Era tanto che non ridevo così. Andiamo a ballare. Serata un po’ sfigata, però ci sta, in un periodo in cui l’umore è quello di un pesce abbandonato sul bagnasciuga. Quello ci prova a tornare in acqua, però qualcuno potrebbe sprecarsi a dargli un calcetto. Senza spinta anche gli spiriti infrangibili a volte scelgono l’immobilità. Non parlavo di me che altro che infrangibile; sono una specie di puzzle di schegge per l’ennesima volta rincollate. Non parlavo neanche del vetro posteriore della mia dolcissima Matiz verde acqua che, usciti dal locale, abbiamo ritrovato frantumato. Quando l’ho visto ho cominciato a sbriciolarlo con la mano. Niccolò: “Non ci posso credere”.
Ci siamo guardati e abbiamo cominciato a ridere quasi a soffocare. Ho aperto lo sportello per vedere se, tanto che c’erano, avevano portato via qualcosa. Il giubbetto era lì e pure il portafogli di Niccolò. Il mio ce l’avevo in tasca. Quando l’ho richiuso, il vetro è crollato tutto a terra. Se fosse stato un evento isolato in un segmento di vita mediamente figo, beh, mi sarei incazzato a morte. Invece è l’ultimo (?) di una serie di eventi nefasti che renderanno questi 2 mesi incancellabili, anche per farci un brindisi fra 5 anni o una settimana, a seconda degli eventi che decidono se e quanto un pezzo della tua vita è felice. Quando non hai più parole ti viene da ridere. Non l’avevo mai provata una sensazione del genere, però devo dire che pure le risate rassegnate son risate e fanno bene. Mettono in circolo una forma di allegria chimica che sortisce comunque gli effetti dell’allegria. Non sei per niente felice, però ridi e, finché hai accanto qualcuno con cui farlo, va tutto bene pure se non va bene niente.
Abbiamo parcheggiato la Matiz allo stadio. Erano le 4 del mattino e nel cielo non si vedeva una sola stella. “Ci manca pure che mi piove nella macchina e facciamo bingo.”
Buste, teli di plastica e scotch non pervenuti, casa troppo lontana e troppo tardi per mettersi a cercare e svegliare l’intero palazzo a poche ore dall’alba. Ho sradicato il tappeto del portabagagli e l’abbiamo incastrato a filo di sportello internamente. Altro che Mc Givers. Ci siam poi dovuti trasformare nell’incredibilissimo Hulk e spingere con tutta la nostra forza soprannaturale di supereroi per far chiudere lo sportello con lo spessore del tappetino in mezzo. Ora sta lì, alla mercé di ladri e puttane, col tappetino nero che spunta in alto. “Va bene, no?” “Benissimo! Meravigliosa!” E riprendiamo a ridere.
Domenica volevo ripartire e lasciare la Matiz a L’Aquila invece mi tocca portarla a un carrozziere domani, che oggi è giorno di festa, e che festa, e ripartire con treno + autobus che hanno anche ridotto le corse da Roma, ne parte uno ogni 3 ore per L’Aquila. Per non parlare di nuovi soldi da tirar fuori e di nessuno che entra, per ora. “Che ne sai che domani non ti chiama PincoPalloInCarriola a cui hai lasciato il curriculum?” Non lo so, in effetti. Quel che è certo è che oggi non chiama. Buon primo maggio a tutti. Un giorno di riposo per chi lavora, per riflettere sull’immensa fortuna di averlo, un lavoro, un giorno che porti buone notizie a chi il lavoro lo aspetta. Mai come in questo momento mi sto rendendo conto di quanto possa essere avvilente desiderare di lavorare, per (soprav)vivere, mica per vestirsi Gucci e acquistare automobili di lusso, e non farcela comunque.
Non è che a spaccarmi il vetro, ieri notte, è stato Vauro?
Lascia un commento