• Hai disturbi omosessuali da un po’? Provi vergogna a chiedere un medicinale efficace al tuo medico di famiglia perché senti dire da tutti che non è una malattia quella? Non ascoltarli, perché guarire si può. Povia consiglia: ETEROgermina. Ripopola la giusta flora ormonale restituendoti la tua sessuale normalità. Fidati del piccione!

    Mi vengono così, come le scoregge. Un po’ come sarà venuta la canzone a Povia, insomma.

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  • Non sono mai stato bravo con gli abbinamenti cromatici. Quando si tratta del vestire poi, chiedere un consiglio a me è peggio che chiederlo a un cinese nato cieco. Il cinese per me è rappresentativo di ogni tipo di incapacità, non perché i cinesi non siano un popolo sveglio, furbo, abile, anzi, ma perché mi son antipatici a pelle, a prescindere dalla singola persona che comunque non saprei riconoscere (chiamasi razzismo). Come può essermi simpatico un popolo di elementi tutti uguali, più simile a un agglomerato di insetti laboriosi, un formicaio o un alveare, che a una società umana? Magari loro di mode e colori son anche esperti – da come vanno in giro, che sembrano degli involtini primavera intrappolati in una tovaglia natalizia, nutro i miei giustificabili dubbi – e quindi cade la mia osservazione, che non vuol essere scientifica, ma solo uno sfogo personale perché io dei cinesi, da quando sotto i portici di San Bernardino ci sono più negozi di inutili chincaglierie orientali, che emettono suoni insopportabili, che colonne, ne ho le palle piene. Potrei rivedere la mia idea soltanto in funzione della loro pelle che, all’asilo, ti fanno colorare con lo stesso pastello che prima avevi usato per il sole, ma anche questo discorso cade perché i cinesi non hanno la pelle gialla, ma di un colore che lo ricorda vagamente che, abbinato al concetto di pelle, non è più così gradevole e va ad avvalorare il mio distacco.
    La mia incapacità di scegliere una giusta camicia per quel giusto pantalone che stia bene con le scarpe e poi con la giacca e che non stoni con la sciarpa è dovuta essenzialmente a un motivo: nell’armadio ci saranno 3 camicie, 3 maglie, 4 pantaloni, un giubbotto invernale, una giacca di jeans autunnalprimaverile (in estate la giacca non la uso) fine. Fate conto che alcuni 3 e 4 sono piuttosto ottimistici. Le opzioni possibili son molto ridotte, come sono ridotte le possibilità che esista un abbinamento fra tutti che sia quantomeno dignitoso. Qua scatta il sottomotivo, perché potrei anche andar in giro a fare shopping e rinnovare drasticamente il mio guardaroba, ma non lo faccio perché fare shopping mi stressa come nulla al mondo, fosse per me non entrerei in un negozio di vestiti mai nella vita, e poi perché io al vestire ci tengo come potrei tenere al mio giardino, che mio padre è imbufalito perché ogni volta che devo uscire calpesto l’erba ignorando l’esistenza di una stradina in pietra che giunge al cancelletto. È solo che io son sempre in ritardo e facendo la stradina allungo di almeno 7 o 8 secondi, per non dire 10 e allora opto per la scorciatoia, e l’erba calpestata sta diventando tutta giallina. Io l’ho sempre detto che questo giardino farà una brutta fine perché, finché ci son loro che se ne occupano sarà sempre rigoglioso e motivo di vanto nelle solite cene da calendario, ma quando il rincoglionimento avrà fatto dei miei, 2 rimbambiti alla riscossa (e poco ci manca) il giardino si evolverà in giungla e prolifereranno specie animali e vegetali di ere passate, pericolose e non troppo amanti della compagnia, perché io non l’ho mai voluto e poi il pollice verde non ce l’ho.
    Tutto questo per dirvi che ieri, mentre mi cambiavo davanti allo specchio dello spogliatoio del Mc Donald’s, ho scoperto di avere gli slip bianchi con la t-shirt nera, destando, forse a ragione, l’orrore del collega che si cambiava con me. Ma non andava lo spezzato quest’anno?
