• L’ora in più, pensata per arrivare puntuale a lavoro, in una tale situazione d’emergenza neve/ghiaccio, è bastata per un pelino. Ho impiegato quasi mezz’ora per percorrere i 5 chilometri che separano Villa Madre dal centro abitato. In quel tratto, la strada neanche si vede più, eppure ci sono centinaia di alloggi, MAP e casette, e c’è anche la nuova Casa dello Studente dove i ragazzi studiano e abitano. Nonostante questo nessuno ha pensato di liberare decentemente il fondo stradale dal ghiaccio. Al posto della strada si può ammirare una distesa irregolare appiattita dalle automobili dei disperati come me e indurita dalle temperature, sotto allo zero da una settimana. Ieri notte ha ripreso a nevicare, non vedevo più niente, la macchina andava molto per conto suo e io ho pensato e detto ad alta voce: Gesù e Madonnina, io lascio i comandi; riportatemi a casa voi! Loro, che sono buoni di cuore, l’hanno fatto. Fra poco riparto, stesso orario, stesso cielo, stesso gelo.
    Mi domando cosa ci facciano tanti mezzi spazzaneve a spasso per la fetta di città liberata. Ne ho contati 4 nel giro di 3 chilometri, tutti con la pala sollevata. Perché non si spostano nella immediata periferia, almeno danno un senso alla benzina che consumano? O forse gli abitanti delle frazioni appartengono a una razza debole, che va lasciata a se stessa, in virtù di una selezione naturale che si rifà ai comandamenti del Nazismo? A ‘sto punto sterilizzateci, così almeno non potremo più riprodurci e riprodurre il nostro male, o eliminateci direttamente, ma non lasciateci morire di stenti; siete dei mostri e non soltanto dentro. Se i Nazisti se la prendevano con gli Ebrei per giustificare tutti i mali del Paese, il Comune dell’Aquila se la prende con le periferie sociali, ma noi non molliamo. Perché sto parlando al plurale? Sono stato contagiato da una otelmite fulminante o mi sto auto-nominando Imperatore del Comitato degli Abitanti della Periferia Sepolta, altresì detto ICAPS, che potrebbe anche stare per Italiano CAPisci, Sindaco? Evidentemente no.
    La novità del giorno è l’incendio di stamattina divampato su Viale Corrado IV in una casa in ristrutturazione, mi sembra giusto. Per un palazzo che qualcuno sta ristrutturando, mettiamogli fuoco! Mica possiamo far vedere che è stato ricostruito qualcosa. Se no, che figura ci facciamo con gli altri candidati al prossimo Provolone di Striscia la Notizia?
    Insomma, non ci facciamo mancare niente. Noi i 4 elementi della Filosofia antica li vogliamo tutti. Dopo il terremoto che è la Terra, la nevicata di un metro che rappresenta l’Aria, l’incendio del 9 agosto del 2007, in cui è andata a fuoco mezza montagna di San Giuliano, dove ho passato tutta la mia adolescenza, unito all’incendio di stamattina, direi che basta a richiamare il dio Fuoco. Ora, non vorrei portare sfiga, ma mancherebbe l’Acqua, anzi no. Ricordiamoci l’alluvione del dicembre 2010, quando il Comune dell’Aquila ha chiesto lo stato di emergenza e calamità naturale, case evacuate a Coppito in seguito ad alcune frane e smottamenti. Per l’esondazione del fiume Aterno,  200 persone nella zona tra San Vittorino e Cansatessa non sapevano dove passare la notte.
    Direi che ci siamo; qua a L’Aquila a disastri naturali abbiamo dato, che dite?

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  • Dopo una settimana aquilana di cielo grigio/bianco senza luce, stamattina ho intravisto un paio di raggi di sole. È vana speranza ipotizzare che questi abbiano potuto sciogliere il ghiaccio che ricopre il manto stradale, di fronte al quale le macchine spazzaneve alzano la pala arancione in segno di venerazione, però è comunque qualcosa. Ieri il madre-marito, alla guida della piccola Matiz, è scivolato per chilometri senza controllo sulla statale, fino ad arrestarsi, per puro caso, nel parcheggio di un supermercato, come Schettino che cade proprio nella scialuppa di salvataggio. Grazie alla sua fortunosa manovra, il frigorifero di Villa Madre è tornato a sembrare quello di una cucina abitata. Per cena abbiamo mangiato pizza margherita fatta in Villa, nel senso che Madre ha steso, con le sue mani di fata Madrina, la pasta comprata, già pronta e pre-lievitata, nel testo; l’ha sommersa di pomodori; a cottura completata ci ha buttato su, a casaccio, 3 mozzarelle tagliate in pezzi irregolari, e l’ha infornata ancora poco poco per far sciogliere la mozzarella.
    Ingredienti:
    – Pasta pronta.
    – Pomodori in quantità industriale.
    – Mozzarelle a piacere, ma anche vecchie croste di formaggio, per dare alla vostra pizza un sapore più stagionato.
    – Una teglia.
    – Un forno.
    – Energia elettrica, che in questi giorni di tempeste nevose è tutt’altro che scontata.
    Sembra facile, ma non lo è per niente. Madre ha dovuto faticare moltissimo per trovare la formula perfetta. Per capire che 1200 grammi di pasta pronta sono un po’ tantini, a meno che non si disponga di un testo di 2 metri per 3, ci ha impiegato molti mesi e molti chili di pizza finiti nella spazzatura. Il risultato finale era ogni volta un parallelepipedo di pasta colorata alto 15 centimetri, carbonizzato all’esterno e crudo all’interno, vallo a capire il perché! Se il ciclope Polifemo fosse ancora fra noi, gli regalerei per il compleanno un intero testo di ex-pizza di Madre; potrebbe usarla come spugna da doccia, morbida e delicata dentro, ruvida fuori per i depositi della pelle.
    Un paio di volte l’ho anche mandata giù, per farle piacere: No, ma è buonissima! Si può mangiare tranquillamente! esclamavo ingozzandomi di questa massa cruda che si parcheggiava nel mio stomaco, indigeribile per giorni. La svolta è stata quando Madre, stremata dai continui e inspiegabili fallimenti, ha inviato il madre-marito dal fornaio, col testo. La consulenza dell’esperto ha stabilito che la giusta quantità, in relazione alla dimensione del madre-testo, è di 600 grammi, cioè la metà esatta di quanti si ostinava a piazzarcene lei. Da allora, la pizza fatta in Villa si rivela un grande successo di pubblico e critica. Tale si è confermata pure ieri sera, nonostante la cattiva compagnia del Grande Fratello, la cui conduttrice ormai mi ispira una tenerezza infinita. Mi domando perché, causa neve, non sospendono la messa in onda di certi programmi e invece chiudono quasi tutti gli ambulatori dell’Ospedale San Salvatore dell’Aquila fino al 9 febbraio, e io ci avrei una visita domani che è 8. Già l’avevo rimandata causa virus intestinale, ora me la rimandano causa neve… mi sa che questa visita non s’ha da fare.
    Fra poco dovrò mettere il piede fuori da Villa Madre. L’ospedale chiude fino al 9, le scuole fino al 13, gli uffici pubblici riapriranno a primavera; peccato che io non operi in nessuno dei suddetti settori, quindi sarò costretto a sfidare la strada. Se entro la mattinata di domani non avrete notizie di me, vi prego di preoccuparvi e segnalare la mia scomparsa all’autorità competente: Federica Sciarelli. Cercatemi, perché il mio non sarà un allontanamento volontario. Perlustrate i parcheggi dei supermercati aquilani, dei negozi di caramelle e cioccolate, quelli dei pub che vendono birra e super-alcolici. Date un’occhiata pure alle scialuppe di salvataggio, che con questo ghiaccio non si sa mai.
    Oggi festeggiano gli anni Vasco Rossi che spegne 60 candeline, e meno male che non abito a Zocca e Charles Dickens che, se non si fosse spento lui stesso, ne avrebbe spente 200. Google fra i 2 sceglie Charles e gli dedica il logo di oggi. Fossi in Vasco mi arrabbierei a morte, cioè un po’ meno. Secondo me Google l’ha fatto solo perché lo sanno tutti che non bisogna far arrabbiare i morti, e quindi fanno arrabbiare il vivo, mica per altro. Chissà cosa ne pensa Charles di questo curioso accostamento fra lui e Vasco Rossi, e di chi su Twitter ha scritto (testuali parole): “VERGOGNIA GOOGLE! DV FARE IL DOODEL X VASCO NN X DICKENS! KI E DIKENS? NN L CONOSCE NESS1 STO CANTANTE KUì!”.

