrae, che probabilmente è il modo migliore per vivere la vita. L’ho visto il suo Mantegna e in effetti c’è scritto Mantegna in basso a sinistra. Se è originale sono pronto a riconoscere la sua competenza in cambio di anche solo un ventesimo del valore di quel quadretto. Non che sia tutta colpa di qualcun altro, ma mia nonna non la conosco per niente. Forse è tardi per cominciare, però che ci volesse il terremoto per invitarla a pranzo è un po’ vergognoso. Questo mi fa pensare. Non che io sia mai andato da lei, neanche una volta negli ultimi due o tre anni, ma forse pure dieci, tanto per ribadire il concetto della ripartizione delle colpe.
Per raccontarvi il Capodanno dovrei prendere un gigantesco telone, grande come il cielo potrebbe andar bene, riempirlo di vento e condurvi lontano, fra le stelle di un paesino senza neve, ma pur sempre meraviglioso. L’aria non è fredda come me l’aspettavo e quel vento fortissimo attraversa i capelli e l’acqua di molteplici ruscelletti, avvicinandomi alla vita.
Quest’anno è iniziato come nessun anno prima. Anche se non sono molto presente ultimamente sul blog, volevo raccontarvi di come sto. Mi auguro che anche voi sentiate nel cuore quello che sento io, la gioia di due nuvolette che svolazzano assieme e magari arrivano pure a Londra.
Buon 2010!
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