• Di trash notizie questa settimana ce ne sono una valanga, e allora facciamo che questo Trash week end si sdoppia in Sabato in trash e Domenica in trash (io lo dico, poi magari domani non scrivo niente e bonanotte sonatore! L’importante in fondo è essere animati da buone intenzioni). Beh non posso non esordire col resoconto del concerto che Paola Turci ha tenuto ieri sera alla Festa Democratica (che lei ha chiamato Festa dell’Unità, ma va be’). Intanto apre un tipo che si presenta come Marco Fabi. Io: “Che sfigato questo a chiamarsi Fabi come il ben noto Niccolò, poteva cambiare cognome!” poi cerco su internet e trovo: …cresciuto in una famiglia musicale, nipote di Renzo Arbore e cugino di Niccolò Fabi… Come non detto. Se non avesse implorato i pochi presenti di acquistare il suo CD forse me lo sarei almeno scaricato. “Paola, Paola, Paola!”. Sale sul palco e tutti continuano a chiamarla: “Vogliamo Paola Turci, bastaaa!” “Ma io sono Paola Turci!” Effettivamente riconoscerla è un po’ arduo. Dall’ultima volta s’è ignappettata mica poco, poi ‘sta faccia che sembra un manichino della Standa, boh. Prima aveva dei lineamenti definiti ora è impersonale. Forse non è lei, l’avranno clonata. Beh, riflettendoci avrebbero dovuto clonare milioni di persone prima di arrivare al suo nome nella lista. Inizia a cantare e un po’ di gente arriva, finché blackout. Finisce il gasolio del generatore a criceti che L’Aquila era riuscito a rimediare per l’artista e ciao concerto!? Magari! No, lei s’improvvisa ballerina e si scatena sul palco (fortunatamente) al buio, armata di una pila elettrica da minatore che agita convulsamente producendo improbabili effetti visivi degni del nuovo film di Dario Argento. Mentre un simpatico buontempone le punta un laser addosso ed ecco comparire una lucina saltellante proprio lì sulla… come potrei definire quella ben precisa zona del corpo femminile, lasciatemi pensare… ma sì come dice Luca, sulla patonza. Continua a ballare pregando Dio che qualcuno riesca a riaccendere tutto, poi si rompe le palle, saluta la piazza con le manine e sparisce. Peccato che la corrente torni, qualcuno le ricordi che ha un contratto e quindi torna pure lei, canta mezza canzone sua e mezza di Loredana Berté, non fa neanche Questione di sguardi (è incazzata nera) risaluta tutti e se ne va, stavolta definitivamente. Sale sul macchinone blindato, bacia il vetro del finestrino come per baciare i sette fan che sono corsi dietro nella speranza di collezionare il loro ventiquattresimo autografo della Turca, e si volatilizza tra le strade cupe e pericolose della metropoli aquilana. Detto questo, s’è capito che io l’adoro (come il cotechino a Capodanno o le frappe a Carnevale)? Mi sa de magnà!
    No, cioè, oddio, e mo come ve la do la seconda trash news? Dopo ben due anni dall’ultimo e altri due dal penultimo (è uscito il nuovo libro?) (no!) ho fatto un esame. Ebbene sì, stamattina ho verbalizzato il mio sudatissimo 18 (il più bello della mia vita. Non potete capire quanto ho studiato! Sembra una battuta invece ho studiato veramente) e sono uscito con le lacrime agli occhi dalla contentezza. “Lei è l’unico che ha sbagliato quasi tutte le risposte multiple e ha fatto abbastanza bene gli esercizi. Di solito succede il contrario.” Rido, così, tanto per. “Lo vuole riprovare il 23 Luglio?” “Cheee? No no!” Verbalizziamo e poche chiacchiere! Prende in mano il mio libretto che, fuori dalla custodia di plastica blu, si scompone in rettangoli di carta semidecomposti. “Cos’è, una reliquia? Mi dica lei dove devo scrivere perché qua non ci si capisce niente.” “Ah, lo chiede a me? Non apro questo libretto da due anni!” “Beh, quello ancora prima nel 2004… almeno è costante nel dare gli esami!” Cos’è, sta facendo dell’ironia spicciola? “Quanti gliene mancano?” “Adesso uno!” “Allora nel 2010 festeggia la laurea?” “Arrivederci!” “Ciao in bocca al lupo. E… cambi mestiere!” “Non vedo l’ora di cambiarlo, mestiere!”
    Concludiamo il post con un paio di trash chicche vostre. Cominciamo da Ariel che ha scoperto che il vibratore rimasto incastrato a lungo nel didietro di Karina Cascella, costringendola a recarsi al pronto soccorso, non sarebbe suo, ma del fidanzato Salvatore Angelucci detto Sasà. Infatti pare che durante la delicata operazione di estrazione Karina si sia lasciata scappare un: “Accidenti a te e al tuo vibratore!”. Secondo me tra un po’ si scoprirà che non si trattava di un vibratore, ma del mattarello che Maria usa per ammassare la pasta a Maury Costanz e che Kari e Sasi, travolti dall’impeto di un improvviso e incontrollabile desiderio fetish, hanno sottratto senza permesso dalla cucina della regina platinata di Canale5, e adoperato come sappiamo tutti. Concludo con un assaggino del Trash week di Miyazawa, che evidentemente tiene molto al suo posto di vicedirettore e allora me n’ha mandate un’altra camionata via e-mail. Parliamo di Will Smith (è l’unica che non è collegata alle altre, quindi estrapolabile, diciamo) che si dice stremato dagli ultimi due anni perennemente a lavoro. (Certe volte mi chiedo se ‘sti VIP del cazzo si rendono conto dei termini che usano. Stremato. E chi rimette i sampietrini a martellate sotto il sole come si dovrebbe sentire?) Saltellando da un set a un altro, è giunto alla conclusione che è tempo di una vacanza, non troppo lunga, perché il suo mestiere non glielo permette, giusto CINQUE mesi. E cosa pensa di fare in questi cinque mesi? Coinvolgere la moglie, l’attrice Jada Pinkett, in una maratona di sesso sfrenato. Peccato che la moglie sarà impegnata a promuovere il suo primo film da regista The human contract prodotto dallo stesso Principe di Bel-Air. Will, ti scavi la fossa con le tue mani? L’attore ha già dimostrato in passato di credere molto nel valore salvifico del sesso, infatti, durante le interviste per la promozione di I am Legend (qualcuno l’ha visto?) dichiarò che se è scampato alle insidie della droga, è solo grazie al sesso. Le donne, infatti, l’avrebbero tenuto lontano dalla droga soddisfacendo i suoi ormoni d’adolescente ingrifato. In un’intervista all’inglese Sun ha detto di essere molto fiero delle sue prestazioni sessuali, tanto da pensare di meritare un premio con tanto di consenso della moglie che confermava le sue esternazioni. E se lo dice lei…
    Sabato in trash vi saluta (che sudata!). Per tutte le altre bombe vi do appuntamento (spero) a domani con Domenica in trash. Buona serata, noi si festeggia!
