Ciao, domani parto per Trento e allora volevo salutarti.
Vado dai miei comparini sposi Fra e Anto, che non vedono l’ora di ritrovarsi per casa un simpatico gorilla impacciato che non sa nemmeno tagliare due pomodori. Ma c’è da aggiungere: sorridente e con un bel paio di occhialoni nuovi molto trendy/radical chic/mariobiondeschi.
Io sono una specie di gigantesco (comunque magro) cellulare old style, di quelli che scrivevano i messaggi e telefonavano, punto. Sono queste le mie funzioni primarie: scrivere e parlare. A un solo neurone non si può davvero chiedere di più.
Solo che si è scaricata la batteria. Quando si scarica la batteria io mi spengo. Proprio così: OFF. Non è che cerco altrove energie, stimoli, no. Mi spengo finché non mi ricarico.
Fra e Anto sono capaci di ricaricarmi, come pure tutti i miei amici forti. Quelli della vita. Le risate che mi faccio con loro sono corrente elettrica che restituisce agli occhi la luce dell’ottimismo per affrontare tutto.
Manca un mese alla consegna della tesi in segreteria e io non ho nessuna speranza di fare in tempo conto di farcela.
Sono molto indietro, ma dalla mia vanto una comprovata esperienza pluriennale fatta di recuperi miracolosi e storiche vittorie al fotofinish.
Avere intorno loro due che mi chiudono in una stanza a scrivere, poi mi interrogano, controllano e mi insultano sono sicuro che risulterà la discriminante vincente.
Capisci perché devo assolutamente lasciare per un po’ questa città così […]? *(Leggi in fondo!)
Nonostante le otto ore e i centoundici cambi (come i quintali che pesava Tiziano Ferro) l’idea del viaggio mi crea meno ansia del solito. Trenitalia ha tolto tutte le promozioni, ritenendo forse che io potessi permettermi un Freccia diretto Roma-Trento a 100 euro. (Mavammoriammaz…)
Lo sanno tutti che io sono uno scrittore stimato, ne consegue che ricco. Non è quello il problema.
Ho optato per il classico intramontabile (in quanto non finisce mai) viaggio della speranza perché fin da bambino amo viaggiare in treno: il paesaggio che scorre sul finestrino, la puzza che scorre nel vagone, le formiche che scorrono nelle gambe indolenzite e le ore che non scorrono che è una bellezza.
Tempus fugit, mi ha scritto oggi il Relatore. Giusto perché sono una persona molto camomillica.
No, su di me l’ansia non attecchisce proprio.
(Mal che vada faccio una rapina, e sparisco dalla circolazione su un volo per una località tropicale. Ho già preparato due prove di carta d’identità falsa.)
Il motivo per cui il viaggio mi preoccupa poco poco, diciamo un cicinin, è che per la prima volta riuscirò a leggere il binario sui tabelloni luminosi che annunciano gli arrivi e le partenze in stazione. Non dovrò tirare a indovinare il numero come faccio sempre, perché io ora vedo!
Potrò affrontare la stazione di Bologna con un’arma in più: gli occhialoni. (Come non mi raccapezzo nella stazione di Bologna, neanche dentro il labirinto giapponese di Gardaland.)**
Dopo aver evitato all’ultimo, con una sterzata di reni e volante, un vecchio al quale, a esser giusti, non tocca molto altro tempo da vivere, mi sono reso conto che stavo diventando un pericolo per gli altri. O un eroe, a seconda dei punti di vista. Melinda Gordon aiuta i fantasmi a trovare la pace e a entrare nella luce (Clic), io aiuto i vecchi a raggiungere l’oltre(tomba), do loro la spintarella che serve al pauroso per lanciarsi dal trampolino: me li ficco sotto con la macchina.
La vista negli ultimi due anni si è inspiegabilmente suicidata in un crepaccio costringendomi ad andare dall’oculista, personcina molto delicata:
– Continui a non fare uso degli occhiali e fra cinque anni, se vorrà fare una passeggiata, dovrà farsi accompagnare da un cane guida per ciechi.
Ho passato tre ore circa all’interno del mio negozio di ottica preferito. Non credo che si possa dire lo stesso di me, come cliente.
Ho preteso di provare tutti i modelli presenti. E quando dico tutti intendo pure quelli da donna, da bimbo, da Malgioglio. Tutti, in virtù della possibilità che quel che cerchi possa annidarsi proprio dove non te lo aspetti.
Il picco massimo di disperazione l’ho toccato allo scadere della seconda ora, quando ho chiesto alla commessa col grembiule bianco se per favore poteva farmi provare pure i suoi. Mi ha riso in faccia e io sono scoppiato a piangere urlando:
– La prego! – e lei ha capito che non c’era da scherzare.
Quando esausta mi ha allungato sospirando quelli che vedete in foto, io ho esclamato:
– Eccoli! – e uno stupore silenziosissimo si è impadronito del negozio.
Il dottore anziano dietro il bancone non si azzardava nemmeno a respirare, la commessa sbatteva le ciglia e si mordeva il labbro, ma non un filino di voce.
Io mi scrutavo allo specchio da diverse angolazioni.
– Li prendo! – e un’esplosione di tappi di champagne e coriandoli (ma dove li tenevano?) ha fatto da apripista alla mia uscita di scena, e i poveri lavoranti hanno finalmente potuto cibarsi per non morire di stenti.
Sì, questa è la grande novità degli ultimi diciotto mesi: gli occhialoni. Vita all’insegna dell’avventura, eh?!
Spero che tu non sia (s)venuta/o alla vista della mia foto dall’alto contenuto erotico. Anzi, se ce la fai e te la senti, mi dici gentilmente cosa ne pensi e/o quanto mi donano da 10 a 10? Grazie!
Ti lascio le ultime tre interviste che ho fatto per SoloLibri.net e che per mia patologica pigrizia non avevo segnalato sul blog.
– Simona Sparaco autrice di “Nessuno sa di noi” (Giunti) finalista al Premio Strega e entrato proprio oggi nella cinquina dei finalisti della XIV edizione del Premio Roma per la sezione Narrativa Italiana. Clic
– Virginia de Winter, la misteriosa autrice della fortunatissima saga fantasy “Black Friars” (Fazi). L’intervista è partita come una sfida a chi riusciva a essere più demente, io con le domande e lei con le risposte. Credo che abbia vinto lei (non ho mai riso tanto). Questa è anche l’intervista dei record grazie all’orda meravigliosa di lettori adoranti che la venerano. Clic
– Paola Zannoner, 0ltre venti romanzi pubblicati per Mondadori, De Agostini, Fanucci e Giunti. E’ tornata in libreria a maggio con i primi due titoli di una nuova collana Giunti junior, “La banda delle ragazzine”. Ci parla della sua idea di letteratura per ragazzi, lettori veri che non li puoi tanto fregare, e di quanto sia importante oggi “soffermarsi, vedere e valorizzare le cose belle, il lato positivo, la gioia di sentimenti e relazioni che ci permettono di superare le difficoltà della vita”. Clic
A presto, speriamo col sole!
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*Puoi sostituire ai puntini un aggettivo a caso che renda l’idea di depressione mista a sconforto misto a solitudine mista a tentato suicidio.
** Silvia mi segnala un video musicale molto rappresentativo di cosa mi aspetterà domani alla stazione di Bologna. Clic
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