Premessa: l’unico cinema aquilano sopravvissuto, che poi è una multisala (wow!), fa schifo. Naturalmente elencherò dei punti a sostegno di tal tesi.
Punto 1: Il cinema che passione! Le persone che ci lavorano non capiscono un membro molle (caXXo, per gli amici) di cinema. Detto da me, che guardo un film a decennio e comunque mi sento di capirne di più, dovrebbe rendere l’idea della competenza che dimostrano.
Punto 1 e ½, perché sempre riferito a loro: il lavoro nobilita l’uomo. Hanno una voglia di lavorare che, al solo guardarli invece a me fanno venir voglia di fare un bel tuffo de panza a terra e premere il volto sul rosso tappeto più forte che posso, fino a trovare la morte per soffocamento autoindotto. Una sorta di legge del contrappasso, mi perdoni Dante.
Punto 2: par condicio. La multisala consta di 6 sale così al momento ripartite: sala 1 Che bella giornata di Checco Zalone, sala 2 Che bella giornata, il nuovo film di Checco Zalone, sala 3 Che bella giornata, non perdere il nuovo film di Checco Zalone! e sala 4: sì lo sappiamo. Che bella giornata di Zalone, che mi piace, per carità, ma l’ho già visto. Alla 5 Qualunquemente di Antonio Albanese che se lo incontro per strada gli passo sopra con la macchina. Non chiedetemi perché, ma è questo l’istinto che domina le mie reazioni primarie alla vista della sua megalomane faccia di cazzo in primo piano sulla locandina. L’ultima sala se la giocano i restanti 2 miliardi (come direbbe mia madre) di film che tutti i giorni escono in Italia. In virtù del punto 1, non per colpa, ma per una serie di limiti visibili proprio, la scelta della pellicola da parte delle solite persone che ci lavorano porterà a una selezione di abnormi cagate.
Punto 3: pensa alla salute! Le caramelle gommose che vendono sono pericolosissime. Vengono lasciate in quei contenitori di plastica fino all’estinzione dell’ultimo colloso e duro anello di ciuccio di zucchero che, considerando la consistenza e il sapore, suppongo star lì da molto. C’è una cosa che le accomuna tutte: il sapore di Lisomucil per la tosse secca. Dagli orsetti alle banane gialle, dalle ciliegine alle uova di spugna, dai marshmallows (sì, si scrive così, l’ho cercato) alle liquirizie ripiene di giallo frizzantino. Lì tutto sa di Lisomucil sciroppo per la tosse secca, ma gli effetti sono diversi. Lo stomaco si gonfia e tu, che sia maschio oppure femmina, stai pur certo che rimani incinto/a e partorirai qualche ora dopo un essere vivente a forma di grande stella al sapor di coca cola, però dal culo. Potrei andare avanti per una lunga serie di altri punti: le popcorn sulle poltrone; le porte che le chiudi o no tanto è uguale: continuerai a sentire gli spettatori che ruttano uscendo dalle altre sale, mentre tu tenti di farti prendere dal pathos che pretendi, visto che hai appena scucito 7 euro; la vendita illimitata dei biglietti. C’è posto per tutti, basta che paghino. Non importa se hai staccato il 670esimo biglietto in una sala che può contenere 200 spettatori: sulle scale, in piedi, chissenefrega! Si arrangino pure con gli occhi al cielo mentre il faccione di Matt Damon si dilata in un’espressione straziante che sospira: “Basta, ho smesso da anni di parlare coi morti”. Ecco sì, passiamo al film. Ho scelto di andare a vedere Hereafter non per il talento di Matt Damon né per quello del signor Clint Eastwood che l’ha diretto, ma per esclusione e il punto 2 precedentemente illustrato mi ha facilitato di molto la decisione. Immaturi non è il genere di film che posso permettermi in questo delicato momento della mia vita, senza dovermi portar dietro tutte le conseguenze derivanti dalla presa di coscienza che, pure se il mio diploma è valido, tanto meglio di quei disperati non sto messo.
[Piccolo spaccato di una cena in famiglia] Ci deliziavamo il palato con l’invidiato minestrone materno (quando entrando in cucina i miei occhi si sono appoggiati sul piatto contenente il fluido filamentoso verde, che li ha risucchiati come sabbie mobili, ho pregato di sopravvivere. È in momenti come questo che mi convinco di avere fede). Mia madre a un certo punto si ricorda della notizia che ha sentito e vuole condividere a tavola, naturalmente letta e reinterpretata dalla sua creativa ragion pura, e irrompe a gran voce nel dignitoso requiem in memoria delle verdure morte così: “Oh, ma avete sentito di quegli studenti che gli hanno tolto il diploma e devono rifare l’esame di stato dopo vent’anni?”. Mi casca il cucchiaio nel piatto che risponde per me che sono senza parole: “Mamma, quello è ‘Immaturi’ il nuovo film con Ambra di Non è la RAI!”. [Fine dello spaccato]
Tutto questo per dire che Hereafter non è brutto, neanche bello. L’idea è buona. Ci sono questi qui che, poveretti a loro, hanno perso una cara persona e non riescono a darsi pace, e c’è Matt che, dopo un’operazione delicata post incidente stradale, ha scoperto che tenendo per mano qualcuno riesce a mettersi in contatto con i di lui/lei morti. L’idea non è malvagia e la scena iniziale dello tsunami non vale tutto il film, ma quasi. Poi diventa una palla pazzesca. Non succede niente per due ore e finisce nel peggior modo possibile: quello americans del love love love.
Ecco, a ripensarci mi è arrivato un doppio cazzotto di sonno da destra e da sinistra. Buonanotte pure se è domenica mattina.
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