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  • Visto che, come sapete, l’umiltà mi appartiene come la grazia ad un elefante indiano o l’intelligenza a Flavia Vento, o, che so, la simpatia a Boldi, la femminilità alla De Filippa e potrei continuare per molto, è il momento di ostentare.
    Yasmina martedì scorso ha inserito la Stanza tra i premiati del suo Brillante WeBlog, io ringrazio, gongolo, ed eseguo. È previsto che qualcuno spieghi al mondo cos’è ‘sta roba; visto che ora lo so, lo faccio io (e non venite a dirmi che non fornisco un servizio utile alla società).
    Il Brillante WeBlog è un premio che viene assegnato a siti e Blog che risaltano per la loro brillantezza, sia nel contenuto che nel design; lo scopo è promuoverli nella blogosfera mondiale. È ovvio che prima o poi la Stanza ne avrebbe vinto uno. Al ricevimento del premio bisogna scrivere il solito post pavone e autocelebrativo mostrando il premiobrilwblog (che poi sostanzialmente è un’immagine, anche parecchio orrida eh!), il nome, e il link del premiante al mondo. E poi bisogna scegliere 7 (minimo) blog o siti ritenuti brillanti per i temi trattati o il design, o tutti e due, o nessuno dei due (magari brillano perché il loro autore ha istallato una qualche forma di luce propria all’interno del template), e regalare loro l’estatica emozione di aver vinto, avvisandoli, se non è troppa fatica.
    Quindi… che l’ho vinto l’ho detto, chi me l’ha assegnato pure, l’immaginetta l’ho esposta, mi resta solo (e dici cazzi!) da scegliere i minimo sette fortunati.
     
     
    grimaldiSono andato molto a braccio, e l’elenco non è ordinato secondo alcun criterio. Diciamo che sono tutti blog che leggo volentieri. Ne leggo tantissimi altri, non è quello. Va be’, hanno vinto loro, punto. Si vede che brilleranno o saranno raccomandati, che ne so. Ah, sono tutti link, è solo che non mi si colorano di blu, sempre perchè Splinder fa cagare. Quindi ora, carissimi, tocca a voi sceglierne altri sette almeno. Ma voltiamo pagina e sempre per la serie: Ma sì, ostentiamo pure! a grande richiesta, per caso in realtà, ho trovato sul sito del mio editore il piccolo trafiletto di Vero già bello che pronto e impaginato e allora la mia pigrizia nel dover fare scansioni, sistemarlo, aggiustarlo (oddio che fatica!) non aveva più scuse, e quindi su Vero di un paio di settimane fa c’era lui (mi piace personificare ciò che vita non ha). Chiudo ricordandovi che oggi è venerdì, quindi sono ipergraditissime le vostre trash segnalazioni per il Trash week end di domani/domenica che, ve lo dico, vive sull’orlo dell’ansia più estrema, sul filo tra la spumeggiante gioia e la rabbia omicida. Per ora vi basti.
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  • Quello che non sapete è che io all’Ufficio per l’Impiego poi ci sono tornato altre tre volte, per la bellezza di quattro in totale: tre ieri e l’ultima stamattina. Ieri pomeriggio, dopo le due ore e mezza di attesa vana della mattina perché non avevo con me il CUD (saperlo prima, no eh?!), arrivo col CUD e tutte le mie buste paga e toh, mi ricapita lo stesso simpatico (issimo, proprio!) signore della mattina. Tutto sudato esclamo: “Sono tornato!” (evvivaaa, bentornato Topo Gigio…) Il vecchino digita Grimaldi Massimo, gli compare la scheda di Grimaldi Massimo. “Guardi che…” “Un attimo, sto facendo!” e clicca su iscrizione. “No, ma mi sa che…” “Un po’ di pazienza ché il computer è mezzo scassato!” “Sì, ho capito, ma lei sta iscrivendo Grimaldi Massimo!” “Sì!” “Ecco, io non sono Grimaldi Massimo, sono Grimaldi Matteo.” Sul monitor appare: Iscrizione effettuata. “Che palle, ora dobbiamo rifare tutto da capo. Poteva dirmelo lei, però!” “Eh, io c’ho provato, ma lei…” “Sì, va be’!” Ma tu guarda ‘sta carcassa di uomo, rimbambita e pure cafona!