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  • Ai saldi ho preso 2 paia di scarpe. Visto che faccio lo scrittore e ho venduto pure tanti milioni di copie (dico tanti per non umiliare con dati precisi gente come Giordano, Saviano, J.K. Rowling che al paragone si sentirebbero così piccoli da rischiar di piombare in una depressione logorante. Io nel fondo di qualche antro dimenticato del mio indecifrabile animo non son malvagio, quindi non mi va che qualcuno cada in depressione per colpa mia, perché son cose brutte queste) dispongo di cifre che superano di gran lunga (almeno il doppio) il budget medio del campione di persone selezionato per l’indagine su quanto sia il budget medio (appunto) nel terzo della Terra in cui c’è ancora acqua, pane, cioccolata e di fame non muore quasi nessuno perché se ti accucci fuori un ristorante qualche avanzo a fine serata te lo gettano pure (indagine che mi son appena inventato, ma che qualcuno avrà certamente fatto visto che tanto originale non mi pare). Il terzo del mondo (da non confondersi col terzo mondo) col cuore nobile, insomma. E allora, fatte le dovute proporzioni, se l’individuo medio, diciamo pure mediamente benestante e anche mediamente intelligente, va e acquista un paio di scarpe, io che sono doppiamente ricco e doppiamente intelligente ne prendo 2.
    “Avete i numeri grossi delle scarpe in saldo?” “Sì, certo signore!” Signorino, prego. Torna con 6 scatole e apre la prima. “Queste le piacciono?” “Sì, molto. Quanto vengono?” “165 in saldo. Costavano 320, pensi!” Quando uno esclama: “Pensa!” non è che poi tu pensi veramente, e invece io, in quella circostanza, ho pensato che se le poteva sinceramente tenere così ho detto: “Vediamo anche le altre” e lui ha aperto la seconda scatola. “Queste sono in pelle, costavano 290 ora stanno a 145.” “Guarda, amicotermine dalla stessa valenza che ha il concetto di amicizia su myspace o su facebook. Messenger è un po’ diverso perché lì ci son gli amici che poi vedi anche in giro, pure su facebook, certo, ma non è che uno vada a prendersi un aperitivo con 37mila amici che son quelli di Carmen Consoli, per dire. “Mi sa che non ci siam ben capiti e quindi mi spiego meglio. Quando dico in saldo, intendo quelle dignitosissime scarpe che costavano 60 e ora stanno a 30, e pure un po’ di più.” “Ah, ho capito” dice accennando uno sbuffamento lieve, ma non abbastanza perché io non lo colga e spostando lo sguardo lateralmente come quando pensi le offese e non le proferisci. Porta via i suoi gioiellini e torna con altre 2 scatole un po’ scolorite. Apre la prima: “Queste costano 19 euro e 90, quanto costavano non lo so, le vuoi?” Prima mi dava del lei e anche del signore, ora mi tratta come un accattone. “Uh, che belle!” Sì, perché costano 20 euro, sembrano dire i suoi occhi. “Queste altre sempre 20 euro.” Un paio Lacoste e un paio Adidas. Sono indeciso finché il mio istinto predatorio non mi suggerisce di prenderle entrambe. “Là ci sono le magliette a 5 euro!” Ma tu guarda questo, ma per chi m’ha preso. “Le vuoi le suole anatomiche in gomma flessibile e antiscivolo?” Veramente no, però, visto che se ti dico che non mi servono, che poi è la verità, si cementifica in te l’idea del cliente accattone di cui non vedi l’ora di liberarti dico: “Sì, va bene e… e…” devo trovare un’altra cosa da comprare così ti convincerai pienamente che sono soltanto uno che sa fare buoni acquisti. “Anche questa busta di calzini!” Mi guarda stupito e mi sorride. Certo sarebbe stato tutto diverso se avessi comprato le sue stramaledette scarpe da 300 euro in saldo, ma a me di quel che pensa quello là, che poi se spende tutto il suo stipendio per un paio di scarpe mi fa anche un po’ pena, non è che freghi tanto. È che i calzini mi servivano – se avesse venduto anche le mutande in busta avrei preso pure quelle – e queste suole sono meravigliose. Ieri le ho provate con le scarpe provoca-infortuni di cui ci hanno dotato al lavoro ed era come passeggiar sul marzapane.
