Nell’aria distinguibile l’odore delle prime avvisaglie che precedono una serata avventurosa. Frank, che di solito è sempre in largo anticipo, arriva a casa, per la prima volta nella sua vita, con due minuti di ritardo. Devo prelevare e mettere benzina. Il bancomat di fiducia è fuori servizio. Ne troviamo un altro. Il traffico ci ingabbia. Chiamiamo Papi che ha appena staccato dal lavoro e ci dice che fra dieci minuti ci aspetta fuori assieme a Veru e Fabrice. Dieci minuti sono anche troppi per la distanza che dobbiamo colmare e invece a L’Aquila, per fare duecento metri alle sei del pomeriggio, di minuti ne impieghi quaranta. Qui ormai versano in stato tanto confusionale che si svegliano la mattina e ridisegnano le strade in modo molto creativo. Pieno di benzina e pieno in macchina. In cinque e Veru dice che secondo lei nella mia macchina in tre dietro non si può stare perché è stretta. E questa è la prima di tante cose che nel corso della serata le daranno fastidio. (Veru, loviù!)
Mangiaparole, il caffè letterario della presentazione, sta a Roma, in via Manlio Capitolino e allora Papi, da brava mamma del navigatore satellitare, seleziona Italia, città: Roma e scrive Via Manlio Capitolino numero civico 7, o almeno è quello che lei dichiara di aver fatto. Che il navigatore non fosse in giornata l’ho capito quando ha tentato di farmi imboccare tutte le uscite possibili e immaginabili della L’Aquila-Roma, pure quelle dei paeselli schifati persino dal nonno di Heidi. Non me ne sono più di tanto preoccupato, a Roma ci so arrivare. Il problema lo affronteremo dal casello in poi, sperando che il navigatore si riprenda. Così non è, le condizioni di quella diavoleria peggiorano al punto che prova a convincermi che mancano sempre due minuti alla destinazione. Lo dice alle 19.00, alle 19.20, alle 19.45, i due minuti sono sempre due minuti, nonostante siano passate due ore. Dopo un’infinita serie di Sto ricalcolando il percorso perché io sbagliavo a imboccare le vie, o lui sbagliava a segnalarmele, o il carro armato che la Papi in una notte di alcool deve aver scelto come icona mobile, si muoveva sul monitor così lento che mi diceva di girare un quarto d’ora dopo che avevo girato, o io non ci capivo niente con quella striscia viola che dovevo seguire, sarà per la tensione che si respirava, le lacrime che rigavano il viso della Papi e io che le dicevo: “Sì, ma tu che lo sai interpretare, che quando sei andata a Firenze ci sei arrivata davanti all’albergo, dimmi che strada devo prendere!” E lei biascicava: “Eh, adesso dice che…” “Dice che?” “Che devi gira’, no…” “Forza che c’è il bivio!” “Non lo so, non lo so!” PE-PEEEEEEEEE! “Aho, te levi da ‘mezzo ai cojoni?” (Comprensivi i guidatori per le strade romane.)
Fra duecento metri mantenere la destra. Mantengo la destra e… Sei giunto a destinazione. “Miracolo!”
S’insinua un dubbio. A destinazione sì, ma dov’è Mangiaparole? “Va be’, starà qua vicino” biascica Papi sempre più disperata, perché lei dentro di sé ha capito. Villa Borghese Parking. Io, come trascinato da una forza sovrannaturale, non so ancora bene perché, ci entro dentro. Chiamo Luca Sacchieri, l’altro autore, gli chiedo se Mangiaparole sta vicino al parcheggio di Villa Borghese. Ovviamente è dall’altra parte di Roma, sulla Tuscolana e manca mezz’ora alla presentazione. Dobbiamo uscire da qui. I parcheggi sono come la droga: ci entri gratis e ne esci a caro prezzo, un euro e settanta in cambio della libertà. Mi accosto qualche istante al lato della sbarra alla ricerca del segreto per farla alzare visto che la macchinetta non ha la fessura per inserire il denaro, e un rincoglionito a due chilometri orari mi tampona. Dopo la costatazione molto amichevole culminata con un: “Mi scusi eh, ma questa è l’ennesima prova che dopo i sessant’anni dovrebbero togliere la patente a tutti” riprogrammiamo il navigatore secondo le indicazione di Sacchieri e arriviamo sulla Tuscolana. Tutto questo alle nove passate, da poco però, nonostante qualcuno mi aspettasse da più di un’ora e non perché affetto da una curiosa sindrome della dolce attesa, ma perché gliel’avevo detto io che sarei arrivato un po’ prima per vedere la situazione. Invece sono arrivato un po’ dopo e la situazione era di decine di persone pronte a sbranarmi, non prima di aver finito il buon vino bianco nei calici.
Ho subito provveduto a farmi fare un doppio Bayliss, l’unico super alcolico in loro possesso, al quale bicchiere ne ho fatto seguire un altro di vino, e puntuale è arrivato il piacevole effetto.
Il pubblico folto e al loro posto.
Pronti via.
Ce la siamo cavata, nonostante fossimo rifiniti a parlare di gggiòòòvani e lavoro, gggiòòòvani e precarietà, i gggiòòòvani e il loro grande cuore. Non potevamo evitarlo visti i protagonisti dei nostri romanzi. C’è stata una bell’intesa e credo sia venuto fuori quello che avevamo l’urgenza di raccontare, quello che ci spinge ogni giorno a buttar giù dita e occhi sui tasti e non fermarci finché si può, quello che vive nei nostri libri. Io c’ho messo l’aspetto della mia personalità che non si abitua mai al contesto e va da sé, pronto a dissacrare le atmosfere seriose e a strappare una risata. Pur provandoci, quello a freno non lo tengo mai.
Grazie ancora a Luca Sacchieri di aver voluto condividere con me quest’esperienza. Grazie a Frank, Papi, Fabrice e Veru di aver riempito il viaggio di risate. Grazie a Vale e Raffy e poi ai simbiotici Alessandro e Marta, Luigi, Simone, Daniele (Geniale), Dani e la sua amica giornalista che è arrivata alle undici e, come promesso, scriverà del dopo presentazione (ah ah ah!), Andrea, Nicola, Rachele di SoloLibri e suo marito, Stefano Giovinazzo per aver pubblicato Luca, Sara Saorin per aver pubblicato me, Mangiaparole per averci ospitato e tutti coloro che hanno scelto di riempirlo e dedicarci un paio d’ore del loro tempo. Grazie a chi ha acquistato Supermarket24, conoscenti e non che spero mi faranno sapere cosa ne pensano. Tutti costoro sappiano che sono pronto a rimborsarli con gli interessi.
Questa era certamente l’ultima presentazione di Supermarket24 del 2010 di cui resta un documento video grazie al signor Mangiaparole che ha ripreso tutto e l’ha montato in sei minuti (io sono troppo scemo e il maglioncino è prugna non nero), ma non finisce qua (non finisce mai qua!) e allora ripartiamo il 2011, non so bene quando e da dove, ma so che sarà bello.
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