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  • Alla fine della giornata di venerdì, i centimetri di neve sono diventati 100. È una info ancora parziale, visto che stanotte ha ripreso, e tuttora sta nevicando. Alle elementari avete imparato tutti a fare le equivalenze e, se non lo avete fatto a 10 anni, voglio sperare che abbiate colmato la lacuna fra medie e superiori. Bene, siete quindi prontissimi all’esercizio alla lavagna a sorpresa obbligatorio! State bene attenti, vi leggo il testo ad alta voce: Trovate il valore di x che soddisfa la seguente equivalenza: 100 cm = X m. Vi do un aiutino, m sta per metri. Occhio a non mescolare unità di misura differenti, se no fate come l’alunno Manno Ale, che ha scambiato centimetri per quintali e ha fatto paralizzare Roma capoccia. Gli x metri aquilani sono stati misurati da me medesimo col metro da falegname. L’ho infilato in uno dei punti  d’ombra incontaminati del giardino di Villa Madre che, come ben sapete, è stato riconosciuto riserva naturale e annesso al Parco Nazionale d’Abruzzo. Ieri hanno avvistato un orso polare cibarsi del pregiato lauro della siepe che circonda e protegge Villa Madre dall’occhio indiscreto dei vicini. Madre ha deciso di dedicare quel che le resta da vivere  alla caccia del giardiniere latitante da 5 anni. Fu lui, incaricato di arredare il giardino, a piantarci mica uno, ben 2 pini marittimi. Marittimi a L’Aquila! L’orso ha sradicato il primo e la neve ha costretto il secondo ad arrendersi qualche istante prima di crollare a terra, schiacciato dal peso di una vita fuori luogo, nel senso letterale.
    Ieri ho spalato la neve dalle 10 alle 15 e non ho finito, Villa Madre è immensa! Mi dolgono tutte le parti del corpo, sì pure quella. Quando ho raggiunto e dissepolto la mia macchina, mi è scesa una lacrima di commozione. In quelle 5 ore mi ha fatto compagnia un interrogativo: Ma tutta questa gente che scia coi loro bambini, (proprio con gli sci eh!) sulla statale davanti casa mia, e mi indica dicendo: Guardate, un uomo spala-neve! mentre io perdo a mano a mano l’uso delle braccia, un cortile da ripulire non ce l’ha? E poi mi sono chiesto pure: Ma perché non inventano un raggio fotonico di quelli che premi il grilletto e si scioglie tutto in pochi secondi? Stamattina mi sono svegliato con 4 ettolitri di acido lattico distribuiti per la maggior parte fra spalla e braccio sinistro, ma pure un po’ nella bassa schiena. Ho aperto la finestra tutto dolente e mi sono messo a ridere. Nevica più di prima, tutto ricoperto, la mia fatica vanificata, e ho pensato: Ma sto su Scherzi a Parte?
    La situazione è molto critica. Madre ha mandato il madre-marito in missione forzata, per gli approvvigionamenti necessari per non morire di fame. Il più vicino mini-market si trova in cima alla salita che collega Villa Madre al paese. Quei pochi supermercati aperti sono stati svuotati. Si sono generate scene da carestia bellica. Prima è finito il pane, poi pure i crackers, le fette biscottate, il pancarrè, il pane morbido per i tramezzini et similia. Fra poco mangeremo il pollo accompagnandolo con i Batticuori al cioccolato del Mulino Bianco. Il latte, la carne, la frutta e la verdura non pervenuti. Il madre-marito ha dovuto litigare con una donna per 4 mele e 3 arance, poi rivelatesi così asciutte da dare la sensazione di masticare il polistirolo. La donna, alla vista del madre-marito che imbustava quel che poteva, ha così inveito: Senta, che si vuole prendere tutto lei? Il madre-marito ha dovuto lasciare una mela e un’arancia per il bene della comunità.
    Le autostrade sono chiuse e L’Aquila non ha altri collegamenti col resto del mondo, questo è. Alcuni comuni sono stati lasciati al loro triste destino. Per esempio da Roio fanno sapere che non è passato un solo spazzaneve e domandano al Signor Sindaco Cialente, che continua a invitare tutti, attraverso videomessaggi trasmessi da TV1, a restare in casa per i prossimi giorni, cosa mangeranno e come faranno per le medicine dei loro cari anziani, ma dall’alto nessun cenno. Anzi, se individuate il suo covo, che sembrerebbe trovarsi accanto a quello di Bin Laden, ditegli che molti lo stanno cercando, anche se ho l’impressione che lo sappia. L’ospedale garantisce i servizi, ma il personale è numericamente di molto inferiore al necessario, quindi da lì invitano la cittadinanza a chiamare il 118 solamente in situazioni di estrema emergenza. Come se uno chiamasse il pronto intervento quando si annoia, per passatempo.
    Madre, che a differenza di Schettino è un’ottima comandante di bordo, sa bene cosa fare. Come prevede la procedura d’allarme in questi casi, ha appena suonato la sirena 3 volte e fatto il doloroso comunicato: Io dichiaro l’abbandono di Villa Madre! E poi, rivolta alla torre di controllo, via radio: Torre di controllo, mi ricevete? Imbarchiamo neve da tutte le falle. Mayday, mayday!
    Sappiate che, quando avrà fatto uscire l’ultimo degli abitanti di Villa Madre, tartarughe acquatiche e Iker-cane compresi, sempre se non avremo fatto in brodo le prime e al forno il secondo, allora sì che potrà lasciarsi andare sulla madre-poltrona e aspettare che la neve la ricopra assieme alla sua Villa.