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  • Per dovere di cronaca vi dico che, se non avessi modificato il template e se avessi avuto un paio di giorni in più di pazienza a questo punto, e cioè oggi, avreste davanti la cara immagine precedente, il caro banner e la cara scritta di fondo perché la signorina, a quanto pare, ha sistemato tutto quello che aveva scombussolato. E posso anche dirvi che se mio nonno avesse avuto le rotelle sarebbe stato una carrozzina e forse avrebbe avuto meno problemi in vita. Con i se e con i ma… Diciamo che quell’esplosione è stata il pretesto per rinnovare, e il rinnovamento è migliorativo per cui, ovviamente, La stanza del Matto resta così. C’è di positivo che ora anche il myspace ha ritrovato gli antichi fasti e quindi siam tornati operativi al 100 per 100. Per festeggiare ho scritto una recensione cosicché voi possiate ben scegliere le vostre letture evitando robaccia o libruncoli presi a caso o presi dalla classifica, o presi a caso dalla classifica e, se ancora non l’avete fatto, buttarvi a capofitto nel Gioco dell’angelo di Zafon (che è quinto in classifica, ma è l’eccezione che conferma con i se e con i ma, che in fondo è una regola pur’essa). Ho acquistato Il gioco dell’angelo l’ultima volta che son stato a Firenze, che corrispondeva poi al giorno della sua uscita in Italia, e l’ho preso durante il tour per le librerie che Luca e Niccolò, pur di malavoglia – a loro i libri non è che piacciano poi tanto – mi han concesso. Ed era pure il giorno del colloquio di Luca, quello che gli ha portato fortuna perché quello stesso giorno è stato assunto. L’ho preso in una libreria che non era Feltrinelli né Melbook, ma un paio di stanzette che insieme non facevano il mio salotto, e io non è che viva proprio alla Casa Bianca. La vecchia padrona, quando le chiesi se avevano bisogno di personale, mi rispose con un sorriso dal retrogusto aspro, che eran tempi duri e doveva scontare i libri, perché alle grandi catene non si sopravvive facilmente in un momento in cui in Italia i libri son meno importanti di un gioco alla playstation, figurarsi se poteva assumere qualcuno. Così l’ho preso da lei, che costava anche un po’ meno.
    La recensione, naturalmente per Solo Libri, la trovate qua e, insieme a tutte le altre, nella sezione C’avrei pure un’opinione su dei libri. Buona lettura!
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  • E anche questa l’abbian vinta noi della Stanza. Sono stati giorni di quelli che il cuore piange lacrime di sangue a vedere il blog ridotto al più triste dei luoghi innominati. Giorni in cui ho provato invidia verso tutti coloro che, col loro insulso template base, conservavano comunque un’identità che d’improvviso qualcuno mi aveva succhiato via. Questo qualcuno è colei che ha realizzato il template della Stanza che a quanto pare (è una supposizione molto attendibile) non ha rinnovato il dominio dove conservava salvate tutte le immagini dei blog e dei myspace da lei creati, comprese le mie. Quindi da un momento all’altro e puffete paffete! tutto sparito. Quando ho compreso fino in fondo che con l’aldilà non si comunica e che le mie e-mail non avrebbero ricevuto risposta, mi son rivolto all’unico che poteva salvarmi, il mio grafico di fiducia, colui che ha realizzato la copertina del mio primo libro. Signore e signori, facciamo entrare Pino! Quanto devo ringraziarlo l’ho scritto nella sezione Devo ringraziare, dove ci sono anche tutti i suoi link e ora La stanza del Matto mi piace tanto, ma tanto di più. Sarà che la luna mi assomiglia, oltre ad essere l’elemento cosmico del mio segno zodiacale, e mi rivedo in quella sua espressione di pacioccosa soddisfazione che spesso si manifesta sul mio volto. Mi rendo conto che non sarà facile abituarsi. Insomma son passato dal sole alla luna, però ce la farete, ne son certo. L’avete mai vista la luna di giorno?
