Ieri è stata una giornata NO di quelle che un pianto all’una di notte ci sta bene come la Nutella su una doppia crema catalana caramellata. Madre ha subìto un incidente a bordo della mia automobile. La cosa non l’ha minimamente turbata. Come poteva essere altrimenti? Lei è inossidabile, indistruttibile, ignifuga, dura come il diamante e, da quando frequenta la comunità di recupero dell’acquagym, è diventata pure impermeabile e inaffondabile come il Titanic. Ehm.
La mia automobile è una Chevrolet Matiz acquistata 6 anni fa e della quale devo ancora pagare metà del suo (di allora) valore commerciale (adesso vale meno di un pacchetto di patatine Puff, ma quanto vale adesso non conta) in comode rate mensili di euro 190 che si esauriranno il primo luglio 2013. Aaahhh! Dolore!
L’autrice del tamponamento è un’ottantenne con gli spilloni in testa, a bordo di uno scassacatorcio degli anni 20 che, in retromarcia dal suo parcheggio tombale, non si è accorta dell’arrivo di Madre e così l’ha presa in pieno. Il culo dello scassacatorcio, dopo aver sfondato lo sportello della mia Matiz, si è accomodato sul sedile del passeggero.
Madre sta benissimo. Lo stesso non si può dire dell’automobile, se ancora vogliamo chiamarla così, e della ottantenne pilota, che forse non stava tanto bene neppure prima. Lo dimostrano le parole proferite immediatamente dopo la botta: “Signora, ma lei da dove arriva?”
“Dal cielo, come la Madonna! Sono apparsa all’improvviso dietro di lei.”
Ne consegue che oggi, giorno di riposo settimanale chiesto mesi fa per poter passare la giornata in compagnia della Sara, della Francesca e della Rachele a firmare copie e fare il figo allo stand Camelozampa, che espone a Più libri più liberi di Roma, l’ho passato invece a L’Aquila a fare i giri fra le assicurazioni e il mio meccanico di fiducia in compagnia di Madre. Capite che fra le 2 opzioni non c’è solo qualche differenza. È come trovarsi in paradiso, quando all’improvviso un buco nero ti risucchia e ti sputa in una dimensione terrificante, fatta di dolcissime urla materne, per poi scoprire che il meccanico ha fatto ponte, perdendo la mia fiducia, e allora bingo!
Aggiungiamo al piatto ricco il pizzico finale di demotivazione, causata ieri mattina dal nuovo crollo delle mie aspettative. Le braccia, al cospetto di certe risposte, si scusano, ma proprio non ce la fanno; si staccano dalle spalle, piombano a terra e rotolano nella fogna più vicina. La crema catalana caramellata non ce l’avevo, la Nutella neppure, così mi sono sfogato con un bel pianto che va di moda, soprattutto nelle alte sfere. A differenza della nostra ministra, l’ho fatto non perché non riuscissi a pronunciare la parola sacrificio, ma perché piangere fa bene alla salute. Lo dice il professor William Frey in un’intervista all’Indipendent.
Penso che ci sentiamo meglio dopo aver pianto perché ci siamo liberati di qualcosa. Le sostanze chimiche che sono prodotte quando siamo sotto stress, probabilmente sono rimosse attraverso le nostre lacrime quando noi piangiamo. La capacità dell’uomo di piangere gli permette di sopravvivere.
Il professore pensa che le lacrime siano necessarie. Senza, non potremmo espellere totalmente lo stress incamerato e ciò farebbe aumentare il rischio d’infarto. Col pianto notturno devo essere riuscito a buttar fuori quasi tutte le energie negative, al punto che stamane la giornata è iniziata con la bella notizia che noi tutti aspettavamo. Il ristorante tipico ha sganciato il money, spiccioli di rame compresi. Il bonifico di euro 419 e 20 centesimi risulta sul mio conto corrente online. Tiro un bel sospiro di sollievo e telefono al mio amico Leoluca per informarlo che non c’è più bisogno di fare quelle azioni lì delle quali avevamo parlato, giusto per far capire al ristoratore che mica passiamo il tempo a spogliare i manichini.
Voi avete qualche rimedio quando l’umore va giù e non ce la fate più? (Guarda che non esiste solo lei, devi muoverti un po’ ooo-ooo…)
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