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  • Indietro c’è una città, davanti un’altra, letteralmente sepolta dalla neve. Un sentiero, che prima era una via intera di sampietrini. So di poterlo camminare soltanto in una direzione. È là che guardo, dove non distinguo i contorni per colpa della mia lieve miopia e per la lontananza; dove il bianco del cielo si confonde col bianco delle cime; dove stanno tutti i progetti, al freddo o al riparo dal freddo non so, associo la neve al calore; dove è cambiato poco, per quel che si vede da qui; dove non capisco se è finito tutto oppure è solo fermo, fermo fino a quando, perché io non lo vedo muoversi. Forse è meglio così, forse a primavera. Io continuo ad aspettarmi, ad aspettare me intendo. È da me che devo ripartire, non dal buco del passato che si allarga fino a ieri l’altro. Questa del passato è una grande balla, una scusa come un’altra per mollare. Sempre aggrappato a quel maledetto aprile che sta diventando uno scudo per non buttarmi, per non rischiare, per restare fermo, sul mio letto e non vivere. Non lo faccio per farmi dire: Dai amico, la vita è bella, la vita è lunga, la vita è una sorpresa continua, la vita ti sorprende quando meno te l’aspetti, la vita di qua e la vita di là, che son quelle cose che ti fanno sentire più sfigato di quanto già sei bravissimo a sentirti di tuo. Io le so tutte queste cose qui, è che devo riscoprirle. Manca un po’ di voglia e la voglia me la danno i giorni che funzionano. Quindi diciamo che mancano un po’ di giorni che funzionano.
    Certi giorni sono come una caduta libera dal 42esimo piano dell’abitudine, direttamente al piano terra, sul cemento dei bei ricordi, quando c’era. Dopo la botta mi rialzo, un po’ frastornato e mi guardo intorno. Vedo decine di persone fare l’aperitivo ai tavolinetti sotto i portici. Vorrei correre verso di loro, abbracciarli tutti. L’avrei fatto davvero se non fosse stato solo un miraggio, l’effetto di un salto bidimensionale. Abbraccerei pure voi che leggete, scrivete qui e sui vostri blog e siete lontanissimi; molti non vi ho neanche mai visti e un giorno organizziamo. Mi piacerebbe un sacco, allo stesso modo in cui non mi piacciono molto gli abbracci incorporei, solo virtuali e frettolosi pure. Quelli che: Un abbraccio e ciao, senza darlo veramente. Non mi piacciono, anche se io sono uno che lo scrive spesso, per esempio nei commenti: Un abbraccio, a qualcuno a cui lo darei. Non mi piacciono quelli di poche parole, quando dici: Non servono parole, un abbraccio! Come non servono parole, ma scherziamo?! Dipende dalle parole e da chi sei tu. Le parole di qualcuno non servono per davvero, neanche per concimare la terra, perché non si deteriorano mai. Restano lì, per 1000 anni e altri 1000 a tenere in vita la ferita. Le butterei nella raccolta indifferenziata, in un secchione pieno zeppo di altra roba, comincio a farlo. Comunque, se non servono parole, non serve neppure starlo a dire che non servono, tanto per lasciare un segno d’inchiostro che dimostri una presenza. Non me ne faccio niente, anzi m’infastidisce se è solo presenza, se non è altro, di più vero. Certe parole invece ricostruiscono un vaso frantumato. Certe parole trasportano sugli accenti e sui piccolissimi puntini sulle i una forza che nemmeno 100 elefanti. Certe parole illuminano più di una candela, più di un raggio di sole, più del sole intero, certe poche parole che non posso fermare, ora che tornano a parlarmi. Le sento e mi fanno sorridere, mi tirano le labbra e mi stringono gli occhi, come quando guardo indietro e ci resto troppo; invece dovrei immediatamente girare la testa, subito dall’altra parte.
    Intanto qui siamo a 40 cm di neve e non accenna a indebolirsi. Qualcuno va a comprare il giornale del mattino, in Via Strinella, sugli sci da fondo.