    C’è un’altra novità che qualcuno ha notato e cioè che mi sono iscritto a Facebook. Giuro non l’ho fatto apposta e secondo me non è neanche tanto colpa mia quanto di Pino che ha dedicato la mezz’ora post brindisi alla nuova grafica, a scrivermi su MSN: “Iscriviti a Facebook, dai che è bello. Guarda che ti fai pubblicità. E poi ritrovi tanta gente. E non è vero che tutti possono leggere tutto, ma solo i tuoi amici. È sfizioso. Dai iscriviti. Dai dai dai …” io provavo a dire che no, non mi piaceva, che non era  adatto a me, che io avevo faticato considerevolmente per sparire dalla circolazione e levarmi dai coglioni tanta di quella gente che mi ci mancava solo una macchina infernale capace di riportarli tutti a me con una banalissima ricerca nome + cognome, ma lui insisteva e alla fine mi son iscritto. Da quel momento è cambiata la mia vita. Lo dicono tutti che è una droga e io lo confermo. Ma una droga di quelle toste. A parte che mi son ritrovato 40 e passa richieste d’amicizia senza muovere un dito. Tanta gente la conoscevo, tanta altra no, qualcuno dal blog e via discorrendo. Poi mi son messo a cercare personaggi del mio passato, ma non ho ritrovato nessuno perché appena mi compariva la schermata con 100 profili omonimi sinceramente mi si azzerava la voglia, come nel pieno di una crisi da ansia da prestazione negli istanti precedenti a una trombata con un transatlantico con le tette. Per farvi capire il livello di dipendenza, stamattina mi hanno dovuto trascinare nella doccia in 15 perché non riuscivo a staccarmi dal PC. Mi son lavato in fretta e furia, la barba che se me l’avesse fatta Freddy Krueger avrei perso meno sangue e poi una drammatica corsa in ciabatte e accappatoio per veder se mi era giunta una notifica o un messaggino e son caduto in camera, a faccia sul finto cotto chiaro, perché le mie ciabatte non sono tanto anatomiche, di legno come le doghe della Eminflex, e mi son spezzato l’unghia dell’anulare del piede destro. Comunque, senza ben comprendere il motivo di tutto ciò, ora ci sono anch’io e trovate il collegamento al mio profilo, nella sezione Chi è il Matto. Aggiungetemi in massa che io devo scrivere, taggare, aggiungere, cercare, chattare, linkare, condividere video e foto…
    Oddio, liberatemi!!!

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  • Interrogato, il morto non rispose. Non vorrei che gli spiriti degli Antichi siano stati un po’ troppo tempestivi nell’agire. Il lato positivo della bomba che ha colpito La stanza del Matto sta intanto nella dichiarazione di Luca: “Dai, che t’importa. Tanto lo sanno tutti come si chiama il tuo blog” e poi in quella di Mafalduzza che dice che a lei il titolo si vede, e questo mi fa pensare che i miracoli esistono, perché il titolo, come il banner e come anche la scritta a fondo pagina, che era poi il sottotitolo ingigantito, non si possono vedere e questo è scientificamente provato, ma il miracolo è tale proprio perché va oltre ogni umana comprensione. Ieri son stato tutto il giorno in giro. Al lavoro fino alle 17.30, poi il tè da un amico influenzato, poi torno a casa che è ormai ora di cena e ovviamente avevano già finito perché non sanno mai se e quando torno, e allora loro, per sicurezza, mangiano senza di me, con tutte le briciole della focaccia ai funghi sul tavolo. Si chiacchiera un po’ su Chi l’ha visto che c’era la storia di un grosso imprenditore che è sparito col figlio Stefano lasciando l’altro figlio e la moglie a casa senza notizie. ‘Sto ragazzo, qualche settimana dopo, s’è buttato dal terzo piano ed è morto, mentre quei 2 l’hanno visti recentemente alle Hawaii; a quanto pare non se la passano malissimo. Giusto il tempo di dire: “Che stronzo quello. Se proprio doveva sparire dalla circolazione, poteva portarsi dietro anche l’altro figlio” e sentire la risposta di mia madre: “Certo, le mogli sono comunque destinate a prenderlo nel culo” che son dovuto riuscire immediatamente per raggiungere Franchino al Mc Donald’s e andarci a prendere una crepe al gelato + nutela al Florida, che fa abbastanza schifo come bar, ma le crepe son gustose e costano 3 euro.