    Mi mette in mano un mezzo foglietto stropicciato, tipo quello che ti danno dopo aver pagato il campo da tennis, e mi fa: “Questa è la sua ricevuta, arrivederci.” “Basta questo? No, perché a me occorre sapere se ho mantenuto i 24 mesi di disoccupazione per quelle leggi là…” “Sì, l’ha mantenuti, arrivederci!”. Arrivo al Mc, c’era la capoccia in persona, le favorisco il pezzetto di carta stropicciato con su scritto: Si certifica che Matteo Grimaldi è venuto ad iscriversi alle liste del collocamento, ciao. Una cosa del genere. “Vado a chiamare il commercialista.” Torna con gli occhi perplessi, si ferma e mi fa: “Dice che con questo ti ci puoi pulire il culo!” “Ah?!” (Ed io che ero rimasto alla carta igienica, pregevole sottomarca, ovviamente, quindi non tanto morbida e non tanto delicata. Che stupido!) “Ci devi tornare, devi farti dare una carta che attesti che hai mantenuto integri i tuoi ventiquattro mesi di disoccupazione, per gli sgravi fiscali.” “Sì, ha detto che l’ho mantenuti!” (Lo so che lo deve scrivere, però ci provo lo stesso, magari si fidano, no?!) “Sì, ma lo deve scrivere!” Ecco, appunto. “A che ora chiude?” “Mi pare alle 17.30, ci vado doman…” “Corri, che ce la fai!” Sono le 16.54, corro che ce la faccio. Incastro la mia serra a motore in un vicoletto non troppo distante, ma neanche troppo vicino. Sono le 17.13 ce la faccio, sì. Attivo una corsa alimentata da un’aliena forza chiamata desperation, arrivo alla porta che scolo tiepida acqua salata da tutti i pori, spingo, chiuso. Sul vetro il foglietto con gli orari. Aperto al pubblico fino alle 17.00. Ecco, mi pareva male allora. Che palle. Tre volte per non concludere niente. Tanto che stavo in giro mi sono detto: Ora passo alla libreria che m’ha chiamato perché sono finite le copie almeno raggranello qualche spicciolo. Sputaci sopra a cinquanta euro! Arrivo, non c’è il tipo di sempre. C’è un altro che, alla mia richiesta di sborsare i money, si arma di telefono e dà il via a una mitragliata di chiamate, stando tra l’altro molto attento alle parole da usare, perché io sono lì e sento, e il suo tono non è proprio carino, neanche fossi andato là con un taglierino in mano, intimandogli di mettermi in un sacco tutte le copie del nuovo libro di Orietta Berti. Finché: “Il titolare dice che devi ripassare quando c’è Massimiliano, è lui che si occupa di ‘ste cose.” e tu di che ti occupi, di telefonare?! Va be’, ripassare. Insomma, ieri è stata la giornata più inconcludente della (mia) Storia. Se avessi deciso di dormire fino alle 20.30 avrei ottenuto gli stessi risultati e cioè una ceppa leppa. Stamattina sono ripartito alla carica. Al Collocamento lo stesso vecchio. “Senta, facciamo che mi stampa tutto quello che mi riguarda per piacere, ché è la quarta volta che vengo, grazie!?” “Sì, ma non s’arrabbi, non è colpa mia!” “Non sto dicendo che è colpa sua, però capisce bene che mi sono anche un po’ rotto di passare le mie giornate qua dentro.” Porto le carte al Mc Donald’s, pare vadano bene. Ricomincio a lavorare lunedì.
    Aria positiva, sai che faccio? Rivado in libreria. C’è Massimiliano, mi paga le copie e mi chiede se posso portargliene altre. Io l’ho finite, gli chiedo il favore di ordinarle all’editore, mi aspetto una risata inarrestabile, invece mi risponde: “Ok, allora le prendo da loro!”, wow e strawow!
    No, tutto questo solo per dire al signor Grimaldi Massimo che non serve che vada al Collocamento a riscriversi, c’ho già pensato io per lui.
    Scrivi un commento →: Mi spiace, deve ripassare! E io ripasso eh!
  • Avevo pensato di lasciare il post compleannoso fino al 29 Giugno prossimo per accumulare un esagerato anno di auguri; avrei dimostrato non poca megalomania, non trovate? No, la verità è che questi giorni sono impallati, come quando ti s’impalla il PC. Quando le finestre non si chiudono più e appaiono clessidre multiple che ti pregano di attendere finché viene fuori la scritta: Il sistema non risponde, e pure ctrl+alt+canc dichiara impotenza, e allora non ti resta che tener premuto il pulsantone generale che tutto ammutolisce. Esatto. In questi giorni ci sono almeno cinque o sei finestre aperte con cinque o sei impegni e scadenze, in cinque o sei luoghi diversi, e nessuna per ora risponde. Metteteci pure il caldo che è davvero insopportabile. In momenti come stamattina, quando sei in fila al Centro per l’Impiego (hanno cambiato nome all’Ufficio di Collocamento, ma la sostanza, ahimè, non cambia mai) per due ore e mezza, col biglietto del supermercato numero 126, e nessun monitor che ti dice a che numero sono arrivati, con la gente che urla: “85… no 93… io c’avevo il 79 e mi siete passati avanti tutti…”, seduto sulla mensola davanti alla porta del cesso, pregando che regga, perché non è proprio una panchina quella, ma non c’è posto e di soffocare in piedi in mezzo a quella baraonda di anime perse non se ne parla neanche, a fianco a un cactus che non è proprio di compagnia, non puoi non chiederti se tutto quello abbia veramente un senso, o tutto questo. Quello che c’è fuori. La vita in generale, insomma. La tua, in particolare (che poi è un modo per dire: la mia).
    E ti sale l’amarezza, perché si riaccendono le luci su tutti gli errori. Sulle scelte che pesano. Ma allo stesso tempo, lì, a fianco a quel cactus, maturi una voglia di rivincita che non ti aspetti da te, perché è vero che il tempo stringe, però, diciamocelo, prima che potrà dirsi scaduto ne dovrà passare ancora. Forse non c’è più spazio per gli errori, ma chi l’ha detto che tu debba sbagliare nuovamente? E allora aspetto il mio turno, e dopo due ore e mezza mi siedo.
    “Sono Matteo Grimaldi, mi è scaduto il contratto ieri, dovrei riscrivermi.” “Mi serve il CUD e l’ultima busta paga.” “Non ce l’ho ora.” “Neanche la penultima?” “No.” “E allora deve tornare.” “Ma ho fatto due ore e mezza di fila!” “Mi dispiace, ma io la devo allegare.” “Siete aperti oggi pomeriggio?” “Sì, dalle 15.30.” “Ci vediamo dopo.”
    Mattinata persa. Che palle. Devo riprendere la macchina che alle tre avrà sviluppato al suo interno l’habitat perfetto per i temibili scorpioni giganti del deserto. Tornare al Collocamento, e poi portare le carte al Mc Donald’s che ha deciso di farmi il contratto a tempo indeterminato almeno, finché non deciderò di emigrare in un punto qualunque dell’Oceania, avrò una mezza specie di lavoro. Intanto devo laurearmi e le solite cose.
