Le notti di pioggia complicano tutto. Lo scrosciare impietoso di quelle gocce pesanti sui teloni delle tende e sul rivestimento dei camper ha lo stesso effetto di un instancabile martello pneumatico nelle orecchie e nel cervello, che non riescono a riposare. Stanotte avrò dormito 3 ore, a voler essere generoso. In compenso ho scritto molto, ho ultimato un nuovo racconto e, anche se non ho ancora nessuna buona notizia per Supermarket24 (vi giuro che prima o poi uscirà) sono soddisfatto per le nuove storie che stanno vedendo la luce.
Ieri, parlando di Io speriamo che me la cavo, che ho citato nell’ultimo post, mi sono ricordato di uno dei temi dei bambini di Corzano che mi piaceva moltissimo, quello da cui viene il titolo del libro e del film. L’ho ritrovato. Il titolo del tema era: Quale parabola preferisci?
Svolgimento:
Io, la parabola che preferisco è la fine del mondo, perché non ho paura, in quanto che sarò già morto da un secolo. Dio separerà le capre dai pastori, una a destra e una a sinistra. Al centro quelli che andranno in purgatorio, saranno più di mille migliardi! Più dei cinesi! E Dio avrà tre porte: una grandissima, che è l’inferno; una media, che è il purgatorio; e una strettissima, che è il paradiso. Poi Dio dirà: “Fate silenzio tutti quanti!”. E poi li dividerà. A uno qua e a un altro là. Qualcuno che vuole fare il furbo vuole mettersi di qua, ma Dio lo vede e gli dice: “Uè, addò vai!”. Il mondo scoppierà, le stelle scoppieranno, il cielo scoppierà, Corzano si farà in mille pezzi, i buoni rideranno e i cattivi piangeranno. Quelli del purgatorio un po’ ridono e un po’ piangono, i bambini del limbo diventeranno farfalle. Io, speriamo che me la cavo.
Io della fine del mondo invece un po’ paura ce l’ho. In questi giorni sto affondando tra articoli scientifici, superstizioni, profezie Maya, inversioni dei poli, whisky, mia madre… (È il caso di ricominciare a uscire.)
Meglio lasciar perdere, che di base, pure se ne parlo, sono profondamente ignorante in materia (Storia della Fine del Mondo 2), e allora tutti quei paroloni servono soltanto ad autosuggestionarmi inutilmente. Viviamo sereni (ssimi) fino al 20 dicembre 2012; il 21 si vedrà. Sempre se c’arriviamo, che magari uno sta tornando da Rio de Janeiro a Parigi e all’improvviso un fulmine colpisce l’aereo che sparisce dai radar e s’inabissa nell’Atlantico. È questa l’ipotesi più probabile della tragedia di stamattina. C’erano 231 persone su quel volo, tra passeggeri e personale di bordo, 5 italiani, alcuni bambini di cui uno appena nato. Una fonte dell’aeroporto di Charles De Gaulle di Roissy ha detto: “Non c’è alcuna speranza!”.
Il Presidente Sarkozy, informato stamattina della perdita di contatto con l’Airbus A330 di Air France che effettuava il collegamento Rio de Janeiro-Parigi, ha espresso la sua vivissima preoccupazione (non l’ho usato io il termine vivissima, ma le agenzie di stampa) ordinando ai suoi uomini: “Fate il possibile!” e poi sarà tornato a fare colazione con Carlà e i pan di stelle Mulino Bianco. Un abbraccio ai parenti delle vittime dalla Stanza.
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