Non sono morto, non io almeno. Forse la signorina della Telecom che, se avesse potuto scegliere, probabilmente avrebbe preferito prendere l’AirBus e finire a quattromila metri di profondità, piuttosto che rispondere alla mia telefonata. Dopo aver riletto un importante articolo per la sedicesima volta e averlo trovato giusto, sul punto di inviarlo mi accorgo che internet non carica più le pagine. No problem! Con le solite manovre vedrai che tornerà tutto ok e tu potrai inviare il tuo articolo. Accendo e rispendo il modem. Stacco e riattacco le spine. Niente. Soffio dentro ai cavi (funziona quasi sempre soffiare, perché modifica lo stato atomico della materia attorno ai fili e genera campi elettrici favorevoli al ripristino). Niente. Che cos’è quella lucina rossa fissa sul modem sotto la scritta internet? Non l’ho mai vista prima d’ora. Al massimo ho visto lampeggiare quella verde, quando la linea balla, ma rossa mi preoccupa. Mi pongo come limite un paio d’ore. Sarà per via dei lavori che stanno facendo non a casa mia, ma in tutta la città. Avranno staccato internet per un po’. Passano due ore e io mi sento un po’ meno calmo del diavolo della Tasmania chiuso in una gabbia. Chiamo il 187 scoprendo che è l’unico numero che mi fa comporre dal telefono fisso oltre a quello della polizia e a quello del pronto intervento e la cosa mi rassicura, almeno se sto per morire un’ambulanza me la fanno chiamare. Mi risponde prima un ragazzo che dopo aver verificato se avessi attacco le spine e acceso il modem si convince ogni minuto di più che la mia linea non funziona perché non ho messo il filtro ad una delle prese telefoniche e a suo dire le interferenze ostacolerebbero il segnale. Quando gli ho domandato come mai in 6 anni non lo avevano mai ostacolato lui mi ha chiesto: “Ha provato a collegarsi tramite il cavo di rete?”. Quando gli ho spiegato che il portatile prendeva perfettamente la connessione dal modem, ma che segnalava l’assenza della linea mi ha detto: “Provaci comunque ché non si sa mai”. Io c’ho provato e s’è saputo che ovviamente il cavo di rete non c’azzeccava una mezza minchia. Quando gli ho fatto notare che il modem stesso mi agghiacciava con quella lucetta rossa a me estranea mi ha risposto: “Io la linea presso la sua abitazione la vedo presente e funzionante”. “Mi sta dicendo che non mi crede?” “No, per carità!” “Mi sta dicendo che le sto mentendo così per il gusto di fare quattro chiacchiere con un operatore della Telecom e passare una mezz’oretta in compagnia?” Oddio, vista la travolgente vita del momento in città, non sarebbe un’ipotesi tanto improbabile. “Ha provato a cambiare il modem? Potrebbe essersi danneggiato.” Se è questo il livello dei suggerimenti, sento di avere tutte le caratteristiche e le conoscenze tecniche indispensabili per diventare un operatore della Telecom. “Ok, proverò certamente a cambiare il modem!” E pure operatore. Richiamo, stavolta digitando il numero corrispondente ai problemi tecnici riferiti alla telefonia fissa. Mi risponde un ragazzo un po’ più sveglio. “Le hanno staccato la linea, telefono e internet.” Ha il tono di chi si rivolge a un malfattore. “E per quale motivo?” “Perché non ha pagato la bolletta, ovvio.” “Allora. Mi stia bene a sentire. Io sono aquilano, ha presente la città dei terremoti? Voi giustamente la bolletta non me l’avete inviata perché così dice il decreto. Cosa avrei dovuto pagare?” “Ah. La metto in contatto con l’ufficio Altre questioni, se ne occupano loro.” Ed è la signorina dell’ufficio Altre questioni la destinata alla mia cascata di improperi nutrita dalla rabbia che i due operatori hanno generato, sommata alla privazione di internet e ai motivi paradossali che l’hanno provocata. “Guardi, ci dev’essere stato un errore.” “Sì, lo credo anch’io.” “La sua abitazione dev’essere finita in una specie di buco nero, visto che la bolletta non gliel’abbiamo inviata, e quindi abbiamo fatto bene, ma le abbiamo staccato la linea come se non avessimo considerato il terremoto.” “Va bene, visto che abbiamo chiarito l’inghippo, e cioè che i buchi neri esistono, con la stessa velocità con cui l’avete staccata, la riattaccate!” “Sì in due o tre giorni…” “Non ha capito. La riattaccate adesso! Io con internet ci lavoro, ha capito?” (La stanza del Matto, Facebook, le interviste su Solo libri e potrei elencarvi altre innumerevoli fonti di guadagno.) “Non dipende da me, è un problema di comunicazione tra i vari reparti.” “Dipende forse da me, signorina? Toglieteci pure il telefono e qua ci accordiamo per un suicidio di massa!”
Agli inizi di questo post avevo anche intenzione di complimentarmi con loro per aver risolto il disguido in meno di due giorni, ma mi tocca rimangiarmi tutto, visto che la spia che, quando è ok è verde, quando non c’è linea è rossa, ora non è né verde né rossa, semplicemente spenta, e ha di nuovo smesso di collegarsi. Io aspetto il pranzo e alle tre, se la situazione di stallo persiste, chiamo prima la Telecom e poi Striscia la notizia. Anzi la chiamo subito, altro che le tre. Oddio, non mi fa neanche chiamare il 187. E il 118? Neppure! E se mi sento male? Che l’hanno reciso con le cesoie il filo, stavolta? Ho improvvisamente deciso di fornire a Faletti, materiale a palate per il nuovo romanzo. Comunque ha perso smalto il Re del thriller. Ieri a Matrix mi ha fatto un po’ pena. Tentava battute alle quali rideva solo lui o faceva finta. Si barcamenava tra teorie sui serial killer vaghe ed elementari attirando su di sé gli sguardi schifati del criminologo ospite. Comunque reggetemi, ché se no faccio uno stillicidio.
La giornata è proseguita serena. Io sono uscito mandando affanculo modem, telefono, la categoria degli operatori e pure mia madre che appena tornata dal lavoro mi saluta con un: “Tu tutto fai tranne quello che devi fare (studiare, laurearti e derivati)” che sono quelle frasi che puntano a stravolgere il mio umore gratuitamente. Ho fatto i biglietti di autobus e treno. Domani si torna a Firenze per un tempo piccolo. Tornando a casa scorgo un omino puzzolente armeggiare nel suo camioncino con la scritta Telecom sulla fiancata, a pochi metri dall’abitazione del mio vicino di casa. È un’occasione che non posso farmi sfuggire. Lo adesco in casa con una scusa. “È una cosa veloce veloce, mi creda!” Chiudo a chiave e non lo faccio uscire fino alle 20.15 che mi finisce di sistemare internet. Per quanto riguarda il telefono pare che il terremoto abbia stressato, oltre che la gente, anche alcuni cavi che in questi due mesi hanno ceduto, e adesso tutta Preturo, che è dove abito io, e i paesi limitrofi sono senza linea telefonica. Domani mi sparo le mie sei ore di viaggio endovena.
Un saluto prevaligia e predoccia.
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