Io la De Filippi non l’ho vista, però mia madre m’ha detto che aveva i capelli incollati alla testa, ma così gelatinati che sembrava rasata. Non riesco a figurarmi l’immagine, che un po’ m’inquieta, da mia madre descritta; se ne sapete di più, spiegatemi pure. Ho seguito la finale dal Mc Donald’s. Mettevo a lavare i vassoietti e le pinze e le tasche della griglia piene di denso lardo bruciato e correvo alla TV. Quando ho visto che i finalisti erano Sal, Povia e Marco Carta ho avuto prima un mancamento, crollando su un sacco di spazzatura morbido/liquido (Marzia dice che se ti tira la gamba da dietro al culo è la sciatica, io penso che era Povia) e poi ho pregato il Signore, proprio lui, sì; quello che sta lì, nell’alto dei cieli, e a (quasi) tutto provvede e vede. L’ho pregato, implorato con le mani giunte e unte, di far vincere Marco Carta e lo ringrazio immensamente per aver scelto di accontentarmi, che secondo me l’ha fatto solo per non farmi emigrare perché giuro che non c’avrei pensato mezza volta. Se avesse vinto Povia, sarei andato a vivere altrove, in Australia ad esempio. Mia madre a pranzo ha detto che lei ha sempre sognato di andarci, e mia zia le ha risposto: “Ma che stai dicendo? Ma se neanche dal giardino esci, vai in Australia?”.
Son tornati Virginia, mia cugina, e il suo ragazzo Daniel da vicino Londra che non so come si chiama, dove vivono ormai da un paio d’anni. La conversazione ha preso pieghe imprevedibili percorrendo strade in cui mia madre si arrischia senza il minimo senso del pudore. S’è parlato della situazione italiana degli extracomunitari che entrano nel territorio e poi violentano le ragazze. Mia zia: “Quante ne abbiamo combinate pure noi italiani all’estero in cerca di fortuna…” “E che avremmo combinato, sentiamo!” (Lo spirito nazionalistico di mia madre è come la fede nella Roma radicata in Totti o l’intento arrivista della Tatangelo; son cose genetiche.) “Te lo sei scordato Al Capone?” domanda mia zia. “Al Capone? Ma che nomini Al Capone! Si sa che in guerra tutto è concesso.” “E che c’entra la guerra? Tutta quella gente che ha ucciso…” “Ma l’avrà pure uccisa, ma lui aveva delle ideologie. Per lui gli ebrei non andavano bene e basta. Che ideali hanno quei bastardi romeni che violentano le bambine?”
In quel preciso istante m’è andata una frappa di carnevale di traverso e ho cominciato a tossire nuvole di zucchero a velo, e poi ho chiesto a Daniel: “Do you like Carnival?” che lui parla solo inglese. Notare la profondità dell’interrogativo nel disperato tentativo di nascondere ai convitati l’imbarazzante momento di confusione storica in cui annaspava mia madre. Avrei fatto prima a chiedergli se gli piaceva l’Italia o gli spaghetti o la pizza. E lui ha risposto: “Magna, magna!” che, dopo: Vai a fare culo! è l’espressione che più utilizza. Al che ho inteso che aveva capito tutto della vita.
Bene. Pure quest’anno è andata e, considerata la quasi totale impossibilità a seguire la trasmissione, mi pare che abbiam fatto un ottimo lavoro. Come un ottimo lavoro ha fatto chi questo Festival l’ha ideato e chi l’ha condotto, perché stavolta ce lo ricorderemo. Chiudo ringraziando Lastampa.it che mi ha citato, non in tribunale (son certo che prima o poi qualcuno lo farà), ma qua.
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