    Ecco, ora che ho rimesso a posto le idee mi sento meglio. Stamattina era tutto confuso. Lo è diventanto mentre ascoltavo ammirato la storia di una mia ex compagna di classe che ora insegna alle elementari, e quando mi ha chiesto: “Tu che fai?” ho avuto la netta tentazione di risponderle: “Non comprendo, non sono italiano! perché dire lo scrittore fa un po’ ridere tutti quelli che mi conoscono, e poi non lo dico mai. Non mi piace nascondere tutti i miei numerosissimi flop dietro un libro, e un altro che uscirà presto, e altri cento che forse usciranno. Ora ho di nuovo una linea guida. Ora una finestra pare rispondere ai miei movimenti di mouse. Provo a chiuderla. Una almeno la devo chiudere.
    Tanto che ci sto aggiungo pure che Splinder fa cagare. Motivazione: pubblichi un post e appare 22 minuti dopo. (Riga partorita in quei famosi 22 minuti.)
    Scrivi un commento →: Vita impallata
  • Avevo pensato di saltarlo, il Trash week end di oggi, per quello che è successo a Fabrizio. Però poi mi sono detto che questo blog, che in tanti considerano superficiale almeno quanto il suo autore, forse ora come non mai poteva tirar fuori qualche risata, che non vuol dire essere irrispettosi, ma solo provare a reagire. E quindi il Trash week end si fa e, come vedrete sarà un TWE molto, ma molto trash. Come al solito si parte da voi.
    Godeliano mi segnala il reality di punta della nuova stagione canalecinquesca: Il ballo delle (de)buttanti, ideato e prodotto (ma non condotto) da (ma va?!) Maria De Filippi. A presentarlo sarà la debuttante Rita Dalla Chiesa, per lei una grande emozione la sua prima esperienza in TV. In bocca al lupo Rita! (Maria, quando produci qualcosa che poi non conduci mi sa che sai a prescindere che sarà una porcata. Quindi… braaava braaava braaava!)
    Miyazawa me n’ha segnalate tante, ma così tante, che quando ho letto l’e-mail, tirando un sospiro di sollievo, mi son detto: E anche ‘sto numero è andato.
    Cominciamo con Kate Moss che è volata a Mallorca per tre giorni di totale relax. Il suo viaggio è stato interamente pagato da Sir Philip Green, suo amico e miliardario britannico, proprietario della catena di moda Top Shop. La mini vacanza, quasi un toccata e fuga, è costata 125mila euro (mica cazzi!). Il dettaglio rilevante è il perché: Kate, che ormai con i suoi 34 anni è lì lì per guadagnarsi il titolo di vecchiaccia da tappezzeria dello star business mondiale, starebbe vivendo un periodo di martoriante stress psicologico per via della concorrenza delle nuove leve, toniche, giovani, anoressiche e per questo richiestissime modelle diciassettenni che dominano le passerelle. Kate, stella mia, fattene una ragione. E poi la vita è piena di possibilità, puoi riciclarti in mille modi. Guarda Cecchi PaVone che non se lo cagava più neanche mia madre; è andato a scheccare all’Isola (in senso buono eh!) e ora conduce Scommettiamo che… Magari a te daranno Forum ora che Rita è passata in prime time.
    Blake Fielder-Civil (chi è?), marito recluso di Amy Winehouse (ah, Magica Amy è sposata con un carcerato?), ha offerto 20mila sterline (quasi 25mila euro) per fare a pezzi quello stinco di santo di Pete Doherthy. La notiziola sbuca dal britannico Sun. Anfatti, qualche giorno prima Fielder-Civil aveva visto, proprio sul Sun, una foto di Amy in stato confusionale (sì, va be’…) ed era giunto alla conclusione che la sua mogliettina avesse ricominciato (quando mai ha smesso?) ad assumere sostanze stupefacenti e che il suo fornitore fosse proprio Pete Doherthy, ex fidanzato della sopracitata Kate che, come sappiamo, tutte le mattine fa colazione con una bella tazza di latte e pasticche colorate galleggianti tipo Cheerios.  A compiere il massacro dovrebbe pensarci il suo ex compagno di cella, che da pochi giorni è uscito. Pete, io ho provato ad avvertirti, ora vedi tu!
    Le gemelline sono in arrivo. Logico, quelle di Brad Pitt e Angelina Jolie. Hanno speso la cifra irrisoria di 140mila dollari per allestire la nursery che ospiterà le bimbe (va be’, pure io ho pagato 140 euro la scrivania e quattro mensole per i libri). Hanno chiamato al loro servizio la famosa boutique per bambini Petit Tresor, per arredare non una cameretta ma una vera e propria suite: due lampadari rosa di cristallo (899 dollari), le culle, rigorosamente in stile Versailles (3.200 dollari) i fasciatoi in coordinato (2.800). Gli armadi francesi (4.500 dollari). I giocattoli non saranno, come per i figli dei comuni mortali, in peluche, ma in puro cachemire. Ed io che aspetto sbavante lo stipendio di ‘sto mese di 700 euro a cui devo sottrarre 185 euro che è la rata della macchina, 466 euro che è la rata dell’università, circa 200 euro che è la benzina, diciamo un 100 euro di cocktail del giovedì e sabato sera e cenette, altri 100 euro di varie ed eventuali e stiamo a: -351 euro… Svengo! (Un ragazzo che vorrebbe pubblicare un libro ieri m’ha chiesto se sono ricco; a ‘sto punto immagino che si sarà risposto da solo.)
    Marco Borriello, attaccante del Milan, è stato sospeso dopo essere stato trovato positivo ad un controllo antidoping. Dai risultati è emerso che aveva preso dei corticosteroidi (cheee?). Solo oggi, a quanto sembra il tutto risale al Dicembre 2006, si è trovata la colpevole: la candida. Ebbene sì. La sua fidanzata, Belen Rodriguez, ai tempi soffriva di quest’infezione vaginale. I piccioncini, in preda agli ormoni, si lasciarono travolgere da un rapporto non protetto e patatan! ecco che anche lui s’è preso la candida. Allora lei, anima pia, gli ha dato la crema al cortisone che il medico le aveva prescritto. La società rossonera ha convocato la bella Belen e ha voluto sapere come s’erano svolti i fatti. Lei candidamente (Miya, questa te la potevi risparmiare però!) ha dichiarato: “Marco non è un dopato. Quando siamo in casa non beve né il tè, né la Coca Cola. Ha paura che possano avere effetti eccitanti collaterali”.
