Ieri ho fatto un giro per i cantieri aquilani. C’ero passato meno di un mesetto fa, a dare un’occhiata. Sono rimasto sorpreso. Stanno facendo un lavoro immenso in pochissimo tempo, e non sono così brutte quelle casette, come dicono e come dicevo anch’io. Non che invidi chi dovrà abitarle, sia chiaro. Ok, non saranno residenze regali, piccole e scomode e tutte così vicine, però sono colorate, sicure, calde e c’è anche il giardino. Per qualche istante mi sono fermato a riflettere sulle possibilità non vissute e allora mi sono domandato come sarebbe andata a finire se al governo ci fosse stato Prodi. Prima che ruggiscano i leoni e barriscano gli elefanti e gloglottino i tacchini (?) massacrando i miei timpani sopraffini, fatemi dire che io la politica né la odio né la amo, né mi è indifferente, né la seguo, né la schifo. Non sono uno di quelli che a fine cena si accende una sigaretta e comincia a sfoggiare nomi di parlamentari attivisti o menefreghisti col papiro del loro benfatto o malefatto. Sono un semplice e anche povero parlerino. Se il ballerino è uno che balla, il parlerino è uno che parla. Non voglio avere ragione né far arrabbiare nessuno anche perché io non mi arrabbio quando qualcuno spara puttanate grosse come un pianeta. Il parlerino parla come se avesse firmato un contratto per farlo e non si chiede quasi mai se quello che dice merita o sono solo grosse puttanate, appunto. Questa premessa ha l’unico e fondamentale scopo di prevenire l’oceano di attacchi e argomentazioni contrarie di chi invece l’abitudine di accendersi una sigaretta dopo cena, e mettersi a sbobinare tutte le sue teorie filosofico-politiche, rigorosamente di sinistra, ce l’ha eccome. No, io non voglio parlare di politica. Il mio è un discorso molto più superficiale. Sì, superficiale lo dico io prima di chiunque altro, così preveniamo pure questa.
Terremoto a L’Aquila. Prodi al governo.
Entrate nell’ottica, teletrasportatevi in questa dimensione parallela in cui tutto è uguale tranne che per una sola singolarissima cosa. Prodi al governo. Quella sua faccia più affumicata di un salmone affumicato. Quei suoi occhi così profondi, intuitivi, svegli, dinamici. Lui soltanto, alle prese con la catastrofe peggiore degli ultimi trecento anni. Cos’avrebbe fatto? Con quella sua vocina flebile, lenta, pacata, immobile, che necessita di lunghissimi minuti per formulare un mezzo concetto. Sarebbe salito a bordo della sua Graziella sgangherata per raggiungere i luoghi distrutti, o forse avrebbe pensato di regalare biciclette ai terremotati in una città in cui son tutte salite e discese. Mi piacerebbe chiedergli come si sarebbe posto lui di fronte ad una tale emergenza. Cosa avrebbe deciso, promosso, suggerito lui.
Ho provato a immergermi in questa proiezione e quello che ho visto sono state distese di tende per tutto l’inverno. Mi viene in mente che magari lui avrebbe concentrato i fondi nella difficile missione di riscaldare le tende. Avrebbe fatto istallare stufette a pellet per tutti, anche per chi ce l’ha già, sempre meglio abbondare, in attesa di qualche container di plastica nel quale morir di caldo e di freddo tutti i giorni. Occhio, ragazzi! Non sono parole che puntano a inneggiare alla Maggioranza, né questo post mi è stato commissionato da Berlusconi a suon di tintinnanti milioni (di euro) in gettoni d’oro, vi giuro (e comunque non ve lo direi). Vuol’essere solo l’opinione di uno qualunque che cammina per le strade aquilane e vede tutti i giorni migliaia di omini vestiti di arancione che, da prima che sorga il sole fino a molto dopo il suo tramonto, mettono in piedi il futuro di trentamila persone. Io trovo che si stia facendo molto, che molto si sia sbagliato, che trovare intoppi e soluzioni migliori col senno di poi sia quanto di più semplice per tutti i bravoni travestiti da opinionisti, però trovo che non si possa rimproverare al governo una mancanza di volontà, come credo sia il caso di gridare un immenso grazie a tutte le associazioni, le aziende, le grandi imprese, i piccoli cittadini e le multinazionali mondiali che in questi mesi hanno inventato centinaia di migliaia di iniziative per mettere semi nella terra scavata da ruspe gialle.
Io il terremoto di Umbria e Marche me lo ricordo, avevo sedici anni. Al governo c’era Prodi. In quell’occasione fece visita ai terremotati due mesi dopo l’accaduto. Persino il Papa fu più veloce di lui, e questo è dire molto, anche se erano altri tempi, ed era tutt’altro Papa quello. Ho letto che c’è ancora gente che da quelle parti aspetta una sistemazione e sono passati dodici anni. Questo per dire, insomma.
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