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  • – Scusa Matte’, di chi parla questo che dice sempre noi, noi, noi. Che ne sa degli altri, parlasse per sé!
    – Madre, lui è il divino Otelma. Lui parla per sé! E’ che lui è multiplo; ospita al suo interno lo spirito di diverse divinità!
    – Ah, quindi lui è plurale. Anzi loro è plurale!
    -Sì (loro è… va be’) esatto, capito?
    Madre annuisce e mi fissa con 2 minuscole fessure marroni che spuntano dalla montagna di piumoni che la ricoprono, sulla madre-poltrona rossa della cucinetta, con evidente sospetto, e poi aggiunge: – A me questo, più che divino, me pare tanto un rincoglionito!
    -…

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  • Vien fuori che Celentano prenderà 700mila euro da mamma RAI per farsi una molleggiata sul palco dell’Ariston e bum, il finimondo. È una vergogna di qua, è uno schifo di là. Fischi, pernacchie, casalinghe che gettano la spugna e i guanti a terra. E discorsi del tipo: Io che svolgo da 33 anni l’onorevole professione di garden-designer, devo lavorare 25 ore al giorno per guadagnare un miliardesimo di quello che Celentano blablabla, e via dicendo. I social network, poverini, soffocati da cartelli e locandine di sdegno per il cachet, che recano in alto la scritta: 700mila calci in the ass. (In Inglese magari suona meno volgare. Sul cartello comunque era in Italiano, cioè culo.) Ho subito pensato: Evviva è partita la rivolta popolare. La cacciata del Re ha finalmente inizio, e invece erano per Celentano. E allora ho pensato: Mi sa che tutti questi qui non fanno le rockstar nella vita. Risparmiatemi la lapidazione in pubblica piazza, perché lavoro pure io come voi, fatico pure io tanto come voi, mi sento stanco e stanchissimo pure io e, come voi, guadagno poco pure io, forse pure meno. Però mi rendo conto che, se Celentano ha il merito di far impennare gli ascolti, saranno pure cavoli suoi quanti soldi chiede di cachet e, se la RAI glieli accorda, evidentemente c’avrà di che guadagnarci, no?!
    Ma io dico, non vi incacchiate neri perché la benzina fra poco costerà più del siero di lunga vita, che nessuno vorrà più, visto che una vita in cui, se ti va bene, con lo stipendio ti ci paghi le tasse, meglio non farla andare avanti troppo, e vi arrabbiate perché Celentano, che fa il cantante da poco prima della Seconda Guerra d’Indipendenza, chiede 700mila euro alla RAI che, solo di sponsor, ci farà 10 volte tanto? Ora è venuto fuori che Celentano darà tutto in beneficenza a 50 famiglie italiane bisognose (dov’è il modulo per fare la richiesta?) e che addirittura pagherà di tasca propria le tasse, una cifra vicina ai 250mila euro, e nessuno scrive più cartelli.
    Mi fa sorridere, quando qualcuno tuona la solita: Tu guarda che ci fanno coi miei soldi! riferito naturalmente al Canone.
    Il Canone RAI è uno dei pochissimi collanti ideologici che sono rimasti al nostro Paese, ci fa sentire tutti parte delle decisioni della RAI. La RAI siamo noi; decidiamo noi a chi far presentare la prossima edizione dell’Isola dei Famosi o chi arruolare per il nuovo anno di Ballando con le Stelle. A proposito di Canone, è scaduto da 2 giorni ormai. L’avete pagato? Quest’anno erano la bellezza di 112 euro. Guardate che vi arrivano le lettere minatorie a casa, non sto scherzando. E non importa se voi il televisore ce lo avete rotto, o ce lo avevate, poi si è rotto e l’avete buttato in cantina. La cantina è comunque casa vostra, ciò implica che voi il televisore continuate a possederlo, come una pericolosissima mina inesplosa, e quindi il Canone RAI lo dovete pagare ugualmente. Non è una tassa come tutte le altre. Il Canone RAI non esiste, è così da alcuni (tipo me) impropriamente appellato il tributo che è dovuto allo Stato, quindi non all’azienda RAI, per la proprietà dell’apparecchio radio e/o televisivo. A molti stranamente pare una somma di denaro senza giustificazione, che non si capisce. Se io mi compro un televisore, è evidente che l’ho pagato o che qualcuno l’ha già pagato per me. Che significa la tassa sul possesso della tivvù? Che la decisione di acquistare un elettrodomestico merita una condanna pecuniaria vita natural durante? Andremo a finire che ci faranno pagare la tassa sul possesso del computer e della lavastoviglie e della piastra per capelli, di cui io, per ovvi motivi, non necessito, del ferro da stiro e della vasca per le tartarughe. Aaahhh. Disperazione!
    Comunque, se volete sbarazzarvi della tivvù e della tassa, soluzione più che comprensibile considerato il livello de-cerebrale a cui la stanno portando, una procedura c’è ed è davvero semplice e veloce. Vi basterà scrivere all’Agenzia delle Entrate per farlo suggellare. Tutte le istruzioni, con gli indirizzi utili e il modulo da compilare, le trovate su sito dell’Associazione Cittadini (qua).
    Una volta che avete spedito la lettera, non vi resta che aspettare l’arrivo dell’omino incaricato di portare a termine questa procedura spietata. Suonerà il campanello solo su appuntamento; sta espletando un servizio richiesto da voi, mica una perquisizione con un mandato. State tranquilli che voi non avete ancora ucciso nessuno, mica come Parolisi che ieri Federica Sciarelli ha detto che si è scoperto che chattava con i trans, col nickname: CorpoACorpo. Se qualche trans che chattava con Parolisi sta leggendo, è pregato di contattare al più presto la redazione di Chi l’ha visto? che su RAI3 coi trans hanno una certa esperienza.
    Siate gentili e aprite all’incaricato le porte della vostra bella casa; offritegli un tè con qualche biscottino alla nocciola, un pezzo di pandoro, qualche avanzo delle feste insomma, e consegnategli il vecchio televisore che lui infilerà in un sacco di iuta. Prima di salutarvi, si farà un giro per casa. È solo un pro forma per accertarsi che voi non possediate un 46 pollici TV LED design ultraslim con impianto dolby surround, per portare a casa la magia del grande schermo, che sbadatamente non gli avete consegnato. Certe cose capita di dimenticarle, l’omino vi comprenderà con un ghigno. Succede che passino anche anni dalla richiesta e che non arrivi nessun funzionario a rapirvi il televisore, va a finire quasi sempre così, mica questi qui possono perdere tempo con i soliti morti di fame che siamo noi. In quel caso siete autorizzati a smettere di pagare il Canone, perché avete ottemperato a tutto quanto previsto dalla normativa vigente.
    Voglio il Telegatto come blog socialmente utile.

