Il furto perpetrato ai miei danni da un tipico ristorante di Porretta Terme, del quale scelgo di mantenere (ancora per poco) l’anonimato, non sembra per ora proiettato a un’amichevole risoluzione.
Riassunto puntata precedente [
– Al termine della cena di martedì scorso, peraltro molto gradita, il folle digita, con estrema nonchalance, 465,70 euro al posto di 46,50 e mi porge il POS affinché io inserisca il PIN (senza controllare l’importo, non lo faccio mai, stronzo che non sono altro) e io lo faccio.
– Mi accorgo solamente a casa, 3 giorni dopo, della sparizione della somma di euro 419 circa, equivalente per intenderci a metà della mia busta paga, a 500 chilometri di distanza dal tipico ristorante in questione.
– Chiamo il fisso del ristorante. La signora, prima mi deride quanto basta per farmi sentire un idiota, come se la colpa fosse mia, cosa alla quale più volte mi pare che alluda, poi m’invita a chiamare il signor T, titolare e fratello del digitatore folle. (Il nome e il cognome saranno svelati assieme a quello del tipico ristorante, qualora la faccenda persista su questa cattiva strada, non soltanto a voi lettori, ma anche al mio avvocato, alle forze dell’ordine, e pure al Pentagono e all’Area51).
– Telefono al signor T che mi chiede un fax con lo scontrino della ricevuta del POS e l’IBAN del mio conto corrente, promettendomi il bonifico fra il lunedì e il martedì della settimana entrante, cioè ieri.
– Io ci aggiungo un paio di righe riassuntive, tanto per avere la certezza di evitare fraintendimenti e concludo: “Per qualunque comunicazione può contattarmi al numero 3497xxxxx3.” Invio il fax il venerdì stesso.
Fine riassunto puntata precedente che trovate nella sua interezza a questo link]
Visto che quei 419 euro mi mancano più di quanto ad Heidi mancasse Peter, rinchiusa nella villona di Clara con quella simpaticona della signorina Rottermeier, a Francoforte, stamattina, dopo aver verificato che sul mio conto non s’era mossa una foglia, decido di richiamare. Se avessero ricevuto il fax, avrebbero già chiamato. Ce l’ho messo apposta il mio numero, mi ripeto. Beh, mi sbagliavo. Il fax è arrivato, ma nessuno se l’è cacato.
“Ristorante La VxxxxxA buongiorno?”
“Buongiorno, sono Matteo Grimaldi. Volevo sapere se avevate ricevuto il fax che ho inviato venerdì.”
“Quale fax?”
“Quello con i dati per il bonifico. Ha presente la faccenda del POS che invece di scalarmi 46 euro me ne ha scalati esattamente 10 volte tanti?”
“Un attimo che le passo il titolare.”
Non faccio in tempo a dire: “Sì, grazie” che la sento presentarmi così: “È quello del bancomat”.
Cioè, io sarei quello del bancomat?
“Pronto?”
“Salve, io sono quello del bancomat, lei dev’essere il signor T.”
“No, sono il fratello.”
“Ah, allora è lei che ha digitato, quella sera!”
“Sì, come sta?”
“Io bene. Voi?” (Il locale è ancora tutto intero, sì? Aspettate qualche altro giorno ancora e vedrete… le pietre proprio, piovere dal cielo, ma grandi grandi!)
“Ha ricevuto il bonifico?”
“Ehm. No, ho chiamato proprio per sapere qualcosa.”
“Mi può richiamare fra 5 minuti che chiamo T?”
Passano 5 minuti. Penso che 5 minuti uno lo dice tanto per dire e allora ne aspetto altri 3. Richiamo; squilla libero, ma non mi risponde nessuno. Metto l’acqua a bollire, il sale. Mi sbuccio un mandarino, poi un’arancia. L’acqua bolle, butto 130 grammi di spaghetti (quando mi innervosisco mi sale la fame). Richiamo. Potrebbe suonare all’infinito, eppure è ora di pranzo e quello è un ristorante, mica l’ufficio del signor Sindaco. Mi preparo per andare al lavoro. Porto con me la solita mela. È una specie di tradizione, io guido masticando mele. Visto che guidare e contemporaneamente mangiare una mela non mi basta, decido di richiamarlo, con l’auricolare eh! Stavolta risponde.
“Ristorante La Vxxxxxx, buongiorno!”
“Buongiorno sono sempre quello del bancomat. Ho chiamato circa 15 volte, ma nulla.”
“Sì, mi scusi, ma… Comunque T mi ha detto di dirle che si scusa tanto, ma…”
“…” (?)
“…si è dimenticato di farle il bonifico!”
“…” Non credo alle mie orecchie.
“Pronto? Mi sente?”
“Sì, la sento. È che la cosa mi lascia un po’ perplesso.”
“Glielo farà entro venerdì!”
“Bene, allora richiamo per confermarvi l’avvenuta ricezione.”
Io penso che se mi fosse capitato, e non mi è mai capitato, di appropriarmi, pure involontariamente, di una somma di denaro che non mi appartiene, mi sentirei così male, ma così male, che potrei farmi anche 500 chilometri per riportare i soldi a chi li ho sottratti. Mi preoccuperei di chiamare, scusarmi almeno 10mila volte. Farei in modo che capisca che mi dispiace sul serio, oltre che cercare di porre rimedio al guaio il prima possibile. Invece questi se lo dimenticano. Sì, come alle elementari rispondevo alla suora quando mi beccava senza compiti: che me li ero dimenticati. Certo!
Che faccio se venerdì non mi vedrò restituito il maltolto?
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