    Ieri notte le strade aquilane ricordavano il set di un film di Dario Argento. C’erano quelle cupe atmosfere con l’aria umida e l’oscurità appannata dalla nebbiolina mischiata a qualche fumo di comignolo e la totale assenza di esseri umani in giro, che all’improvviso ti aspetti una figura decisa che procede verso di te e fa rumore col tacco delle scarpe eleganti e in mano ha un coltello, e poi son cazzi. Le gambe mi facevano male, il turno pomeridiano ti sfascia e allora abbian passato il tempo ad aspettare che arrivasse la mezzanotte che chiude il Mc, per riportare un paio di crepe ai colleghi che facevano chiusura, che ieri erano quelli simpatici e allora ci faceva piacere fargli compagnia. Tra gli altri c’era Marzia che qualche giorno fa mi ha fatto sobbalzare con questa dichiarazione: “Appena stacchiamo ti faccio vedere la mia pisella rasata, ricordamelo!” che mi s’è fermato il cuore, e poi invece voleva mostrarmi qualche fotina della sua figlioletta bellissima col caschetto nuovo. Io penso che i bambini bisogna farli da giovani. Hai un entusiasmo giocoso dentro che gli arriva e li fa un po’ più felici, secondo me. Perché quando vien fuori che sei incinta e poi nasce il bimbo, l’emozione che provi tenendolo in braccio e crescendo quella creatura giorno dopo giorno è condizionata dalla capacità che hai di provare emozioni, che tra i 20 e i 30 è al culmine. Quando arrivi che sei maturo come una pera marroncina, che sembra quasi che se non fai un figlio entro un anno hai fallito tutto, allora il figlio acquista il sapore del conseguimento degli obiettivi, come se dipendesse dalla sua venuta il senso da dare alla tua vita. Con tutto l’amore del mondo, che non son qui a giudicare, mi vien da pensare al retrogusto egoistico e mi piace meno.
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  • Non è decisamente un buon momento per il blog. Direi che qualcuno ce l’ha con me e me la sta tirando, e se scopro chi è, giuro che troverò il coraggio di contattare proprio lei e chiederle di scatenargli contro tutti gli spiriti degli antichi Re, del bene e del male, che lei – si sa – domina, e vediamo se questo qualcuno la smette (visione del video linkato assolutamente vietata ai minori di 39 anni). Dopo il virus Trevisan che, come ricorderete, mi aveva devastato tutta la parte inferiore del template, che è successo mo’? È successo che il logo della Stanza del Matto, in testa alla pagina, non si vede più, poi non parliamo del myspace che è ridotto peggio di un impraticabile campo di battaglia. Una vera tracccedia. Come al solito, calma e sangue freddo alla mano, ho scritto alla ragazza che ha realizzato blog e myspace. Grazie alle mie pur esigue conoscenze dell’informatica e della grafica e dell’informatica grafica e pure della grafica informatica, ho intuito che il problema sta nel fatto che il template, quando prova a caricare l’immagine dell’header, evidentemente non la trova più; idem per tutte quelle del myspace, e visto che erano parcheggiate nel suo dominio, ora aspettiamo con serenità che la soluzione piombi dal cielo. Voi provate a fare uno sforzo immaginifico e costruite con la fantasia la scritta de La stanza del Matto tutta colorata e col sole giallo al posto della o. Io intanto penso che si avvicina prepotente il momento di trasferire tutto su un dominio mio e lasciar perdere Splinder che lo so che stavolta c’entra poco, perché ‘ste cose indipendenti dalla mia incapacità, mi fan davvero rabbia. Nel frattempo non so che dirvi; vi racconto il colmo per uno stronzo, o una storia qualunque per tentar di distrarvi dall’orrenda visione del blog innominato.
    Vi aggiorno sugli sviluppi di Anna Karénina va. Siamo a pagina 360 e Levin, dopo esser stato rifiutato da Kitty, che vi ricordo a sua volta esser stata rifiutata dal conte Vronski, decide di ritirarsi nei suoi possedimenti in campagna per dedicarsi solo al lavoro, che tanto lo appassiona e lo stanca, allontanando i cattivi pensieri. Una notte, proprio quando pare esser riuscito a dimenticare la graziosa principessina russa, ecco che, mentre passeggia riflettendo sul senso della sua vita che non riesce a vedere, ma vede la luna e le stelle, s’imbatte in una carrozza che attraversa il paese a gran velocità. Al suo interno riconosce il pallido volto di Kitty pensosa, e in quel meraviglioso istante capisce che è lei il suo senso. Alessio, il marito dichiaratamente cornuto di Anna Karénina, medita su quale sia la soluzione migliore per rimediare all’offesa inflittagli dalla moglie, che ha ammesso di essersi dilettata col conte Vronski, che è sempre quello che ha rifiutato Kitty per lei. Ha confessato al marito Alessio di amarlo e lui non l’ha presa proprio benissimo e tra le varie opzioni possibili, come il divorzio o la separazione, sceglie di tenerla in casa e rovinarle la vita, sorte molto vicina a quella che riserverò io a chi sta gettando sfiga a palate nella mia Stanza. A questo punto ho chiuso il libro, non prima di voltare un paio di pagine, e ho notato una lettera di Anna; che sia fuggita? Si vedrà, come si vedrà che ne sarà della Stanza. Io alle 5 parto e chiudo e non ne voglio sapere più niente. Se ne riparla domani sera quando torno dal lavoro. Domani al Mc Donald’s ci sarà la supervisora scassacazzi che cronometra il tempo che impieghiamo per fare i panini, e staranno tutti con l’ansia a dar ordini e io vaporizzerò camomilla Filtrofiore con lo spruzzino del tossico degreaser nel cielo della cucina, così da donare a tutti una dolce morte.