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  • Il panico trasmesso dai tiggì e social network per il maltempo e per le temperature che scenderanno a causa di questa trottola impazzita di freddo che viene dalla Siberia e c’ha pure un nome antipatico, Burian, che mi fa pensare a borioso, tracotante ecco, che si muove sull’Europa e questa settimana sta visitando pure l’Italia, non ha destato in me la minima preoccupazione. Ben venga il freddo d’Inverno, mi dicevo, che poi ci lamentiamo che le stagioni non sono più quelle di una volta. Ieri ho letto che in Serbia, in Polonia, in Ucraina e in Bulgaria, Burian ha lasciato una scia di morte di decine di persone, col termometro sui meno 30 gradi, e ho pensato ad alta voce: Va be’, ma io mica vivo in Polonia. Si sa che là fa freddo, che pretendono!
    Stamattina apro la finestra e buttava neve a secchiate, ma non così per dire. Dovevate vederla; magari l’avete vista fuori dalle vostre finestre, considerato che i cieli di tutta Italia si sono messi d’accordo per sforforarsi in sincrono. Non si trattava della solita neve, quella delle canzoncine di Natale, che scende ancor lentaaa per dare gioia ad ogni cuor. Questa mi ha fatto pensare a certi sciatori prepotenti, che partono dalla cima e vengono giù velocissimi, senza far caso agli altri che arrancano sulla pista, costretti a scansarsi al loro passaggio, che poi succede che finiscano in qualche strapiombo laterale e muoiono nell’indifferenza di tutti, mentre loro arrivano a valle; virano sollevando un’onda di neve che travolge un riposante su una sedia sdraio, con la faccia al sole, che mangia un panino in un attimo brinato; si tolgono gli occhiali a specchio e sospirano superbi, come il primo classificato al traguardo nella finale mondiale di discesa libera. Una neve parecchio incazzosa, insomma.
    Ho immediatamente modificato la programmazione dei termosifoni fino a domenica, senza dirlo a Madre. Ho aggiunto 3 ore semi-pomeridiane, dalle 14 alle 17. Lei non deve saperlo, siete pazzi?! Madre torna alle 17.30, minuto più minuto meno; mi auguro che non si lascerà insospettire dal tepore che l’accoglierà appena farà il suo ingresso a Villa Madre, dalla porta principale, quella che dà sul piano dove sta prima il salotto, poi la cucina, il bagno e la mia stanza.
    Me l’immagino, stamattina. Intrappolata nel suo ufficio, con la faccia sul vetro a contare i fiocchi che cadono e a sperare ogni volta che sia l’ultimo. Se qualcuno le affidasse un posto di responsabilità in Parlamento, qualcuno che non ci sta con la testa, il giorno dopo lei varerebbe una riforma lampo anti-neve. A L’Aquila c’è quella delle gomme, che dal 15 novembre sono obbligatorie; in alternativa devi avere le catene in macchina, così dice la legge. Poi, se le gomme sono preistoriche e le catene non le sai montare, non se ne frega nessuno, nemmeno se sono della giusta misura. Uno che conosco, di fronte alla visione del viottolo di casa sua ricoperto dalla neve, ha passato 40 minuti a cercare di montarle, prima di rendersi conto che non erano adatte alle sue gomme, quindi si è avventurato per la città senza.
    Madre risolverebbe il problema con un unico articolo aggiuntivo, ma anche sostitutivo, se vogliamo, della norma attualmente il vigore: Tutti a casa. È facile da spiegare: alla discesa della prima molecola di neve, chiusura immediata e obbligatoria per tutte le attività commerciali e non, quindi uffici, palestre, ospedali… tutto, senza stare a specificare, così siamo certi che tutto è tutto, con un’unica eccezione, l’alimentari sulla salita del paese, ai cui piedi si trova l’imponente Villa Madre. Quel signore bisogna costringerlo a restare aperto ché, appena torna il madre-marito, sarà a sua volta costretto a raggiungerlo a piedi, che con la macchina non è molto sicuro muoversi in tali condizioni atmosferiche, per comprare quelle 2 o 3mila cosette che le mancano per il solito timballo della sera.
    Ora, il gadget del meteo, che ho scoperto ieri dopo 2 anni e mezzo assieme pure ai post-it, che posso incollare sullo scherno fino a riempirlo – non so cosa scriverci dentro, ma questo è un secondo problema – mi dice che a L’Aquila c’è il sole e ci sono 4 gradi. Se scosto la tenda azzurrina e guardo fuori, ottengo dai miei occhi la stessa identica informazione. Non fa previsioni, il gadget, si limita a rendermi note le condizioni atmosferiche al momento. Se in funzione di quel sole esco e dopo 10 minuti comincia a nevicare e non la smette più fino a mercoledì prossimo, lui non c’entra niente. Mica come quello della Russia che vi ho messo in alto. Beati loro che hanno strumenti così ben fatti, quasi quasi mi ci trasferisco per usare l’applicazione Meteo russa. Che poi, sinceramente, non riesco a capire di cosa si vanno lamentando questi Russi qui. Ancora non se ne accorgevano che in Russia fa freddo? Trasferitevi alle Galapagos, che vi devo dire! A me i lamentosi non sono mai piaciuti. Statevene un po’ zitti, e pure voi della Polonia. Oh!
    E da voi, amici lettori? Com’è la situazione? Non fatemi preoccupare! Mica abitate in Russia voi, e nemmeno in Ucraina, mi pare. No?!

