Per la celeberrima serie: Gli spassionati consigli di Matteo Grimaldi, va in onda il primo episodio del 2012: Compratevi un Kindle proprio mo’!
Voglio parlarvene da una settimana. Oggi me lo sarò ripetuto 1001 volte.
“Matteo, devi scriverci un post!” “Lo farò, stai calmo eh!” mi rispondevo, senza neppure aver bisogno di uno specchio, in un continuo conflitto fra il me che dimentica e il me che ricorda. Sono tornato a casa proprio con questo buon proposito, sopravvissuto a ore di sorrisi da paralisi facciale speranzosi di ottenere cose, in una domenica in cui pure i gatti dormono. Il mio buono stato di salute serale è un particolare affatto scontato, che non riflette le reali sensazioni di morte per accoltellamento da cazzate acuminate, provate ora dopo ora. Un bombardamento di stancanti inutilità, a cominciare dal lavoro, per finire pure al centro commerciale, delle quali me ne fregava tanto quanto Maria De Filippi potrebbe sentirsi eccitata in un talk show dal tema scottante La femminilità oggi.
Finalmente a casa, ho affrontato con la dovuta cautela l’esperimento culinario di Madre. Lei sa bene che ho scelto la strada della dieta dissociata come rimedio all’ingolfamento natalizio. Consiste in un pasto in semi-digiuno e l’altro che compensa con un’abboffata vergognosa. Di solito funziona e nel giro di qualche settimana mi sgonfio. Madre dice che sto ottenendo ottimi risultati.
“Ti si sta dissociando il cervello a vista d’occhio!”
Oggi insalatina per pranzo e a cena 4 involtini preceduti da un aperitivo ipercalorico. E che involtini! Ogni volta che Madre incappa nella nuova pubblicità della Philadelphia, dice ad alta voce: “Domani li faccio!”. Uno spera sempre che quel domani non arrivi mai, e invece è arrivato ed è diventato l’oggi. L’unico problema è che le sfuggiva qualche dettaglio su come bisognasse tagliare le zucchine, e sulla salvia, se andasse all’interno oppure sulla superficie e in quale quantità. La pubblicità non è più passata. Alla fine ha dovuto fare di testa sua, dopo aver maledetto più volte la tivvù che parla e straparla sempre, tranne quando dovrebbe (perché interessa a lei). Ma, si sa, a Madre non manca certo la fantasia e a me lo spirito di adattamento, né quello di sopravvivenza. Gli involtini con Philadelphia, anche detti alla Madre maniera, mi aspettavano cadaveri nel piatto, cotti e mangiati (citazione dotta).
“Come hai risolto poi con le zucchine?” domando fissando la cremina verdognola su cui stanno adagiati 4 rotoli di carne infilzati da uno stuzzicadenti. A prima vista mi paiono… sì, insomma, amputati! Ci siamo capiti. La signora Bobbitt ci sarebbe andata a nozze.
“Le ho tagliate a cubi, solo che forse dovevo farli poco poco più piccoli.”
Proprio in quell’istante avverto un brivido al palato. Un pezzo di zucchina duro e gelido s’incastra nel dente del giudizio destro dell’arcata superiore. Cerco di mandare la lingua in fondo, nel tentativo di rimuovere il blocco d’ortaggio. Madre interpreta la mia espressione fra il concentrato e l’atterrito. Pensa che le voglia dire con gli occhi che i suoi involtini fanno schifo, che non abbia il coraggio di farlo con le parole. Invece sto solo tentando di staccare dal dente quella stalagmite verde dalla quale irradiano brividi inarrestabili che mi percorrono il corpo provocandomi delle micro-convulsioni ravvicinate.
“Non sputare nel piatto, per favore! È una cosa che odio.”
“No voio spuare…” questa maledetta zucchina glaciale mi sta uccidendo e non riesco neanche a parlare.
“E comunque non l’ho ideata io la ricetta, e lo sai.” Prepara la sua auto-difesa.
“No, ma infatti. Però forse ueste zucchi… si sarebbero otte mejo se e aessi taiate iù iccoe!”
Senza far storie ingoio tutti i pezzi di zucchine contenuti nei 4 involtini di pollo e ripulisco il piatto asciugando la cremina con una fetta di pane. Madre sa bene che le zucchine non andavano tagliate così, però deve dire qualcosa che la scagioni completamente dall’ennesimo fallimento ai fornelli.
“Strano che Rosanna non abbia scelto questi involtini alla Philadelphia con zucchine, fra le sue ricette consigliate. Si vede che sapeva benissimo che non sarebbero stati ‘sto gran che.”
Parla della Lambertucci e del suo magazine Più sani Più belli col ricettario Mangiare Benissimo del quale si è fatta mettere da parte dall’edicolante tutti i numeri. La chiama solo per nome. Ormai sono diventate amiche.
“Mamma, anche avesse voluto, penso che non avrebbe potuto fare pubblicità a Philadelphia!”
“E perché? Di pubblicità ne fanno tante!”
“Sì, ma sono pagati per parlar bene di questo e di quello, mica lo fanno per dare consigli a te e agli spettatori, perché gli state simpatici!”
“Beh, si faccia pagare da Philadelphia!” È tutto così semplice per lei. “Senti, ti sono piaciuti i miei involtini?” sbotta decisa.
Al mio tentennante: “Sì…” socchiude gli occhi sospettosa e allora mi correggo: “So, cioè… ni… insomma non erano male però…”
Madre: “Facevano schifo. Schifo, schifo. Non comprerò mai più una scatoletta di Philadelphia in vita mia”. A qualcuno o qualcosa doveva pur darla la colpa!
Per agevolare la digestione mi sono buttato con tuffo a bomba sul letto, pronto a scrivervi del Kindle. Poi mi è tornata in mente Becky Bloomwood e sono tornato alle pagine (virtuali) di ‘I love shopping con mia sorella’, il quarto episodio della serie. L’ho pagato 3.99 euro sul Kindle Store di Amazon.it assieme ad altri 16 libri presi in 6 giorni, per un totale di 21.86 euro, più di 2 euro in meno del prezzo di copertina dell’ultimo romanzo di Stephen King ‘22/11/63’ (23.90 euro), tanto per fare un esempio. Vorrei leggerlo, perché tutti ne parlano e ne scrivono bene. Pare che il Re sia tornato all’antico splendore narrativo. Pure Licia Troisi me l’ha consigliato su Twitter. Lo prenderò non appena uscirà la versione digitale. Insomma, il Kindle è bello e ve ne parlerò, così, per dare un senso di chiusura e completezza al post.
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