Ieri sera, sotto il post precedente, compare il seguente commento: “Scrivi bene, ma questo non giustifica totalmente quel pizzico di saccenza. Impressione di un lettore occasionale” firmato Sergio.
Saccenza è una parola che ha 2 accezioni: una positiva, quasi mai usata in verità (io non la conoscevo prima di scoprirla sul dizionario) e una negativa, quella comune. Da una parte il saccente è persona accorta, sagace; dall’altra presuntuosa: si dice di chi ostenta una sapienza superiore a quella realmente posseduta. Sergio faceva di certo riferimento alla seconda. Il punto non è se la mia scrittura sia o no saccente, ma quanto il lettore debba poter dire, giudicare, criticare in questo caso un articolo di un blog semisconosciuto (il mio), ma vorrei ampliare il discorso ai libri e potremmo dire anche ai film o alle canzoni, ai CD… che tutti i giorni noi fruitori dell’arte commentiamo blablabla e pure blablabla-bla e bla, tiè e ri-tiè! con la nostra bocca sempre pronta.
Lo spunto per parlarne è stato innescato certo dal commento di Sergio, ma soprattutto dalla discussione che quel commento, che io ho riportato su Facebook, ha poi generato. Sono 2 le ottiche che emergono.
– Chi sostiene che il lettore debba limitarsi a leggere il libro senza entrare nello specifico di stile, contenuto, dialoghi, trama, l’uso di certi termini piuttosto che di altri, “Io il finale l’avrei scritto così e non colì!”, perché non possiede le competenze riconosciute a un addetto ai lavori quale si presuppone sia l’autore stesso, e/o l’editor che ha scelto ed editato il testo, e/o l’editore che l’ha pubblicato esattamente come il lettore poi se l’è ritrovato fra le mani.
– Chi ritiene che chiunque possa dire la sua su qualsivoglia aspetto che riguarda l’opera che per un motivo qualunque ha scelto di acquistare. Dopo aver speso 10 barra 13 barra 22 euro sarà anche libero di dire o no quello che crede? Se gli ha fatto schifo spiegarne il motivo e massacrare l’autore, consigliargli di cambiare mestiere e dedicarsi a occupazioni più redditizie e vicine alle sue inclinazioni come scaricare pesci al porto oppure, che so, consegnare i piatti pronti alle mense degli asili della città.
A questo si collega, come un vagone a un altro dello stesso treno, la questione: E l’autore? Come deve porsi nei confronti delle critiche, quelle toste dei lettori esigenti che proprio in virtù di una fiducia prima accordatagli alla cassa della libreria, poi evidentemente delusa dalla lettura, non ci pensano 2 volte a vomitare parole che stroncano, pesanti come macigni?
Anche qui 2 opinioni che riassumo così:
– Le critiche aiutano a crescere, a riflettere su aspetti che altrimenti l’autore, da solo con se stesso, non noterebbe. Perciò l’autore deve apprezzare pure quelle più aspre nella ricerca di un miglioramento.
– Le critiche sono per di più la voce degli invidiosoni che puntano a distruggere, non a costruire, dovute spesso alla frustrazione che ti dà il desiderare senza ottenere mai. Pertanto l’autore deve procedere per la sua strada senza dargli peso, fregarsene senza spendere neanche un minuto a interrogarsi sul perché e sulla fondatezza di parole a priori inutili.
Francesco Pomponio (autore di 2 libri) dice*:
Il lettore ha il diritto soltanto di dire “mi è piaciuto” “non mi è piaciuto” non deve dirti come lui avrebbe scritto il tuo libro. Non è presunzione, ma come nessuno dice all’idraulico come deve fare il lavoro, non vedo perché chi scrive debba essere sempre sotto esame. Non è accettabile e chi dice che apprezza le critiche, anche se negative, molto probabilmente non dice la verità. Io non le apprezzo affatto. Se uno scrive un libro in un modo o non sapeva farlo meglio o è proprio così che voleva farlo. Quando vanno al cinema mica si mettono a dire che quel movimento di macchina doveva essere più veloce o la fotografia non va bene in quella scena, si vedono il film e alla fine o gli è piaciuto oppure no.
Daniele Pinna (agente letterario) dice*:
Commenti che fanno bene e fanno crescere. Scusate, ma come fate a sapere che chi ha lasciato il commento non ha competenze (riferito al lettore occasionale Sergio)?
Io dico*:
A me le critiche servono perché rileggo con occhi diversi. Mi interrogo. Per me quello col lettore, che apprezzi o no, è un confronto fondamentale. Chi meglio del lettore comune ha competenza per dire cosa non va nel tuo scritto, lui che magari l’ha pure comprato? Quando esco dal cinema, se un film non mi è piaciuto faccio il criticone. “Troppo cupo, lento, i dialoghi non reggono, la trama è debole…” Eppure mica sono un regista, o un attore.
E voi che siete dalla vostra autori di blog, qualcuno di libri, qualcun altro lo diventerà – lo so perché è troppo bravo – come vedete la faccenda? Cosa direste se qualcuno vi scrivesse che non andate, che non avete stile, che la vostra scrittura fa un po’ schifX, che non meritate quello che avete ottenuto? (Anche se non dovrebbe servire, preciso che uno non si ritrova scrittore perché un giorno incontra Harry Potter che gli fa il piacere di urlare qualche formula magica prima di volar via a cavallo della sua Nimbus. È un percorso estremamente faticoso.) Che non riuscite a essere efficaci nei racconti, e metteteci pure che siete brutti va. Come vi sentite? Come la pensate, insomma, in merito al rapporto autore/lettore?
*Naturalmente ho dovuto tagliare qua e là i commenti cercando comunque di rappresentare l’opinione d’insieme che ne emerge.
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