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  • La storia di Amanda Hocking è eccezionale, unica nel suo genere e direi irripetibile. Amanda è una giovane autrice statunitense che scrive da quando ha 6 anni. 20 romanzi nel cassetto e mai un editore disposto a pubblicarla. Si era posta un obiettivo, trovarne uno prima dei 26 anni. Non ci è riuscita. Adesso di anni ne ha 27. Dopo aver ricevuto centinaia di rifiuti, 2 anni fa, nel corso di una fiera, si imbatte in alcuni autori che avevano sperimentato l’esperienza del self-publishing e stavano riscuotendo un buon successo, così decide di gettarsi nella mischia di Amazon. Nel luglio del 2010 carica il suo primo romanzo digitale. Vendeva una copia al giorno, non era molto, ma è più di quanto vende un autore che si pubblica da solo su Amazon. Nelle settimane e poi nei mesi successivi è un’ascesa continua, raggiungendo la cifra da capogiro di 9mila download al giorno per i suoi libri, pubblicati al ritmo di uno al mese.
    Ha totalizzato più di 2 milioni di copie vendute ed è entrata nel Kindle Million Club con Stieg Larsson, James Patterson, Michael Connelly e Stephenie Meyer, diventando di fatto milionaria senza avere un editore.
    Dopo questo straordinario riscontro di pubblico, naturalmente gli editori li ha trovati. In Italia ce l’ha portata Fazi che ha appena pubblicato Switched – il segreto del regno perduto, il primo titolo della trilogia fantasy Trylle, e che pare pubblicherà tutti i volumi della saga. Se siete curiosi di scoprire cos’è che sta entusiasmando milioni di lettori in tutto il mondo, Amazon vi dà la possibilità di assaggiare senza pagare, che di questi tempi non è poco. Trovate, in download gratuito, un corposo estratto contenente i primi 4 capitoli di Switched (qui). Fatemi sapere che ve ne pare. Io non mi ci avvicino neanche. Non per fare il sostenuto, ma le avventure delle diciassettenni che si chiamano Wendy, a cui la scuola non va e le giornate trascorrono senza sussulti, finché non si accorgono di avere il potere di condizionare col pensiero le altrui azioni, e sono pure un po’ tro… troll, (ecco spiegata la tinta verdognola della pelle) non fanno per me. C’ho pure quasi 31 anni, abbiate pazienza!
    Amanda Hocking è la pioniera di 2 grandi rivoluzioni editoriali su cui nessuno avrebbe scommesso un solo centesimo. Da una parte quella digitale: è riuscita a vendere 2 milioni di copie da sola! Cifre che neppure un romanzo di carta, presente in tutte le librerie e supportato da una campagna promozionale martellante, toccherebbe. Esempio: La solitudine dei numeri primi, che ci ha frantumato i boccini, tanto ne abbiamo sentito parlare. Ce lo ritroviamo davanti nei momenti più impensabili, pure quando apriamo la confezione di compresse per la stitichezza. Eccola lì, l’immancabile immagine di copertina sul foglietto illustrativo con sotto scritto: Attenzione, prodotto purgante! Anche somministrato in piccole dosi può avere effetti lassativi estremamente fastidiosi. Beh, il bestseller di Paolo Giordano ha da poco superato il milione, pubblicato da Mondadori però, non so quanti anni fa ormai. Altro tabù bruciato dalla Hocking è quello del self-publishing che viene considerato di norma l’ultima spiaggia dei disperati senza talento schifati dagli editori, almeno in Italia. In America non è così. Secondo una ricerca pubblicata lo scorso anno sul blog letterario Novelr, tra i 25 autori di bestseller su Kindle, solo 6 hanno già pubblicato con case editrici. Nel 2010 il mercato degli ebook ha raggiunto quota 878 milioni negli Stati Uniti, quattro volte tanto rispetto al 2009.
    Quella di Amanda Hocking è una bella favola, che offre speranza a chi sogna di arrivare alla gente attraverso la parola scritta, a chi non molla nonostante i rifiuti, a chi persevera perché pensa di avere le carte per sfondare il muro dell’indifferenza, che le case editrici erigono a protezione dagli aspiranti assaltatautori all’arrembaggio, però attenzione! Sarebbe sbagliato pensare che per lei si sia trattato di una specie di magia; che le sia bastato caricare un paio di libri su Amazon per ritrovarsi multi-milionaria. Amanda Hocking racconta di 10 anni di sofferenza, passati a lavorare e a dedicare il resto della giornata alla scrittura, anche fino a tarda notte, per svegliarsi la mattina dopo prestissimo e tornare al lavoro. Racconta di ore spese a risolvere problemi tecnici sul Kindle, disegnare le copertine, editare i suoi testi, scrivere sul suo blog (qui), che ha mantenuto sempre attivo, rispondere ai lettori che si facevano più numerosi. Il processo editoriale che va dall’idea al libro è molto lungo, e la frustrazione alle porte, soprattutto quando si è resa conto di essere una sola contro 100mila piccoli problemi che ne fanno uno gigante. Dice: Mi fa andare in bestia, perché davvero ho provato a far funzionare tutto, semplicemente non ci riesco. È troppo; è spossante ed è difficile. E comincia a pesarmi a livello emotivo. So che sembra strano e lamentoso, ma è vero.
    Finché non ha deciso di consegnarsi al tradizionale mondo dei libri, che per anni l’aveva rifiutata. Per 2,1 milioni di dollari ha affidato la pubblicazione della prossima serie di romanzi a St Martin’s Press negli Stati Uniti e a Pan Macmillan nel Regno Unito. In attesa di scoprire se troverà su carta il medesimo successo che ha saputo costruirsi in digitale, potrà smettere di lavorare e rilassarsi un po’ in giro per il mondo a promuovere i suoi romanzi.

