Misure preventive attuate in questi giorni per scamparmela dal virus che sta infestando Villa Madre:
– Prima di uscire dalla mia stanza, mi accertavo, tramite la sospensione del padiglione auricolare a 4 millimetri dal legno ciliegio settecentesco della porta, alla ricerca di rumori che indicassero una presenza, che l’intero piano fosse sgombro da entrambi gli appestati (Madre e mio padre).
– Procedevo a passi decisi, allungando quanto più potevo la gamba, per ridurre al minimo il tempo di attraversamento dell’aria batterica nella zona di criticità dagli appestati frequentata, secondo il risultato delle espressioni: stanza cucina + stanza salotto = allarme rosso e stanza bagno = pista nera.
– La mano su bocca e naso perenne, a evitare che la suddetta aria potesse veicolare qualcosa all’interno del mio accogliente stomaco, e da lì far germogliare, in una moltiplicazione esponenziale, milioni di quei vermiciattoli malvagi coi denti gialli di Esplorando il Corpo Umano, che poi cacciarli non è piacevole; che si opti per la via d’uscita anatomica principale o per quella secondaria (la porta sul retro) fa poca differenza, anche per il colore.
– Fingevo di non esistere. Isolato dal mondo senza concedere parola ad alcuno, eccezion fatta per chi ha potuto dimostrare con un referto medico, che includesse un esame approfondito delle feci e della loro consistenza, di non aver manifestato sintomi della patologia negli ultimi 33 giorni precedenti l’incontro. Mio padre e Madre naturalmente non hanno potuto ottenerlo e quindi, sono desolato, ma non ho potuto evitare loro la sensazione di aver perso un figlio.
– Mantenevo una distanza di sicurezza, possibilmente chilometrica, anche dagli individui certificati, in virtù della certezza che le peggiori pugnalate le becchi quando non te le aspetti. Final Destination l’avete visto tutti, no?!
– Mi sono fatto istallare un piccolo lavabo in camera, con sotto-ripiano contenente 4 flaconi di amuchina per le mani, da sfregare ogni mezzo minuto, e 2 di acido muriatico, per chi invece osasse oltrepassare la distanza di sicurezza.
Ebbene, quando già gridavo vittoria e abbassavo le difese, l’esercito dei Denti Gialli ha sferrato l’attacco. Qualche lieve fastidio nel sottopancia (non andate troppo sotto con la fantasia) già il sabato pomeriggio, che ho liquidato con: “Sarà per colpa della minestra di fagioli del pranzo!” che Madre mi ha presentato con entusiasmo dietetico: “Prendine 2 piatti che non è pasta! È una minestra! Pas… ehm fagioli!” come se io soffrissi di una patologia visiv-tatti-gustativa che m’impedisse di catalogare come pasta i chili di rondelle scotte, che sguazzavano in un liquame marrone, spupazzandosi i fagioloni in via di disfacimento. Nonostante ci fossero tutti gli elementi per pensare che tale composto fosse la causa del mio malessere, ancora solo accennato, non era così. Le mie condizioni sono andate peggiorando fino al momento dell’esplosione, al lavoro, davanti a una cliente che non si accontentava mai: “Possiamo aggiungere questo timballino? E… uh ci sono anche le zampe di rana! Sembrano squisite. E vorrei provare, se non è troppo disturbo, quei pezzetti di, come si chiamano, mannaggia, dolci…”. L’ho abbandonata in cassa nel pieno del suo interrogativo. Mi scuso, ma avevo la testa che suonava la danza maori Haka degli All Blacks remix e le contrazioni da partoriente di cucciolo di tirannosauro. Sono tornato a casa con la guida di Dio; al volante già sono un pericolo nel pieno delle mie facoltà, figuriamoci con la febbre a 38, i conati di vomito e una serie di altri particolari che lascio estrarre alla vostra intuizione.
Ammalarsi di sabato sera non ve lo consiglio. Andrete incontro a una serie di impicci da giorno festivo.
– Il sito dell’INPS in manutenzione. Se non avete un medico di famiglia in ordine di santità come il mio, che prova e riprova fino a tarda sera, cambiatelo! Altrimenti vi toccherà pagare qualcuno perché vi consegni il certificato prima all’INPS e poi alla sede di lavoro.
– Il numero da chiamare per rinviare una visita specialistica in ospedale è attivo solo dal lunedì al venerdì, dalle 12 alle 13. Mettiamo il caso che io avessi avuto una visita, pagata e prenotata da un mese e mezzo, per lunedì 23 gennaio alle 8.30, e il sabato precedente fossi stato colpito da un uragano di malanni, non ci sarebbe stato modo di rinviarla senza lasciar pensare a una scusa, visto che, al massimo della celerità, avrebbero risposto alle 13 del lunedì e l’appuntamento era per 4 ore e mezza prima. Ogni riferimento…
I complimenti per il tempismo me li faccio da solo, però non è giusto. Sono sempre gli sfigati a rimetterci. Sì, quelli che a 28 anni ancora non si laureano, come dice questo signor Martone che avrei molto piacere di conoscere.
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