    Miya è ufficialmente nominato vice direttore del Trash Week End. (Cazzi tuoi caro mio; perché al primo venerdì sera che non avrò visto, massimo alle 23.30, sul mio tavolo, almeno quattro bollenti trash-news di quelle very very trash, sarai licenziato!)
    Ora le mie. Partiamo con un paio di schegge musicali. Marco Carta dopo aver trionfato Amici trionfa pure nelle vendite. Allibito e anche un po’ contento, ammiro il suo terzo posto con oltre 35mila copie vendute, dopo Coldplay e Ligabue che non sono proprio Paola&Chiara eh! Beh, alla fine, uno e dico un Amico di Maria è emerso! In bocca al lupo a lui, ci auguriamo che resti a galla, ecco, e tanto che ci stiamo, facciamo un grosso in bocca al lupo pure al Festivalbar che si prende il suo anno sabatico. Pare che quest’anno avessero pensato in grande. Si festeggiavano i 45 anni di Festivalbar e i 10 dalla scomparsa di Salvetti padre, colui che l’ha ideato. Grandi nomi a partire dalla conduzione affidata a Lucilla Agosti e Mammucari (grandissimi proprio) e poi le star mondiali che avrebbero dovuto (molto condizionale) partecipare, ma ad un certo punto blackout. Un sacco di forfait e Andrea Salvetti decide di mandare a cagare l’edizione di quest’anno per tornare il prossimo più trionfale che mai. Andrew, ma chiuderlo definitivamente no?!
    E ora le chicche bomba. Tanti auguri a me, è la prima. Sì, oggi, se la memoria non m’inganna, compio diciannove anni. Ho appena finito l’Esame di Stato e ora mi libero da tutti i pensieri in attesa del primo giorno d’università… Grazie a tutti voi che avete intasato la TAG con gli auguri e grazie a chi mi ha mandato un sms, e a chi me lo manderà, e a chi m’ha telefonato, e a chi mi telefonerà, e a chi m’ha scritto un’e-mail, e a chi me la scriverà (fanculo a chi non farà niente di tutto questo!). Grazie al Myspace che ha avvertito tutti i miei friends così in anticipo, ma così in anticipo che m’hanno fatto tutti gli auguri il 26 facendo sì che una carovana di sfiga piombasse su di me senza pietà. Ma soprattutto grazie alla mia famiglia che sta fingendo di non ricordarsi che oggi è il mio compleanno, e ci sta riuscendo così bene che comincio a credere che non sia così improbabile che la finzione non sia finzione, non so se è chiaro.
    Chiudo questo Trash Week End con una segnalazione importante. Qualche notte fa passeggiavo con Niccolò per il corso, era l’una e mezza passata e stavamo per tornare a casa quando ci sorprendiamo a fissare questo nano grasso che prosegue nella direzione opposta.
    Io: “Ma è Beppe Grillo!”
    Niccolò: “Ma è Lello Arena!”
    Il mistero rimane irrisolto fino a ieri sera. Infatti, mentre in pizzeria azzannavamo le nostre bruschette, che come al solito hanno risbagliato a portarci (io la volevo ai funghi e mi è arrivata alle zucchine), fa il suo ingresso proprio lui: il nano grasso anche un po’ depresso, e parecchio informe (aggettivo non implicito nel grasso) con la stessa tenda a forma di camicia e gli stessi pantaloni che ci realizzi un abitino per diciassette bambini della Bolivia. È Lello Arena (di Verona). No non è Lello Arena. Sì che è Lello Arena. No, ma che ci starebbe a fare Lello Arena qua. Sì, ma mica stiamo a parlare di Clooney. Guarda che pure Lello Arena ha ritrovato la sua celebrità, ora fa l’arbitro ai ring di Buona Domenica, figurati se viene a L’aquila. Va be’ lo chiedo alla cameriera. Richiamo l’attenzione della donzella: “Scusa?!” “Sì?!” “Posso farti una domanda indiscreta?” “Sì, dimmi!” Dagli occhi allupati e le ciglia che sbattono vorticosamente capisco di aver sbagliato la premessa, perché ora lei si aspetta che le chieda se è fidanzata e a me poco frega, piuttosto io voglio sapere: “Ma quel signore là, è Lello Arena?”. Lei torna a guardare i piatti e le forchette e i coltelli che sta portando via dal tavolo vicino al nostro mentre dice: “Non l’ho visto, comunque oggi a pranzo c’era!”. Cioè, praticamente, sta sempre là?
    Pure tirchio il nostro Lello, visto che quella è la pizzeria più economica dell’Aquila (ci sarà un motivo per cui noi non cambiamo mai, no?!).
    Scusate se mi sono dilungato, la prossima proverò ad essere un po’ più stringato. Grazie come sempre a voi per le vostre segnalazioni e ne aspetto di nuovissime per venerdì prossimo, perché Trash week end… continua!
    (Tanti auguri a me!) (L’hai già detto!) (Sì, lo so.) (E allora perché lo ripeti?) (Così…) (Megalomane!) (Grazie!) (Guarda che non è un complimento!) (Lo so!) (E allora perché dici grazie?) (Perché è vero!) (Allora sei proprio un megalomane!) (Grazie!) (Ancora?) (Sì; potremmo andare avanti all’infinito, lo sai?) (Ma non ti sembra di esserti già dilungato abbastanza?) (…) (Hei?!) (…) (Se n’è andato, il bastardo!) (Guarda che ti sento!)
    Scrivi un commento →: Trash week end (6) (Tanti auguri a me!)
