Oggi apre il Salone del Libro di Torino, lo sapevate?
Allora c’è un’ottima probabilità che siate addetti ai lavori. Fra poco saranno più gli editori dei lettori, ormai soltanto una capocchia di spillo. In un estremo tentativo di salvare baracca e burattini, si trasformeranno in lettori per l’occasione e prenderanno a leggersi a vicenda, l’uno le pubblicazioni dell’altro. È bene comunque continuare a crederci, perché gli spilli pungolano e sanno essere più che fastidiosi, se lo desiderano. Gli addetti ai lavori un po’ mi spaventano. Non quelli che lo fanno sul serio, verso i quali nutro profonda ammirazione, ma quelli che lo fanno credere sul serio. Autori convinti che il mondo dell’editoria ce l’abbia con loro perché invidioso di un talento mai visto prima, e che quindi faccia di tutto per non vederli emergere. Sono pericolosissimi soprattutto per la propria salute mentale e prospettiva di serenità che non raggiungeranno, ma anche per chi si ritrova ad averceli amici, conoscenti e parenti. Per pietà s’indebita per fargli credere che il loro ultimo libro sarà il regalo di Natale più gettonato, e li riempie di elogi nonostante di quella merda non sia riuscito ad andare oltre le 4 pagine. Agenzie letterarie che dopo aver spillato dai 150 ai 300 euro all’autore giustificandoli tassa di lettura per l’opera eccelsa di cui sopra, gliene spillano altri 800 barra 1500 perché l’opera, che son certe di poter piazzare presso un “buon editore”, necessita di aggiustamenti e revisioni. Lo stile c’è, la storia pure, ma bisogna rivederla qua e là e questo “qua e là” si paga caro e salato. Il buon editore lo trovano davvero, buono sì, a impolpettare l’autore con la favola a lieto fine della pubblicazione, con un ma. Il mercato è quello che è – non roviniamoci il week end col report Istat sulla lettura dei libri in Italia -, non si leggono neanche più i foglietti illustrativi dei medicinali, figuriamoci i romanzi e figuriamoci il tuo che è stupendo – mai letto niente di simile, credimi! – però il nome sconosciuto il più delle volte non permette neanche il recupero delle spese e allora ti chiediamo di contribuire con un paio di mila euro giusto per la stampa che poi alla distribuzione ci pensiamo noi. Sì, alla distribuzione a casa tua. Arriverà il camioncino di Bartolini che ti vomiterà davanti al portone 300 barra 500 copie realizzate da schifo che io non vorrei neanche regalate, ma tu le devi vendere se vuoi recuperare parte di quel paio di mila euro che hai donato al buon editore senza aver ancora ben chiaro il perché.
Non ci sono mica solo questi qui, per carità. Ce ne son tanti di bravi editori – parlo sempre degli sconosciuti eh! – che selezionano con cura gli autori, quei pochi li pubblicano coi loro soldi e li fanno girare come possono, però faticano ad andare avanti. La loro voce è schiacciata da un lato dai colossi editoriali – che mondo meraviglioso! -, dall’altro dalle urla degli stampatori assatanati che passerebbero sul cadavere della madre pur di pubblicare un pollo in più, poi se vende chissenefrega tanto il guadagno è assicurato alla firma del contratto. Torino in questi giorni sarà il gigantesco barattolo dentro cui tutte queste variopinte forme di vita se ne staranno ammassate indistintamente ognuna con obiettivi chiari. Quelli che da questa fiera torneranno carichi di pippi sonanti saranno (mavà!) i big dell’editoria coi loro megastand affollati dal primo all’ultimo minuto, incontri delicati, accordi raggiunti e contratti firmati. La gente dimostra di non saper cogliere le poche, ma importanti opportunità che offre un evento del genere, accalcandosi per riempirsi le tasche di volumi che trova tutti i giorni nelle librerie, quando potrebbe mettersi a caccia di libri difficili da trovare, pubblicati da editori poco distribuiti che però vale la pena leggere più di ‘Nessuno si salva da solo’ che è primo in classifica per dire, e che ci manca poco al supermercato ce lo infilino in busta a tradimento. Il risultato sta negli sguardi dei volenterosi accaldati, dietro piccoli stand colorati, che guardano un punto indefinito all’orizzonte implorando con gli occhi la signora con l’orecchino di perla di fermarsi a dare un’occhiata al proprio catalogo. Quella l’occhiata la dà, ma accelera verso lo stand di Mondadori.
Domani parto anch’io, non per Torino, non è ancora l’anno giusto – dita incrociate sempre e comunque, in questi mesi di più! – ma per Firenze.
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