Ma che splendido buongiorno!
Ieri notte ho deciso di dormire in casa. Era troppo tardi per andare in casetta di legno e, coi miei felpatissimi passi, svegliare mia madre e mio padre lasciandoli in preda al panico. Non crediate che sia per via della stazza, ché io son alto, sì, ma magro e posso provarlo (più in là magari). È che quando cammini sul parquet, che non è proprio fissatissimo, altro che effetto terremoto! Allora, con mia madre psicologicamente giunta al punto di non ritorno da sei mesi, ho pensato di tornare a provare l’ebbrezza di un letto vero.
Mi sono svegliato che tremavo tutto. Ecco il solito incubo sul terremoto, penso. Di tanto in tanto mi capita di sognare di trovarmi in trappola, o in una stanza in cui cominciano a sgretolarsi le pareti, o Marisa Laurito che fa la mossa (varie forme di sisma, insomma). Però, se apri gli occhi e l’armadio balla la samba, non è un incubo. Sono scattato dal letto e sono caduto a terra. È durato pochi istanti, ma andando avanti così son certo che troverò l’eterna pace dei sensi prima dei quarant’anni.
Vostra maestà, sua magnificenza e ombrosa piacevolezza, gigantevolmente immenso Barack Obama and friends ha lasciato L’Aquila. A questo punto due sono le cose (sono sempre due di solito). O questi sono talmente potenti che condizionano pure Madre Natura, oppure hanno semplicemente avuto un grandissimo culo sfondato beccando gli unici tre giorni in cui la terra non ha fatto neanche una scureggina da neonato. Mio padre ha riportato la macchina davanti casa e nessuno gli ha sparato quindi, nonostante nel cielo volino ancora gli elicotteri (quando ve ne andrete mi mancherete assai, miei rumorosi amici), suppongo che le misure di sicurezza siano cessate anche perché – voglio dire – se non c’è più nessuno, cosa stanno a proteggere, il deserto?!
Questo vuol dire che comincerò prestissimo a riappropriarmi di un raggio d’azione che non sia quello di chi ha scippato la pensione (433 euro) a un vecchio zoppo con la cataratta e poi ha patteggiato ottenendo la libertà vigilata. A proposito, avete sentito? Hanno arrestato il tipo che passava le sue serate a violentare le ragazze nei garage dei palazzoni romani. Non che si fosse sforzato poi tanto per farsi inafferrabile, visto che reiterava le violenze sempre nelle stesse zone. L’hanno preso, pensate un po’, al lavoro. Chi avrebbe mai immaginato che potesse trovarsi proprio nella stanza dove tutti i giorni, dalle otto di mattina alle cinque del pomeriggio, timbrava scartoffie e, quando nessuno lo osservava, metteva a scaricare i filmini porno su eMule? Neanche la signora di giallo vestita, Jessica Fletcher, l’avrebbe cercato lì. Sono proprio orgoglioso dei nostri detective, altro che Distretto di Polizia 6!
Ieri è stato un sabato moribondo. Sarà il caldo. Sarà che neanche mi ero reso conto che fosse sabato. (Quanto arriva sempre più in fretta il week end, eh?! C’avete fatto caso? Non è che mi risveglio dopo domani ed è la festa del mio settantaduesimo compleanno?) Sarà che qua i giorni sono tutti uguali. E sarà pure che il sabato non ha più il sapore di una volta, quando lo aspettavamo per andare a cena tutti insieme, dopo una settimana che vuoi per lo studio, vuoi per il lavoro, non eravamo riusciti a vederci. Il sabato era il giorno della cena fuori. Dopo anni di studi e sondaggi e statistiche sul servizio e sulla prelibatezza della pasta della pizza o delle patatine, tempi di attesa, cordialità del personale e non ultimo, lo stato dei cessi (dati raccolti nel novantatre per cento delle pizzerie aquilane) avevamo eletto Passaparola regina incontrastata. Al tale risultato ha certamente contribuito il poter beneficiare di alcune gigantesche sviste, tipo la volta che abbiamo pagato 9 euro a testa e avevamo mangiato l’inenarrabile, compresa la crema catalana flambè con nutella, che solo quella son tre euro e cinquanta e trentacinquemila calorie.
Fino a un paio d’anni fa cambiava eccome se era mercoledì o giovedì o venerdì. Perché il venerdì annunciava il sabato. I venerdì di adesso non annunciano niente. I miei amici sono lontani, Passaparola è diventato un tendone bianco e il sabato è uguale alla domenica ed è uguale a ogni giorno fino al sabato successivo, che non cambia comunque. Quindi mi correggo. Non è stato (solo) un sabato un po’ moribondo, è proprio il periodo e il luogo. L’umore non è che possa schizzare alle stelle se ci sono le sbarre di una gabbia tutto intorno a impedirglielo, no?!
Alt!
Cos’è questa storia delle gabbie e delle stelle irraggiungibili? Oddio sta tornando a galla l’emo che è in me! Devo fermarlo prima che sia troppo tardi. Vade retro Satanasso! Io sono un tipo allegro e (quasi) sempre YEAH, vai a torturare quella depressa cosmica di Asia Argento, piuttosto!
E allora questa settimana, tanto per farvi un po’ tremare dalla paura (tremo io con le scosse, ora tremate pure voi, oookkkeeeiii?) ho intervistato la nostra (nel senso di italiana) scrittrice horror che tanti sonni ha turbato con le sue storie inquietanti. Buona domenica e buone 4 chiacchiere (contate) con… Simonetta Santamaria. Guardatevi sempre le spalle, mi raccomando!
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