Questa luce nuova, che attraversa la stoffa della tenda della mia stanza e mi raggiunge, sbatte sul cielo e lo colora di un azzurro diverso. Sarà l’abitudine forzata a 10 lunghi giorni di straordinarietà naturale, scesa a granelli leggeri che, alla poesia della scenografia, hanno aggiunto ghiaccio malinconico che non basterà questa luce nuova a sciogliere. Però che sole!
Cambio e ricambio idea. Non sono mai stato tanto confuso come in queste settimane. È il peso delle decisioni che preme sulla schiena e, quando diventi grande e grandi diventano pure le decisioni, non è sufficiente una forza casuale. Quella che sento io quando rifletto e penso: So cosa è giusto fare innanzitutto, il resto si vede poi. Eppure riesco a rimandare con modi fantasiosi e impegni nuovi che intrecciano ancor di più i 4 o 5 gomitoli di questi anni. Prendo in giro me stesso e scelgo di restare fermo in questa gabbia di onde, di fuoco, di salti in aria, di ricadute sulla superficie dura di un pavimento di cotto neanche pregiato.
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