Scrivendo un’email mi è tornato in mente Il principio del dolore di Adam Haslett. Lo comprai su consiglio di un estraneo. Il passato remoto non mi piace, però è obbligatorio quando si parla di accadimenti lontanissimi, posizionati in un vecchio quadro in cui ero come oggi non ammetterei neanche sotto tortura. Aspettavamo che ci facessero entrare. L’ospedale chiude le porte imponendo orari pure alla generosità e all’affetto. Io leggevo Ammaniti, se ricordo bene Fango. Lui fissava la copertina da una delle seggiole di plastica azzurre di fronte a me. È quello che faccio sempre anch’io quando vedo qualcuno che legge, sufficientemente vicino perché, nonostante la miopia in lento, ma inarrestabile aumento, abbia qualche possibilità di decifrare il titolo del libro fra le sue mani. Vesto l’eventuale incrocio di sguardi da pura casualità. Strizzo gli occhi e li punto sul titolo, o su una porzione della copertina che per colori e figure possa ricordarmi qualcosa. Non so cos’è che mi spinge a infilarmi nelle letture degli altri, forse il desiderio di possederle.
Mi aspettavo che non dicesse nulla e invece a un certo punto sento la sua voce che mi domanda: Hai letto Il principio del dolore di Adam Haslett? Alzo gli occhi dal libro e trovo i suoi che mi fissano. Aspetta una risposta da uno sconosciuto, il cui solo fatto di appartenere alla rara specie dei lettori lo avvicina. Io non solo non avevo letto Il principio del dolore, ma non avevo neppure mai sentito nominare Adam Haslett, così risposi: No, non lo conosco. Sul suo viso la tipica espressione delusa dell’entusiasmo che si impoverisce di energia. Mi rispose: Dovresti farlo, Adam Haslett è 100 Ammaniti e pure Eliot e un pizzico di Samuel Beckett. Al momento di entrare non mi preoccupai di salutarlo a dovere. Dentro la stanza mi dimenticai di lui e mai mi domandai perché si trovasse lì e per chi. Il mio amico stava bene. Mi ricordo che mi fece ridere tantissimo, nonostante i tubicini al braccio e quell’odore che fa dell’ospedale un luogo tristemente familiare.
L’Aquila è una città in cui capita di incontrare qualcuno anche 3 o 4 volte nel corso della stessa serata, eppure da allora non lo rividi più. Per me che non seguo quasi mai un consiglio, considero abbastanza straordinario l’essere uscito il giorno dopo apposta per andare in libreria a cercare Il principio del dolore. Si trattò di uno di quei particolari consigli che escono dall’altrui bocca, ma è come se fossero stati partoriti all’interno della tua mente. È là che continuava a ronzare questo titolo straordinario. Il principio del dolore, il momento esatto nel quale il dolore nasce, ma anche luogo del cuore dove resta al caldo e si nutre silenzioso fino alla maturità di esplodere. Si tratta di una raccolta di storie sul lutto, sulla vita che finisce, sulla follia, sull’infelicità senza colpa. I personaggi sono gente per bene, psichiatri, studenti, agenti immobiliari che all’improvviso si ritrovano in un tunnel buio e senza uscita. È così che succede. Il destino non guarda in faccia nessuno, nemmeno il portafogli o la posizione sociale che occupi. L’impotenza di fronte alla malattia fa da collante alle storie. L’impotenza che porta con sé il peso dello sconcerto dato da un interrogativo dilaniante proprio per la sua stessa semplicità: Perché è capitato a me, al mio equilibrio, alla mia salute mentale, alla mia felicità di frantumarsi a terra come una boccia di cristallo?
Tutte le storie conducono a uno stesso approdo, di fine, di buio. Non importa la strada, i tentativi per eludere il tempo, per salvarsi. Quello che mi ha colpito del linguaggio di Adam Haslett è la naturalezza con la quale elenca le eventualità del male che fa capolino in un momento quotidiano come 1000 altri prima di quel giorno, in una passeggiata sul lago, in cucina, sul divano del salotto, stesi su un prato, al supermercato. L’autore lo racconta senza imporsi la delicatezza che siamo certi o eravamo certi fosse necessaria nel narrare ferite che qualcuno ce le ha davvero da curare, con le quali abituarsi a convivere. Forse è proprio in questa verità d’espressione senza censura che sta il rispetto, in questo dire le cose come stanno attraverso un linguaggio essenziale, dolce e amarissimo. Il dolore strazia pur essendo contenitore di buonissimi sentimenti, e molto spesso sono proprio i buoni sentimenti a generarlo.
È un libro molto bello, che vi consiglio se non temete di farvi male stringendo nelle mani il dolore.
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