    Intanto buona domenica e statevi accorti ché ci son delle novità di cui vi parlerò presto; stavolta cose belle che son certo vi piaceranno.
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  • Nerozza è fuggita. La dinamica dell’evasione non è ancora chiara. Pare abbia fatto leva sul carapace della sua compagna Italia – sì stanno insieme, sono 2 tartarughe lesbiche – e sia piombata sul pavimento del salotto. L’ultima testimonianza è la mia che, meno di un quarto d’ora prima del fattaccio, ricordo di aver visto Italia sull’isolotto di pietre e sughero, assorbire immobile la luce, che lei suppone provenga dal sole di qualche paradiso tropicale e invece è solo una lampada UVA-UVB (Vivin C) presa al negozio L’acquario, quello vicino alla pizzeria Il pozzo, che è tanto carino e ha dei pesci coloratissimi, per carità, ma, per farmela arrivare, mi ha fatto allungare un collo peggio di una giraffa, neanche avessi ordinato un forno a microonde che, oltre a scaldare, teletrasporta i cibi. Nerozza era lì che goffamente tentava di raggiungerla perché non riesce a stare lontana dalla sua amata. Io son tornato in camera non prima di essermi bevuto tre bicchieri di latte e cacao amaro che non si mischia. Quando dopo un po’ mi avvicino alla vasca per controllare quelle 2 tartarugone di 30 mesi, mi sembra tutto a posto tranne che per un dettaglio che in un primo istante non mi è chiaro fuorché il suo puro esistere. Come quando, prima di partire per un lungo viaggio, controlli che, oltre alla voglia di non tornare più, tu abbia portato con te abbastanza mutande e calzini e il dentifricio e lo spazzolino e le ciabatte per la doccia e il pigiama e l’ombrello, e che abbia chiuso il gas. Ti par di aver preso tutto, eppure senti che qualcosa non va. Chiudi la porta dietro di te e quando sei lì per lasciare la tua vecchia vita per la nuova, ti accorgi che hai lasciato pure le chiavi di casa e della macchina sul tavolo della cucina e che, non solo non potrai partire, ma neanche rientrare visto che prima di uscire avevi fatto attenzione a chiudere tutte le finestre. E infatti qualcosa che non andava c’era, ne mancava una, la più goffa: Nerozza. Fino a poco fa era lì, non è entrato né uscito nessuno, dev’essere per forza nel salotto, ho pensato. Mi son messo a cercarla e a chiamarla: “Nerozzaaa? Nerozza, dove sei? Dai vieni fuori!” ma lei non rispondeva. Ora che ci penso non è mai stata molto loquace come tartaruga. D’un tratto la vedo davanti alla porta blindata – che stesse cercando di evadere persino da casa mia? – tutta rintanata nel suo guscio, terrorizzata dall’essersi improvvisamente ritrovata in un ambiente a lei ignoto, che sembrava una pietra scura. L’ho schiaffeggiata con violenza sulla testolina gridandole: “Non si fa, non si fa. Hai capito? Non si fa e basta!” e l’ho rimessa nella vasca. Italia, che pareva sollevata dall’essersi finalmente liberata di lei, ha sbuffato prima di rituffarsi e tornare a scavare nelle pietruzze colorate sottacqua.
