I laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare si trovano a circa 1000 metri di profondità sotto il massiccio del Gran Sasso, proprio dentro il traforo.
“Ora entriamo nella galleria più lunga d’Europa” mi diceva mia madre, in viaggio verso il mare. Quel buco nero, nel quale eravamo pronti a tuffarci, mi metteva sempre un po’ d’ansia mista all’eccitazione dell’ignoto. Mi vergognavo di domandarle com’era possibile che una galleria fosse più lunga di un intero continente, così restavo a guardare dal finestrino le luci gialle e la nebbia (per me di nebbia si trattava) di un’atmosfera che non finiva mai. Facevo il conto alla rovescia assieme ai cartelli, che indicavano un chilometro in meno a ogni chilometro, ed era vero che era lunghissima. Io l’Europa non l’avevo certo attraversata, quindi era possibile che fosse davvero così, se poi a dirlo era mia madre… Quando ho cominciato a ragionare (dote che alla veneranda età di trent’anni ammetto di dover ancora affinare parecchio) ho capito che l’Europa non poteva essere meno lunga di 10 chilometri e 176 metri. Era questa la spiegazione che mi davo all’assenza di stati, province, città, quartieri e villette a schiera sotto la galleria, oltre alle condizioni, non certo le più favorevoli per una quotidianità salubre. Ci ripenso e mi sento scemo.
Ci hanno impiegato 25 anni a costruirla. Nel 1982 comincia la costruzione dei laboratori, voluta dal fisico Antonino Zichichi. Vi si accede attraverso uno svincolo sotterraneo. Ci butto sempre l’occhio. All’imbocco qualche cartello di pericolo di vietato l’ingresso ai non addetti, area video sorvegliata, se t’avvicini ti spariamo vari ed eventuali, avvertono chi ha brutte intenzioni e precedono un portellone grigio che sbarra il passaggio. Mi fa pensare all’Area51, nel sud del Nevada. Lo so che Giampaolo Giuliani ci prevede i terremoti e fanno gli esperimenti con le particelle non so di che, ma è come se ci fosse dell’altro. Come se, per il solo fatto di essere una zona off-limits, debba nascondere al suo interno esperimenti sui quali aleggia la massima segretezza, certamente su cavie umane, probabilmente sugli alieni. Oppure uno stargate che attiveranno da un momento all’altro. Chi di dovere potrà così mettersi in contatto con Cheope per chiedergli chi cavolo ha costruito la sua meravigliosa tomba, che non ci crede nessuno che sono stati gli schiavi Egizi.
Chissà cosa ci fanno lì dentro, è la domanda che mi pongo in quei 2 o 3 secondi che sfreccio sempre un po’ sopra il limite di velocità. Ebbene, da qualche settimana abbiamo scoperto che all’interno dei laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare del Gran Sasso fanno gli arbitri, con cronometro alla mano, alla maratona che potrebbe diventare la più importante della storia della Fisica. Una corsa fra 2 squadre: in divisa giallo oro i fotoni campioni in carica, detentori del record di velocità universale di 300mila km/s, in divisa trasparente i piccoli e insignificanti neutrini, che non se li è cacati mai nessuno. Come succede nelle favole, in cui la tartaruga vince sulla lepre, i neutrini stracciano i fotoni, tanto perché quando qualcosa è impossibile c’è poco da fare, dicevo nel post di ieri. E invece TAC, arriva la smentita. Noi comuni mortali ce ne stiamo a guardare con la bocca spalancata fingendo sorpresa, quando in realtà non c’abbiamo capito una ceppa perché alle superiori avevamo il 3 fisso in Fisica.
A tal proposito vi voglio segnalare il blog di Licia Troisi, che oltre ad essere la regina del fantasy italiano (per quanto molti storcano il naso) è pure un’astrofisica. In questo articolo in particolare spiega la scoperta dei neutrini più veloci della luce con un linguaggio praticabile pure da noi col 3 fisso in Fisica, e la questione si fa davvero avvincente.
[Quando ripasserò davanti ai laboratori di certo mi verrà da sorridere al pensiero che ‘sta città è proprio strana.]
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