  • Volevo scrivere tante cose allegre. Avevo pensato a un paio di battute mica male, avevo l’umore a mille fino a poco fa perché ero riuscito a studiare, a capire qualcosa in più e poi, col Trash week end in arrivo, già mi veniva da ridere. Poi ho acceso la TV e mi sono sintonizzato sul TG3 regionale. Proprio una brutta notizia. È morto il fratello di un mio compagno di classe delle medie. Fabrizio Marcelli. S’è schiantato con la moto contro il cordolo della rotatoria del centro commerciale L’Aquilone. Hanno provato a soccorrerlo, ma il cuore ha smesso di battere poco dopo essere arrivati in ospedale. Aveva ventuno anni e giocava a calcio. E poi il TG è passato ad un’altra notizia. Di politica. A me continuava a riecheggiare il nome di quel ragazzo che non ho subito ricollegato. Ho fatto una ricerca su internet e quando ho visto la foto mi sono sentito d’un tratto vuoto. Lo conoscevo di vista; una volta, mentre aspettavo Stefano, c’ho anche scambiato due chiacchiere. Con Stefano, suo fratello appunto, è tanto che non ci sentiamo. Una di quelle frequentazioni che si perdono alla fine della scuola. Di quelle che ti fermi a parlare quando capita, e che ti saluti da lontano.
    Molto probabilmente non andrò al funerale. Mi sembra di invadere il dolore della sua famiglia con la mia presenza, che non può contare nulla, perché comunque non sono parte della loro vita. Visto che quando si parla della morte di una persona comune la cosa tende a precipitare nel vuoto e nel silenzio, io vorrei lasciare un piccolo segno. E posso lasciarlo solo qua, perenne. Poche parole che spero qualcuno possa leggere a Stefano, perché io non sono proprio capace in questi momenti di cercare il suo numero, prendere il telefono, chiamarlo, e dirgli che mi dispiace tanto. Non sono proprio capace e non voglio neanche esserlo, capace. Mi trasformerei in una maschera di lacrime e non riuscirei a dire niente.
    La mia dedica è un pezzetto del Piccolo Principe. Quando è il momento di salutarsi perché l’aviatore è riuscito ad aggiustare il motore del suo aereo, e il principino deve tornare sul suo pianeta. È l’aviatore che racconta:
     
    Mi sentii gelare di nuovo per il sentimento dell’irreparabile. E capii che non potevo sopportare l’idea di non sentire più quel riso. Era per me come una fontana nel deserto.
    “Questa notte… sai, non venire!”
    “Non ti lascerò!”
    “Sembrerà che io mi senta male… sembrerà un po’ che io muoia. È così. non venire a vedere, non ne vale la pena…”
    “Non ti lascerò.”
    Quella notte non lo vidi mettersi in cammino. Si era dileguato senza far rumore. Quando riuscii a raggiungerlo camminava deciso, con un passo rapido. Mi disse solamente: “Ah! Sei qui…” E mi prese per mano. Ma ancora si tormentava: “Hai avuto torto. Avrai dispiacere. Sembrerò morto e non sarà vero… Io stavo zitto. “Ma sarà come una vecchia scorza abbandonata. Non sono tristi le vecchie scorze…” Io stavo zitto. Si scoraggiò un poco, ma fece ancora uno sforzo: “Sarà bello, sai. Anch’io guarderò le stelle. Tutte le stelle saranno dei pozzi con una carrucola arrugginita. Tutte le stelle mi verseranno da bere…” Io stavo zitto. “Sarà talmente divertente! Tu avrai cinquecento milioni di sonagli, io avrò cinquecento milioni di fontane…” E tacque anche lui perché piangeva. “È là. Lasciami fare un passo da solo.” Si sedette perché aveva paura. E disse ancora: “Sai… il mio fiore… ne sono responsabile! Ed è talmente debole e talmente ingenuo. Ha quattro spine da niente per proteggersi dal mondo… mi sedetti anch’io perché non potevo più stare in piedi. Disse: “Ecco… è tutto qui…” Esitò ancora un poco, poi si rialzò. Fece un passo. Io non potevo muovermi. Non ci fu che un guizzo giallo vicino alla sua caviglia. Rimase immobile per un istante. Non gridò. Cadde dolcemente come cade un albero. Non fece neppure rumore sulla sabbia.
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  • Invidia

    Mi è capitato spesso di sentirmi invidioso, però, col senno di poi, non mi vergogno della mia, di invidia. Non so come definire questo stato d’animo che mi anima quando incontro vite brillanti. Quando m’imbatto in fortune troppo evidenti, troppo luminose, perché possa considerarle comprensibili, soprattutto perché non appartengono a me. Se non col termine invidia. Non che cambierei la mia vita con una di quelle, perché vorrebbe dire rinunciare all’intero pacchetto e istallare tutto l’altro. Certo, se fosse possibile una fusione, ci penserei. Però io non ho mai desiderato il male di un’altra persona, non ho mai desiderato la malasorte più grave, magari che toppasse almeno un esame, quello sì, io che per superarlo ho avuto sempre bisogno del forzato massacro, perché quella scaglia fortunosa che si fa determinante, io non l’ho beccata mai, o quasi mai. Quello che voglio dire è che la mia, però, è una sana invidia. Non mi è mai saltato in mente di agire a tentare vane distruzioni. Né di pianificare azioni, lotte, provocazioni. Il mio è un sentimento un po’ mischiato. Diverso. Non cattivo. C’è persino dell’ammirazione, emulazione, ricerca di strade comuni,  nella speranza di raggiungere risultati affini. Nell’invidia che altri stanno dimostrando, invece, c’è solo rabbia per i propri fallimenti, per le proprie frustrazioni, per il non esser riusciti loro, che si scatena in manifestazioni al colmo dell’evidenza e della comicità.
    Io ho sempre cercato di costruire la mia casa lentamente, dalle fondamenta, affrontando i disagi della Natura: il vento, la pioggia, il terremoto che di tanto in tanto si divertiva a buttare tutto giù. Ho sempre pensato a scavare, quando saltare non era possibile, e neanche volare; si mettano l’anima in pace coloro che sperano di superare così le difficoltà. Scavavo tunnel, e là nessuno era in grado di vedermi, di trovarmi e di ascoltarmi singhiozzare. E poi tornavo su e ripartivo in qualche modo. Senza esagerare. Senza credere di poter sistemare tutto in un’ora o in una notte. Ma mai e poi mai mi sono azzardato a piazzare bombe sotto le case o i sogni altrui. Mai e poi mai mi sono insinuato nei rifugi altrui, dove l’anima riposa senza protezioni. Qualcuno di molto antipatico, non perché lo conosca, ma perché un tipo che fa questo non può essermi simpatico, ci sta provando con me, infangando il mio nome come e dove può. Convinto forse di crearmi problemi. Ancora una volta la dimostrazione che dietro comportamenti del genere, oltre alla palese ignoranza, vi è una stupidità cosmica. Perché il bello è che qualcuno ritiene di poter infiltrare zizzania in rapporti molto seri, legati da intenti studiati da tempo, rapporti di assoluta fiducia, rapporti di successo. Invece basta una telefonata per riderci su e progettare altro, perché fin’ora ha funzionato tutto. Devo dire la verità: certe faccende mi divertono. Però un po’ mi dispiace perché tante energie invece che sprecarle mandandole a sbattere contro il muro di gomma dei miei occhi, potrebbero fruttare anche qualche soddisfazione che, invece, quel qualcuno crede di trovare nell’affanno, nel sudore, e in quello che è e sarà sempre e solo un eterno rosicare. Dio quanto rosica!