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  • La seconda parte di questo doppio post legato al terremoto è per condividere con voi la terribile sensazione che, da aquilano, ho provato e son certo proverete anche voi, nell’ascoltare un’intercettazione telefonica risalente al marzo del 2009 fra l’ex-capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso e l’allora assessore regionale alla Protezione Civile, Daniela Stati. L’oggetto della telefonata è la convocazione di una riunione urgente della commissione Grandi Rischi a L’Aquila.
    La commissione Grandi Rischi è una struttura che svolge attività consultiva per la Presidenza del Consiglio in materia di previsione e prevenzione delle situazioni di rischio, non solo i terremoti. Non molti di voi sapranno che sulla testa dei componenti che facevano parte della commissione nel 2009 pendono accuse gravissime per aver sottovalutato il rischio sismico e fornito false rassicurazioni ai cittadini aquilani. Gli imputati sono Guido Bertolaso, Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi; Bernardo De Bernardinis (tenete a mente questo nome); Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia; Giulio Selvaggi, direttore del Centro Nazionale Terremoti; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.A.S.E.; Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova; Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico della Protezione Civile. I capi di imputazione per tutti sono di omicidio colposo, disastro colposo e lesioni personali colpose. Dopo l’udienza di mercoledì, il processo, in corso a L’Aquila, è stato rinviato al prossimo 1 febbraio.
    La telefonata fra Bertolaso e la Stati è datata 30 marzo 2009. Mentre la ascoltate, fra un attimo, tenete sempre a mente che, esattamente una settimana dopo, alle 3 e 32 della notte a cavallo fra domenica 5 e lunedì 6 aprile del 2009, una scossa di magnitudo 6.3 della scala Richter fa tramare L’Aquila per 30 secondi. La scossa, insieme a quelle che seguirono nei giorni successivi, è stata nettamente percepita in tutto il centro sud d’Italia, anche a Terni, Roma, Frosinone, Napoli, Foggia, a settentrione, anche in tutta l’alta valle del Tevere, nelle province di Arezzo, Perugia, Macerata e nell’Appennino Tosco-Emiliano. L’Aquila è stata evacuata dalla quasi totalità della popolazione. Sono crollati la sede della Prefettura e un’ala della Casa dello Studente (con dentro diversi giovani, molti dei quali deceduti); seriamente lesionati l’Ospedale Regionale, le sedi dell’Università e la Questura. Rasa al suolo la frazione di Onna, un paesino di soli 300 abitanti dove sono morte 41 persone. Nel complesso sono state accertate 309 vittime, più di 1500 feriti e circa 65mila sfollati in tutta la zona.
    Ascoltate!

     

    La parole di Bertolaso, rese pubbliche dall’inchiesta svolta da Repubblica, sono cariche esplosive di indifferenza, menefreghismo, potere, interessi o disinteressi, visto che a lui “non gliene frega niente”; tutto ciò che gli preme è rassicurare la gente (pure se in pericolo) e gettare cenere sul fuoco, come se si potesse soffocare un vulcano con un mestolo di polvere. La signora Stati, che chiamerei Miss Vabenissimo, reagisce con la stessa vitalità di un lombrico in coma. Il signor Sindaco Cialente, intervistato da una tivvù locale immediatamente dopo la riunione incriminata, ripete a memoria la pappardella dell’energia sfogata in scosse di alta frequenza e scarsa ampiezza, che abbiamo sentito dalla viva voce di Bertolaso mentre indottrinava la Stati al telefono. Idem con patate De Bernardinis, intervistato stavolta prima della riunione che, alla domanda del timido giornalista: “Non è anomalo uno sciame sismico così lungo?” risponde che si colloca in una fenomenologia senz’altro normale, e che se ne occuperanno gli scienziati in riunione. Così non è stato, gli scienziati, “i luminari del terremoto in Italia”, come li definisce San Guido, sono stati mandati a L’Aquila da Bertolaso non per affrontare seriamente il problema, valutare il da farsi, studiare un piano di prevenzione. Proprio no. In quella riunione si sono occupati di tutt’altro: di scrivere il copione del loro stupido tentativo di fuga dalle responsabilità ristabilendo una calma ingiustificata attraverso rassicurazioni che, col senno di poi, hanno il sapore di certi medicinali che calmano il dolore intontendolo, senza curarne la fonte. Hanno messo a terra il primo mattone di drammatiche fondamenta per quello che al momento risulta il più grave terremoto, per intensità e conseguenze, del XXI secolo in Italia. E io avrei voluto gridare dalla rabbia, gridarla fuori, la rabbia, come non mi capitava, come forse non mi è mai capitato.