    Tutto è bene quel che finisce bene. Certo è che la vasca gliel’ho cambiata neanche 6 mesi fa e comincio a preoccuparmi perché, se devo rivivere quell’incubo in giro per negozi, e se uno stipendio non basta, e se il brodo di tartaruga è davvero così prelibato come dicono…
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  • Se avete intenzione di metter su un orticello variegato nel circondario di casa vostra, da oggi prendete pure in considerazione la marijuana tra le possibili piantine decorative, ma mi raccomando, non utili. Non sono diventato pazzo, forse la Cassazione sì, che ha prosciolto un omino contadino, condannato dalla Corte d’Appello di Ancona a 1 anno e 4 mesi di reclusione più 7 milioni di vecchie lire di multa per aver coltivato piantine di cannabis in un terreno adiacente alla sua abitazione. Contro tale verdetto, l’imputato aveva presentato ricorso lamentando carenza di motivazione poiché: “Per giungere a maturazione e a produrre sostanza drogante, sono necessari altri fattori favorevoli (terreno, clima, etc.) la cui esistenza non e’ stata accertata”. La Suprema Corte ha accolto il ricorso: “Non è rilevabile l’effetto stupefacente in una pianta il cui ciclo non si è completato e che, quindi, non ha prodotto sostanza idonea a costituire oggetto del concreto accertamento della presenza dei principi attivi”. Ci stanno dicendo che quell’uomo è innocente perché quella, finché non matura, è una pianta come un’altra. Quindi, queste persone che l’hanno assolto, hanno valutato che l’omino non aveva affatto intenzione di vendere il frutto delle sue coltivazioni, né farle arrivare a fruttare; che al momento topico le avrebbe recise, come faceva Mortisia con le sue rose, e buttate via. Un bel passatempo coltivare marijuana per poi gettarla nei rifiuti organici prima della maturazione. Chissà perché io non ci credo per niente.
    Io dico che la marijuana non dovrebbe poter essere coltivata né fumata, come non dovrebbero esser vendute le sigarette, che non fanno meno male, anzi, come non dovrebbero esser venduti i proiettili o le pistole o i mitra o i fucili. Qual è l’utilità? Non siam uomini che per vivere devono andare a caccia a sparare ai cinghiali selvatici, o sì? Noi i cinghiali li alleviamo mi pare, come i maiali, i capponi, i vitelli, i conigli e compagnia bella, e allora a che servono i fucili, se non a sparare agli uccellini come passatempo? E poi perché agli uccellini sì e alla vicina che prende a calci il cane, o a, che so, Raffaele Sollecito, non si può sparare?
    Quando l’uomo capirà l’effettivo vantaggio economico che ne deriverebbe dal vendere le canne – che avrà del vantaggio l’ha capito, ma secondo me non ha ancora ben chiaro quanto, che è tanto, ma tanto di brutto – deciderà che la canna non fa più male, e le disporrà in pacchetti colorati sul ripiano delle tabaccherie. E a Matrix Mentana dirà che è stata una scoperta eccezionale fatta dai nostri bravissimi ricercatori italiani, e inviterà pure Sgarbi secondo me, nella puntata scoop, e Vladimir Luxuria, che mai come adesso è stata così donna, quindi fatemela chiamare Vladimira, per piacere, e Mara Maionchi e pure Morgan che a 4 minuti dall’inizio della diretta della prima puntata di X Factor si sarà fumato un palo della luce del Tevere con tutti i lucchetti dell’amore di Moccia inclusi, se no non si spiega. Ma lui e la Ventura sono abituè di sostanze stupefacenti; guardate il celebre no cioè, sì, ma boh dell’anno scorso. Per la serie: quando non ti viene l’ultima parola.
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  • La mia casa editrice, che è sempre molto carina con me, ha deciso di dedicare l’ultima newsletter a Non farmi male. Ve la segnalo per un motivo essenzialmente: perché all’interno c’è un’anteprima di Cemento, il primo racconto del libro, ed è un bel pezzone che poi prosegue in un allegato pdf, gratis per tutti. Quindi, chi vuol farsi un’idea di come scrivo, chi è curioso di sapere di che parla il libro, chi non ha nulla da fare e ha bisogno di qualche pagina per ammazzare la noia, clicchi qua.
    Ah, siamo alla terza edizione e, se la seconda non me l’aspettavo, la terza mi sa di miracolo. Quindi grazie a tutti, eh!
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sono Matteo

Sono nato a L’Aquila nel 1981.
Adesso vivo a Firenze, insegno ai bambini della scuola primaria e scrivo romanzi definiti “per bambini e ragazzi”, ma io dico non vietati agli adulti…

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