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  • Mai sottotitolo fu più azzeccato di quello della Stanza. Sono cotto come un maialino (cotto, chiaramente. Altrimenti avrei detto: crudo come un maialino. Che sia spiedo, forno, padella poco importa). Però sono più magro di un maialino. La similitudine con l’irsuto animaletto era legata solo alla colorazione post-cottura, non certo alla massa corporea dei due termini di paragone (il maialino e me) sia chiaro! La botta di sole presa domenica continua a lasciarmi addosso segni agghiaccianti e anche parecchio schifosi. Intanto le croste sulla tempia destra (zona delicata, quella) hanno raggiunto il loro picco esplodendo contemporaneamente e liberando un liquame giallino che seccandosi ha dato vita ad altre crosticine, fortunatamente (come evidenzia il diminutivo ine) più piccole. Poi la pelle. Ohssantocielo! Ma cosa c’era in quel sole? Che composizione chimica avevano quei maledetti raggi? Il mio vellutato visino ha assorbito, senza far troppe storie, cinque ore d’intenso bombardamento di ultravioletti d’alta quota. Le storie l’ha fatte dopo. Provate a immaginare un fuoco sottopelle che si agita a ritmo di battito animale, batte come non ce n’è… Pensate che ieri accompagnavo un mio amico in centro con la macchina e lui sconvolto mi fa: “Hai acceso il riscaldamento, ma sei pazzo?” “No, è la mia faccia!”. Ormai un termoriscaldatore color fragola di stagione.
    Quel che è peggio è che siamo solo alla seconda fase. La più terribile deve ancora palesarsi; quella che ti invalida, ti costringe all’isolamento, ti rende l’ultimo degli esseri su questa Terra. Quella che porta il dito dei passanti a puntarti, per poi emettere un bleah! burp! glab! vomit! e simili, e voltarsi dall’altra parte. Numerosi coloro i quali al verso hanno ritenuto opportuno allegare l’esclamazione: poveraccio! (ho una sensibilità, io); la terza ed ultima fase: l’inarrestabile desquamazione.
    Sto provando in tutti modi a modificare il corso degli eventi, ma non vedo speranze. Ho impiastricciato la mia faccia con quintali di crema Nivea, e continuo a farlo ogni due ore. Pare reidrati la pelle e la aiuti a rimanere incollata. Ma così non è perché, già sul naso, piccole pellicine cominciano a svolazzare attaccate per un microscopico lembo. E poi la più chiara delle risposte arriva al tatto. La pelle è raggrinzita, secca, come una superficie che starà lì ancora per poco, morta sostanzialmente.
    “Devo andare a comprare le sigarette.” “Ti accompagno!” Faccio per uscire dalla macchina e: “No, no, non ti preoccupare.” “Ma sì, dai, ti accompagno. Che resto a fare in macchina?” “Resti che… non puoi andare da nessuna parte. Sei mostruoso!” Ok, resto in macchina. Intanto stacco qua e là.
    La trasformazione, se proprio non ce la fa a non proseguire il suo corso, l’importante è che trovi compimento al più presto. Perché io sto in ferie ancora qualche giorno, e non posso tornare in cassa drive a spaventare i bambini. Mica è Halloween!
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  • Abbiamo finalmente sfatato l’incubo dei rigori. Abbiamo vinto. Mitici! Ora ci aspetta la Russia in semifinale. Ma riviviamo, con gli occhi lucidi della gioia più bella, gli splendidi tiri dal dischetto della nostra Nazionale di eroi contro la Spagna.

     
    Non era la Spagna quella? Come abbiamo perso?! Oddio, ho sbagliato filmato su You Tube!
    Va be’, è inutile prenderci in giro. Che non fosse proprio una grande Italia s’era abbondantemente palesato. Tre partite: una persa, una pareggiata col Burundi e una vinta contro la Nazionale Cantanti Francesi facevano ben sperare solo Donadoni che, viste le condizioni di Toni che in campo pareva uno di Zelig, e la tenacia dimostrata nel non volerlo sostituire, non so chi sperava segnasse, forse Buffon. Comunque ai quarti c’era arrivata, la Spagna non è che abbia proprio incantato (neanche l’Italia, per carità!) e quindi i rigori.
    La piccolissima differenza che intercorre tra i piedi dei giocatori spagnoli e quelli degli italiani è la stessa che c’è tra un bradipo e l’eterna danzatrice Carla Fracica, come la chiama Franco. E gli italiani sono il bradipo, se non s’era capito. Tutti parlano della lotteria dei rigori. Ma quale lotteria? Il rigore è un gesto tecnico di quelli che tu provi e provi e provi in funzione di serate uniche, l’occasione della tua vita, quando hai gli occhi del mondo addosso, e quella palla deve entrare. E non è entrata. L’emozione. Ma quale emozione oh! Quella è gente pagata milioni di euro per giocare certe partite. E lo stipendio non è che glielo levano, ora che hanno perso. Sì, sono un po’ incazzato, in particolare col signor Di Natale che, se aveva fretta, o altro da fare, poteva defilarsi e andare a prendere il primo aereo per Fanculicchio, ché qualcuno che calciasse per lui lo trovavamo. Ha battuto il rigore con una sufficienza che lo parava pure mia nonna, figuriamoci Iker Casillas che non è proprio mia nonna. Poi la storia di Del Piero numero cinque. Ma Donadoni l’ha capito che l’ordine è fondamentale, o pensa che per i rigori valga la proprietà commutativa come per la somma?