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  • Me ne volevo stare tranquillo tranquillo, sul letto a godermi il coma di recupero energie, messe a dura prova dal virus ormai quasi debellato; concedere a voi un altro giorno di pace, e invece no. Potevo non arrabbiarmi e invece mi sono rovinato la giornata, di prima mattina, per colpa di uno dei pochi argomenti capaci di provocarmi reazioni ingestibili. Voi non sareste ora costretti a subire il mio inevitabile, proprio perché ingestibile, sfogo del giovedì. Lo dico con una punta di dispiacere, ma così è, trattenermi non posso e allora togliamoci presto presto il dente.
    Ieri ci siamo svegliati, tutti quelli che si svegliano mentre guardano la tivvù, che hanno acceso prima di fare colazione, come faccio io, con la notizia della forte scossa di terremoto (4.9 sulla Scala Richter) con epicentro nel Reggiano, e avvertita fino a Milano, Genova, Varese e vicini di casa. Dopo l’iniziale panico per le strade e nelle piazze, l’evacuazione preventiva delle scuole, la situazione è tornata alla normalità. O meglio, sarebbe tornata alla normalità, se non fosse subentrata la solita stucchevole abitudine italica di trasformare un girino in un’avvenente e prosperosa sirena incantatrice, una notizia come un’altra in un copione cinematografico campione d’incassi nelle sale. La proiezione del loro film ha riempito prima la colazione, poi la merenda mattutina, poi il pranzo, poi lo snack pomeridiano, poi l’aperitivo, la cena, il dopocena e pure le pomiciate notturne degli italiani: 24 ore di palinsesto televisivo con speciali, tavoli di esperti, collegamenti dal luogo della catastrofe (?), titoloni sgradevoli con L’Aquila appena nominata, solo strumentalizzata a vantaggio di chi deve confezionare la tivvù del popolino. Tutto questo per una scossa di 4.9 della Scala Richter durata fra 8 e 10 secondi.
    Rivolgo una domanda agli autori dei programmi televisivi, che resterà non-soddisfatta. Il terremoto esiste, lo sapevate? L’avete scoperto ieri, al nord, cos’è un terremoto? O fate finta di non ricordare? Capisco che L’Aquila sia troppo lontana e la vostra quotidianità troppo indaffarata, ma la parola Friuli e l’anno 1976, messi uno accanto all’altra, vi dicono qualcosa? Lo chiedo a voi che, dagli studi televisivi milanesi, raccontavate l’accadimento della scossa come se ieri mattina fossero scesi gli alieni sulla (vostra) terra del nord.
    Chiariamo per chi non lo sa, che sente questi numeri e pensa che stia per finire il mondo. Anche per chi vive in quelle zone e sta pensando di trasferirsi in un villaggio vacanze in Costa Azzurra. Chiariamo un dettaglio che le televisioni, non solo non spiegano, ma esasperano al contrario. Una scossa di 4.9 di 9 secondi fa paura, ferma il fiato, è una sensazione terribile, ma non riuscirebbe a far cadere giù neppure la casa dei 3 Porcellini. La notizia va data, per carità, però senza girarci una soap opera. Perché creare un vortice d’ansia nella gente, attraverso una comunicazione pressante e subdola? Perché trasferire sull’ascoltatore solo certe informazioni ingigantendole all’inverosimile, e tralasciarne altre, sul tema terremoto, ben più rilevanti a livello di cronaca e interessanti per il cittadino, anche utili magari?
    Per esempio potrebbe interessare a qualcuno che i terremoti non sono prevedibili. Quante volte l’abbiamo sentito dire? Tante, no? Eppure oggi c’è ancora chi crede nella possibilità di prevederli, come se dipendesse da persona a persona, una sorta di capacità extrasensoriale, paranormale, di talento proprio che altri non hanno.
    “Mah, io c’ho una specie di sesto senso sviluppato, e quindi te posso di’ che fra 5 anni e 11 mesi, su via Ammazzachesfiga numero 13 si aprirà la terra e inghiottirà la casa di tu madre!”
    Non funziona così. Non confondiamo la previsione magica con la previsione scientifica basata sullo studio dei fattori che causano un evento, su un data-base di accadimenti monitorati in centinaia di anni. Stabilire se un evento, in questo caso un terremoto, accadrà e quando, e circoscriverne con precisione la zona interessata; questo significa prevedere. Non si accettano previsioni approssimative del tipo: “Entro il mese prossimo farà una scossa di terremoto fra il grado 2 e il grado 6 in centro/sud Italia” come ne ho sentite fare da chi poi ha acquisito anche una certa fama. Grazie a chi crede alle sue storie, ora scrive libri per case editrici nazionali e fa comunicati ai suoi 20mila fan su Facebook. Non è questione di fede, è questione di scienza e la Scienza mondiale dice che no, i terremoti non si possono prevedere.
    Quando Milo Infante, conduttore dell’Italia sul 2, ieri ha domandando al professor Valerio De Rubeis, ricercatore dell’INGV, se i terremoti potevano essere previsti, avrei voluto spaccargli sulla faccia il televisore del salotto di Villa Madre, quello grande insomma, non soltanto per averlo chiamato, per tutta la puntata, dottor Rubèis, che è sbagliato per 2 motivi, uno certo: manca il De, e uno incerto: secondo me si dice Rùbeis con l’accento che cade sulla u, perché un mio compagno di classe si chiamava così e capitava che qualche prof. nuovo sbagliasse, e sbagliava allo stesso modo di Milo Infante. Questa è cattiva televisione, perché non fa chiarezza, ma alimenta il dubbio e il dubbio fa brutti scherzi. Mi viene in mente il panico che generarono a L’Aquila le dichiarazioni di Giampaolo Giuliani, che ha sempre detto, e continua a farlo, che grazie alle sue strumentazioni è in grado di prevedere un evento sismico con una certa precisione temporale e geografica.
    “Si prevedono altre forti scosse di assestamento” diceva, e tutti a fare passaparola e ad attrezzarsi per passare la notte fuori, trasferirsi dagli zii in Puglia e vivere col terrore ogni rumore, col cuore, già messo a dura prova, le ore successive. Tanta sofferenza è inutile e va punita, va bene? Non dovete credere mai a chi parla di nuove scosse in arrivo, non perché non sia vero, ma perché nessuno può saperlo, nessuno al momento è in grado di leggere con chiarezza i segnali della Terra e interpretarli per il futuro. Nessuno, nemmeno chi corre con la macchina e un altoparlante per la città ad allarmare la popolazione. Nessuno e questo è inconfutabile.

    La realtà è che nonostante tutte le ricerche effettuate, a tutt’oggi, un terremoto si può registrare solo un attimo dopo che si sia manifestato e se qualcuno avesse questa paventata capacità di prevederlo sarebbe una salvezza per l’intera umanità.

    Parole del Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, Gian Vito Graziano. Se qualcuno ha intenzione di affermare il contrario, non deve rivolgersi a me e farlo su questo blog, ma alla comunità scientifica nazionale e internazionale; io mi limito a ripetere. Se pensate che si possano prevedere i terremoti, nonostante la Geofisica dica il contrario, andate a farvi curare il mal di testa dalla vecchia che toglie il malocchio la domenica; a farvi leggere le carte dai buffoni, travestiti da Carnevale, in televisione; a ordinare filtri magici e amuleti, perché i vostri figli trovino lavoro e amore, ai divini cazzari. Ma non lamentatevi poi del dolore che vi causa la vostra ignoranza e che essa stessa non sarà mai capace di calmare.
    Il titolo del post lascia intuire che ce ne sarà un altro. Sì, devo raccontarvi una faccenda triste, cronaca di responsabilità gravissime che i telegiornali hanno riportato con molta leggerezza, su cui non si fanno speciali, né tavoli di esperti, perché i poteri in gioco sono troppo grossi.

    Scrivi un commento →: Terremoto televisivo 1 di 2

sono Matteo

Sono nato a L’Aquila nel 1981.
Adesso vivo a Firenze, insegno ai bambini della scuola primaria e scrivo romanzi definiti “per bambini e ragazzi”, ma io dico non vietati agli adulti…

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