Madre è preoccupata per me pure se non lo dice. Il madre-pensiero le sibila nelle orecchie: State attenta maestà! Il vostro primogenito sta piombando nel tipico baratro depressivo, con direzione suicidio per assunzione di psicofarmaci e superalcolici nella vasca da bagno. Fate qualcosa, regina Madre! E così ieri mi ha domandato con tutta la preoccupazione che la sua finta leggerezza svela: Senti un po’, ma tu non esci mai? Io ho risposto: Di meno. Mi diverto più in Villa, coi miei libri. E lei ha avuto tutte le conferme del caso: sto per fare una brutta fine, perciò deve controllarmi a vista. Non sa che io invece coi miei libri ci sto bene, trascorro ottime serate più che per le strade di una città che non riconosco. Sto leggendo la Recherche di Proust e l’Eleganza del riccio in cui la portinaia Renée cita Legrandin, personaggio snob della Recherche, un ingegnere che lavora a Parigi e trascorre i fine settimana e le sue vacanze a Combray. Questa è la prova che i libri parlano fra loro e parlano a me, cosa che per Madre è identicamente preoccupante e incomprensibile alla discesa degli extraterrestri sulla Terra, il medesimo motivo per cui disprezza Eugenio Finardi, cantautore fantascientifico.
Madre chiude le persiane di legno della mia stanza per paura che, in un momento di estremo sconforto notturno, possa lanciarmi dal balcone del primo piano. Da qui non mi romperei neanche un dito; con tutta la neve che c’è sotto l’unica morte possibile sarebbe per affogamento. Incolla post-it indirizzati a me ovunque. Sul frigorifero: All’interno trovi il barattolo di sugo. Sul ripiano sopra il lavello: Scegli fra gli spaghetti e le mezze penne rigate. Sulla lavastoviglie: I piatti sono sporchi. Sul termostato che regola il riscaldamento: Se hai freddo puoi abbassare di un grado la temperatura sopra la quale vanno in ON i termosifoni. Sull’anta dell’armadio: Prima di prelevare una maglietta pulita finisci di sporcare quella che indossi già. Su una delle mensole della mia libreria: Preparati a sgomberare tutto che devo aspirare la polvere che la tua carta puzzolente produce.
I libri per Madre sono soltanto dei maledetti accumulatori di polvere, le bestie infestanti di Villa Madre da affrontare armata del panno elettrostatico Swiffer per epurarli della grigia calotta che li ricopre. Non solo, sono anche la mia doppia perdita di tempo perché:
– Leggerli mi distoglie dallo studio, occupando quasi tutto il mio tempo al di fuori del lavoro.
– Scriverli mi distoglie dallo studio, occupando il quasi del punto sopra, il resto cioè del mio tempo libero dopo o prima del lavoro.
Però poi li legge, i miei, e li commenta. Tutti brutti, troppe parolacce, frasi troppo corte oppure troppo lunghe, personaggi scadenti che le ricordano cose che conosciamo. Tranne uno del quale non sapeva nemmeno l’esistenza. Quando pubblico un libro non le dico niente perché so che non l’apprezza. Una valigia tutta sbagliata, che ho dedicato a mio nonno, il madre-papà che è stato un po’ anche il mio, pure se dire nonno non è meno di papà. L’ho fatto perché il merito di quel piccolo libro, e credo degli altri 2 che ho scritto e di quelli che spero scriverò, è molto suo. Mio nonno ha saputo essere determinante nel poco tempo che ci è stato dato per conoscerci e aiutarci a vivere. Ma quel che più mi sorprende è la sua capacità di risultare determinante pure ora che non mi può parlare con la voce. Ho scritto 14 febbraio, contenuto nella piccola grande Valigia di storie malinconiche e, allo stesso tempo, piene di possibilità. Racconta di lui e dei modi che inventa per ricordarmi di insistere, perché i sogni sono fatti per essere realizzati, mica per diventare il rumore dei giorni; per ricordarmi che c’è con la sua mano grande e con la voce che non è quella che utilizziamo tutti i giorni noi per comunicare, ma riesce ad arrivare ugualmente attraverso i suoi segni ingegnosi. Proprio in questo momento un gigantesco blocco di ghiaccio si è staccato dal tetto ed è franato sul mio balcone producendo un gran frastuono. Volete che creda che è stata soltanto la pioggia a spingerlo giù? Non è mai solo come appare, non è mai l’inanimato che muove la materia.
Un pomeriggio sono rientrato prima del solito e ho trovato Madre in camera mia, che si affannava a rimettere a posto la copia del libro, ancora fra le sue mani, e a scansare le lacrime dagli occhi. Non ha detto niente, ma il suo sorriso era un Grazie. Lei sa di aver avuto un papà straordinario, ora sa che lo credo anch’io e di questo ne è felice. Da allora parliamo più spesso di mio nonno, dei miei atteggiamenti così simili ai suoi. Per noi è come averlo a cena e fare una chiacchierata con lui. Questo è merito di Madre, che lo tiene in vita ben oltre il ricordo.
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