    Complimenti a Miyazawa che c’ha quasi beccato; un po’ meno complimenti a Donadoni, che non si dimette (tanto ci penserà Abete (non so chi sia, ma penso uno importante)), su cui ora incombe il fantasma di Lippi. Ok che dopo la vittoria mondiale non s’è visto più, ma non sapevo fosse morto. E com’è successo? Se fossi in Lippi mi farei un grattatina. E poi che ansia! È la nazionale italiana, mica il bosco di The Blair Witch Project!
    Scrivi un commento →: Italia in semifinale contro la Russia… Grandissimi!
  • Buonasera (oddio, c’ho la faccia bruciata che sono andato a fare una scampagnata coi colleghi del Mc e c’erano pure le mucche e i vitellini e un toro che mi osservava  per niente amichevole) e benvenuti al Trash week end (5). Diamoci una mossa ché è tardi, e cominciamo con Naomi Campbell che ne ha ricombinata una delle sue, stavolta all’aeroporto di Heathrow. Era diretta a Los Angeles, ma per un problema di bagagli il volo aveva subito un piccolo ritardo. Quando il malcapitato agente le ha comunicato che la sua valigia che conteneva un preziosissimo completo Yves Saint Laurent, che le era stato prestato per partecipare ad uno show televisivo in USA, era andata dispersa, lei si è trasformata in un’incontrollabile belva. Ha aggredito verbalmente l’equipaggio della British Airways per poi sfogarsi su due agenti a calci e a sputi. Dovrà scontare duecento ore di lavori socialmente utili, risarcire duecento sterline (duecentocinquantadue euro) ad ogni agente offeso (si so sprecati!) oltre a pagare una multa di duemilatrecento sterline. Naomi non è nuova ad episodi di questo tipo, ricorderete tutti quando l’anno scorso prestò cinque giorni di servizio presso la nettezza urbana di New York per aver aggredito la sua cameriera. In tutto questo mi chiedo: ma alla fine il suo vestito, l’avrà ritrovato?
    Torniamo in Italia; non vorrei rovinarvi la serata comunicandovi che Vladimir Luxuria sarà uno/una dei/delle protagonisti/ste dell’Isola dei famosi. Non oso immaginare la trasformazione fisica che la ex parlamentare subirà per forza di cose tra le desolate spiagge Venturesche. Credo che non potrà: farsi le cerette, farsi la barba, farsi i capelli, farsi gli ormoni. Oddio, Vladimir, cosa diventerai? Ripensaci, ti prego!
    Flavio Briatore ed Elisabetta Gregoraci sono partiti per la luna di miele, destinazione: Egadi. Finalmente per Flavio ed Eli è giunto il momento di godersi il meritato riposo. I giorni precedenti al matrimonio sono stati impegnativi e frenetici. Così recita l’articolo. Sono contento per loro, avevano davvero bisogno di un attimo di pace. Quando il mercoledì, e talvolta il sabato, scarico il camion al Mc Donald’s penso a Briatore e alla Gregoraci e mi convinco di essere una persona fortunata. Dobbiamo sempre tener presente chi sta peggio di noi, chi ha avuto in sorte una vita difficile e si spacca la schiena tutto il giorno per andare avanti. Eli e Bria tenete duro!
    Jamie Lynn Spears (la sorella dell’arcinota Britney) è diventata mamma a diciassette anni, di una bimba che hanno chiamato Maddie, pare per omaggiare Madonna, pare sempre perché anche Jamie vorrebbe fare la cantante. Britney era presente in ospedale quando è nata la nipotina, sì, incatenata al letto numero sei, della terza bianca stanza imbottita e insonorizzata del reparto Psichiatria, con fagotti in bocca per evitare che gridi e litri di calmanti nella flebo.
    Rimaniamo in tema very important person, ma very very, e parliamo di Mariah Carey, la regina delle classifiche di tutto il mondo, che tratta il giovane neomarito come fosse il suo schiavetto, e si fa pure portare alla toilette, così lui, mentre lei espleta i suoi bisognini, le tiene la borsa. Che ci terrà dentro ‘sta borsa? Non è che è stata lei a fregarsi il vestito a Naomi?! Ora la segnalazione di m, che si preoccupa delle condizioni igienicosanitarie di Zac Efron che, con tutto il rispetto, non conosco, ma pare abbia fatto un musical. Ebbene, questa giovane stella del cinema, dalle stimatissime fonti di MSN, parrebbe dimenticarsi spesso di fare la doccia. Allora facciamo un appello a Zac non tanto per lui quanto per il bene di chi deve stargli vicino: e lavati!
    Ed ora una notiziola carina neanche troppo nuova. Un cinquantasettenne giapponese (va be’, mica devono essere tutti famosi), insospettito dal suo frigorifero che si svuotava misteriosamente durante la notte, ha istallato un sistema di videosorveglianza nel suo appartamento di Fukuoka, per scoprire che una sconosciuta viveva da tempo nel soppalco del suo armadio. Quando l’uomo non c’era l’inquilina usciva alla ricerca di cibo. Al momento dell’arresto ha dichiarato di non avere altro posto dove vivere. Pure lei non ha tutti i torti. Allora io mi appello al vostro buon cuore. Se avete un soppalco, una casetta di legno da esterni o semplicemente un frigorifero, ospitatela! In fondo lei non fa del male, mangia e basta, e neanche vi disturba perché esce la notte a procacciarsi il cibo (in casa vostra).
    Chiuderei con un video trash-comico segnalatomi da Ariel. Guardate questo bimbo che sparata regina!

    Bene, prima di salutarvi e darvi appuntamento alla prossima settimana con un nuovo TWE, non posso ignorare le nefaste parole di Miyazawa che, ricordiamolo, non ha sbagliato una sola previsione sull’Italia azzeccando di volta in volta persino i risultati. Per lui stasera vince la Spagna 3 a 1.
    Au revoir!
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sono Matteo

Sono nato a L’Aquila nel 1981.
Adesso vivo a Firenze, insegno ai bambini della scuola primaria e scrivo romanzi definiti “per bambini e ragazzi”, ma io dico non vietati agli adulti…

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